A Gaza è allarme epidemie: così Netanyahu vuole cancellare un popolo

L'atto finale per Gaza
I gazawi sono sull’orlo della catastrofe sanitaria e si aggrava la carestia: 1/3 dei morti per fame si è registrato questa settimana. A rischio anche la sopravvivenza di giornalisti e operatori umanitari

Non c’è più nulla da negoziare. L’ufficio del Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha dichiarato ieri che la delegazione israeliana impegnata nei negoziati per un cessate il fuoco a Gaza sarebbe tornata in Israele, «alla luce della risposta di Hamas di questa mattina (ieri, ndr)». «Tutta Gaza sarà ebraica… il governo sta spingendo affinché Gaza venga cancellata. Grazie a Dio, stiamo estirpando questo male. Stiamo spingendo la popolazione che si è istruita sul Mein Kampf», sono le parole del ministro israeliano ultranazionalista di estrema destra Amihai Ben-Eliyahu, citato su X dal giornalista di Axios Barak Ravid. Per Gaza c’è solo sofferenza, distruzione, morte.
Così l’editoriale di Haaretz: “Gaza sta morendo di fame e Israele è responsabile. Secondo il Ministero della Salute di Gaza, dall’inizio della guerra sono morte 111 persone per malnutrizione, per lo più bambini. È allarmante che 43 di questi decessi siano avvenuti solo nell’ultima settimana. Le Nazioni Unite riferiscono che la percentuale di bambini colpiti da malnutrizione grave è aumentata dal 2,4% di febbraio all’8,8% nelle prime due settimane di luglio. Questi dati sono confermati da un numero sempre maggiore di rapporti di medici stranieri e palestinesi, giornalisti e organizzazioni internazionali che segnalano la morte per fame di bambini e adulti. I portavoce delle Forze di Difesa israeliane e del governo stanno cercando di offuscare la realtà, ma anche i dati ufficiali israeliani confermano la situazione di fame a Gaza. L’IDF ha dichiarato questa settimana che, nel mese scorso, sono entrati a Gaza 71 camion al giorno carichi di generi alimentari. Ciò significa che ciascuno di questi camion dovrebbe consegnare cibo sufficiente a sfamare 30.000 persone al giorno. Non è necessario conoscere la logistica della distribuzione degli alimenti o le leggi di guerra per capire che ciò equivale a una condanna a morte per inedia. La carestia emerge anche dai dati forniti dalla Gaza Humanitarian Foundation, che avrebbe dovuto risolvere la carenza di cibo nella Striscia. La GHF dichiara di aver distribuito 85 milioni di pasti da quando ha avviato le proprie attività, due mesi fa.
Tuttavia, un semplice calcolo mostra che, in quel periodo, i gazawi avrebbero avuto bisogno di 353 milioni di pasti per evitare la fame. Questo senza considerare i problemi di distribuzione e di accesso al cibo per i più bisognosi e l’impossibilità di ricavare il valore nutrizionale dei pasti, in assenza di gas per cucinare e nelle condizioni di sfollamento. La carestia che si è creata è un altro aspetto della crudele disumanità di Israele nei confronti della popolazione di Gaza. Si tratta di un crimine di guerra e contro l’umanità, nonché di una chiara violazione degli ordini emessi un anno e mezzo fa dalla Corte internazionale di giustizia dell’Aia. La carestia non contribuisce in alcun modo allo sforzo bellico contro Hamas. Saranno gli uomini armati a soffrire per ultimi la fame a Gaza. Prima di loro, moriranno di fame i bambini, le donne e gli ostaggi israeliani ancora prigionieri. La responsabilità della carestia a Gaza ricade sul primo ministro Benjamin Netanyahu, ma è condivisa anche dal capo di Stato Maggiore Eyal Zamir, che emana e fa rispettare ordini illegali. Zamir dovrebbe chiedere al governo di consentire all’IDF di aprire immediatamente tutti i valichi di frontiera di Gaza, in modo da permettere l’ingresso senza restrizioni di cibo, forniture mediche e operatori umanitari per affrontare la crisi umanitaria in rapido peggioramento. Deve inoltre ordinare all’IDF di cooperare pienamente con le Nazioni Unite e le altre organizzazioni umanitarie internazionali per garantire la consegna rapida e sicura degli aiuti alla popolazione di Gaza. Ogni giorno che passa, altri bambini perdono la vita”, conclude Haaretz, il quotidiano progressista di Tel Aviv, bandiera di quella parte d’Israele che continua a opporsi al governo della guerra permanente.
