Sì, Napoli, è festa! Notte di amore folle nella città della gioia: "perché chissà quando ricapita"

Il senso della festa, di questa festa, sta tutto nel drappo che ha toccato l'anima di ogni tifoso del Napoli che ha trascorso le ultime ore nel delirio generale. Dove non arriva la retorica verbale, ci pensa un'immagine che è l'essenza pura di questa notte. Un bambino vestito d'azzurro che scippa lo scudetto a uno bardato di nerazzurro. È quanto di più romantico, verace e delicato possa venire in mente. Se il terzo era stato lo scudetto del dominio assoluto, il quarto è in punta di piedi. È acrobatico come chi si è improvvisato scalatore e si è arrampicato su statue e lampioni. Quel Vittorio Emanuele II a cavallo che si trova idealmente a metà tra la stazione centrale e il lungomare, s'è ritrovato pieno di giovani scalpitanti a fargli compagnia sul basamento. Ma c'è anche chi si è cimentato in improbabili e rischiose corse in moto, avvolto da fumo e bandiere, e chi ha rivisitato la propria auto per ospitare anche una decina di persone. Il titolo, in questa città, risveglia angoli reconditi dello spirito. Il romanticismo del Napoli segue l'illuminismo delle potenze settentrionali. Perché, alla fine, nessuno meno dei napoletani riesce a distaccarsi da un ancestrale sentimento di identità.
Qualcosa è cambiato, inutile negarlo. Napoli ha mostrato un volto diverso stavolta e la gente si è comportata di conseguenza. Si è raccolta maggiormente, ha sperimentato la comodità dei mezzi pubblici a notte fonda, ha goduto di preparativi organizzati ad hoc. Per una serata, delle più magiche, il Maradona si è replicato in diverse zone della città. Stadi a cielo aperto, a piazza del Plebiscito il colonnato sembra davvero allungarsi in un abbraccio di gioia. Perché, nelle modalità differenti con cui nelle scorse ore si è vissuta la conquista del quarto scudetto, c’è anche qualcosa di immanente. Ed è l’amore.

Luciano De Crescenzo divideva in uomini d’amore e uomini di libertà. Il Napoli ha radunato tutti al primo gruppo, quello in cui vivere uniti è una scelta. Tanti colori mancavano. Nel 2023 il titolo era già in cassaforte a febbraio, due anni dopo è andato al contrario, gli azzurri hanno dovuto sudarlo fino agli ultimi novanta minuti. Ma dove non arrivano gli occhi, ci pensa l’anima. Piazza del Plebiscito, Fuorigrotta, piazza Municipio, piazza Bovio diventano le roccaforti della passione. L’azzurro dei fumogeni ricrea, insieme alle trombe e alla sfilata di mezzi di fortuna, un’atmosfera così avvolgente da lasciarsi andare nella felicità disarmante di un popolo che, per quanto si sforzi, non ha ancora fatto l’abitudine al concetto di primato. Lo vive sempre come una benedizione, un fenomeno irripetibile. Il volto di Diego è ovunque. Sulle bandiere, sulle maglie. Molti addirittura preferiscono indossare la divisa dell’Argentina, perché tanto fa lo stesso. Ce l’ha anche un bimbo, troppo piccolo per aver vissuto le gesta del Pibe de Oro. È stanco, è col papà e sono seduti sulle scale della stazione centrale, in attesa del treno. L’uomo gli sorride. "Dai tesoro, goditelo. Non sai quando ne vedrai un altro".
La Gazzetta dello Sport