Tour de France, Sui Pirenei nuova stoccata di Pogacar. «Ho pensato a Samuele Previtera negli ultimi chilometri»


Bene, se avevamo ancora qualche dubbio, ora non l’abbiamo più. Anche in questo Tour, il padrone è Tadej Pogacar, 26 anni, il marziano del ciclismo moderno che sta mettendo in ombra perfino il leggendario Eddy Merckx.
Dopo questa prima tappa pirenaica, conclusasi ad Hautacam con l’ennesimo trionfo dello sloveno, forse si potrebbe già tirare giù il sipario e mandare a casa tutta la carovana con una settimana d’anticipo. Vero che manca ancora una cronoscalata, un altro tappone pirenaico, il temibile Mont Ventoux e due importanti tappe sulle Alpi, però il divario emerso in questo primo vero esame delle forze in campo è troppo netto, quasi una sentenza che non concede appelli né a Vingegaard, ora secondo in classifica a oltre tre minuti e mezzo, né a Evenepoel, terzo, staccato di 4 minuti e 45”.
Come chiamarla? Una mazzata? Una batosta? Un’impresa che toglie ogni argomento e ogni residua speranza agli avversari? Ora certo quest’ultimi potranno cominciare a ragionare in termini di secondo e terzo posto, calcoli legittimi che gli sconfitti dovranno fare per ritagliarsi un posto sul podio. Ciò che però conta è che dopo questa 12esima tappa, i giochi sono ormai fatti. Ci saranno altri capitoli da sfogliare, vero, ma il giallo è già svelato, la fine del Tour è più vicina.
Una vocina suggerisce la prudenza. Suggerisce che nel ciclismo può sempre succedere di tutto: una giornata storta o un banale incidente. Ci può stare, certo, come ci può stare che in luglio nevichi sulle Alpi, però se vogliamo essere realistici Tadej Pogacar vede già l’Arco di Trionfo e i Campi Elisi, mentre i suoi avversari, Vingegaard compreso, sono ancora sulla salita di Hautacam, l’ultima sommità di questa tappa dove il campione del Mondo, a circa 12 km dal traguardo, ha preso il largo con una sgommata che ha fulminato tutti, o almeno i pochi che erano riusciti a tenere il passo forsennato della Uae Emirates, la squadra di Tadej.
Un lavoro sporco, ma preziosissimo, che ha prosciugato i rivali cuocendoli al fuoco lento del caldo pirenaico. Se poi vogliamo dire chi è stata la spalla decisiva, quella che ha fatto saltare il banco prima dell’accelerazione di Pogacar, bisogna allora ricordare la splendida azione di Jhonatan Narvaez, il corridore ecuadoriano che con il suo colpo di frusta ha sbriciolato le residue energie della concorrenza.
Vingegaard, consapevole di non poter riprendere Tadej, non ha neppure reagito preferendo arrivare al traguardo in modalità risparmio accumulando più di due minuti di ritardo dalla nuova maglia gialla, che l’ha rilevata all’irlandese Ben Healy, giunto ala fine con più di 13 minuti da Pogacar.
Se Vingegaard avesse reagito allo scatto di Tadej forse si sarebbe inabissato. Così diciamo che ha salvato il salvabile. Tre minuti e trentuno secondi sono un distacco enorme, visto che mancano ancora nove tappe prima di arrivare a Parigi (domenica 27 luglio).
Ma ciò che più colpisce è la sproporzione delle forze in campo. Pogacar, di nuovo maglia gialla e alla suo terzo successo in questo Tour, al momento non ha nessun rivale che possa impensierirlo. Lo stesso Vingegaard, che proprio ad Hautacam lo aveva battuto nel 2022, è palesemente in difficoltà. Non tocca palla, gioca solo in difesa.
Il danese è in affanno sia cronometro sia soprattutto, come abbiamo visto, in salita. Questo venerdì 13 luglio è in programma una cronoscalata (10,9 km da Loudienvielle a Peyragudes) che per il danese potrebbe diventare una nuova debacle.
Forse può fare meglio il belga Evenepoel, che qui ad Hautacam non è crollato, però siamo sempre allo stesso punto: il più forte è Pogacar. Non c’è trucco non c’è inganno. E quasi sicuramente questo sarà il quarto Tour della sua carriera. La sua firma nell’albo non c’è ancora, ma la penna è pronta, il mattatore è lui.
“Sapevo che questa era una bellissima salita” ha detto Pogacar. “Nel 2022 mi era andata male, vinse Vingegaard, che con la sua squadra era più forte. Ma poi non ci ho più pensato. Mi è solo venuta voglia di riscrivere al contrario quella storia di tre anni fa. Sono veramente felice, tutto è andato bene. Ho reagito anche alla caduta di mercoledì. Sentivo solo un lieve dolore all’anca. La squadra è stata formidabile, mi ha permesso di prendere il largo nel finale”.
C’è tempo anche per una riflessione su Samuele Previtera, il corridore 19enne morto per una caduta al Giro della Valle D’Aosta. “In questo momento di felicità, voglio però avere un pensiero per Samuele e la sua famiglia: ci ho pensato negli ultimi chilometri. Ho pensato a lui e a quanto sia duro e terribile questo sport e quanto dolore possa provocare”.
Parole emozionanti, non banali, che fanno onore a un campione che sa farsi ascoltare anche quando scende dalla bicicletta.
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