Oltre un terzo dei 113 decessi per fame finora registrati a Gaza si è verificato nell’arco di quattro giorni questa settimana. Lo scrive il Guardian citando i dati degli ospedali della Striscia. Secondo quanto riferito, 45 persone sono morte per fame in quattro giorni questa settimana, di cui due ieri. A titolo di confronto, 68 decessi attribuibili alla fame erano stati finora registrati complessivamente dal 7 ottobre 2023, secondo le statistiche del ministero della Salute di Gaza. Gaza è sull’orlo della catastrofe sanitaria, mentre aiuti salva vita per milioni di dollari sono fermi nei magazzini a causa del blocco imposto da Israele, che ne impedisce l’ingresso e la distribuzione. È l’allarme lanciato ieri da Oxfam di fronte ad una situazione umanitaria che giorno dopo giorno sta precipitando. Eloquenti i dati: negli ultimi 3 mesi, la diffusione di malattie, facilmente prevenibili, dovute all’uso di acqua sporca e contaminata è aumentata in media di quasi il 150%. Nel dettaglio, i dati sanitari forniti da diverse agenzie registrano che i casi di dissenteria sono saliti del 302%, quelli di diarrea acquosa del 150%, i casi di ittero del 101%. Cifre comunque in difetto, dato che la gran parte dei 2 milioni di palestinesi intrappolati a Gaza non ha praticamente accesso alle poche strutture sanitarie rimaste in piedi. Malattie che nelle prossime settimane potrebbero facilmente diffondersi con effetti drammatici tra una popolazione già gravemente fiaccata da 21 mesi di privazioni, tra carenza di cibo e acqua, sfollamenti e condizioni igieniche indicibili.
Dal 2 marzo, Israele ha imposto un blocco quasi totale su Gaza, interrompendo sostanzialmente l’ingresso di gran parte degli aiuti. La conseguenza è che le scorte di beni essenziali dentro Gaza sono esaurite, mentre 420 mila pallet di aiuti rimangono ammassati nei magazzini di tutta la regione, in attesa di essere distribuiti alla popolazione. Tende, cibo, integratori alimentari per combattere la malnutrizione, farmaci salva vita, articoli per l’igiene coprono una superficie di 75 ettari, come dire 101 campi di calcio. Stesso destino per gli aiuti fatti pervenire da Oxfam: 110mila colli di taniche, potabilizzatori, materiali per l’installazione di bagni, pannolini, sapone, cibo. «Se vogliamo scongiurare ulteriori morti a Gaza per il dilagare di epidemie, dobbiamo agire, prima che sia troppo tardi. – spiega Bushra Khalidi, responsabile policy di Oxfam nei Territori Palestinesi Occupati e a Gaza – A Gaza fa sempre più caldo, non c’è più acqua pulita, cibo, si vive in spazi sovraffollati e insalubri. Un terreno fertile per la diffusione di malattie che, seppur prevenibili, possono diventare letali. Serve una risposta umanitaria immediata e su vasta scala per evitare il peggio, serve un cessate il fuoco totale e permanente, serve riaprire ora tutti i valichi alla frontiera per consentire l’ingresso di aiuti».
Il Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, Unfpa, ha dichiarato che la «grave mancanza di cibo, un sistema sanitario distrutto e un immenso stress psicologico stanno portando a esiti catastrofici per le donne incinte e i neonati» nella Striscia di Gaza. «Da gennaio a giugno di quest’anno – ha dichiarato un portavoce dell’Onu – le nascite sono drasticamente diminuite e 220 madri sono morte, più di venti volte il numero totale di morti materne registrate nel 2022». «Almeno venti neonati – ha aggiunto – sono morti entro ventiquattr’ore dalla nascita e un terzo dei bambini è nato prematuro, sottopeso o ha avuto bisogno del ricovero in terapia intensiva neonatale, laddove tali strutture erano disponibili». Denuncia il capo dell’agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi, Philippe Lazzarini, in un post su X: «Un bambino su cinque a Gaza City è malnutrito, con i casi che continuano ad aumentare», scrive ancora spiegando che «la maggioranza dei bambini che i nostri operatori vedono sono emaciati, deboli e ad alto rischio di morte senza le cure di cui hanno urgente bisogno». «Oltre cento persone, in maggioranza bambini, sono morte di fame» aggiunge Lazzarini, spiegando che «i genitori sono troppo affamati per prendersi cura dei bambini, le famiglie si spezzano, incapaci di sopravvivere, la loro esistenza è minacciata». Infine, Lazzarini sottolinea come anche gli operatori dell’Unrwa soffrono per l’enorme carestia: «Sopravvivono con un pasto al giorno, spesso solo lenticchie, sempre più persone svengono per la fame mentre lavorano. Quando gli operatori umanitari non possono avere cibo a sufficienza – conclude – l’intero sistema umanitario sta crollando».
A Gaza è l’inferno in terra. Ma chi prova a raccontarlo, muore. l’Ong Reporter Senza Frontiere ha dichiarato il 7 maggio che «l’esercito israeliano ha ucciso quasi 200 giornalisti, di cui almeno 44 nell’esercizio delle loro funzioni» nella Striscia di Gaza. AP e Reuters, insieme alla Bbc, hanno lanciato ieri un appello congiunto a Israele affinché «permetta ai giornalisti di entrare e uscire da Gaza» dopo 21 mesi di guerra. I giornalisti affrontano molte privazioni e difficoltà in una zona di guerra. «Siamo profondamente preoccupati che la fame stia ora minacciando la loro sopravvivenza», hanno dichiarato l’Agence France-Presse, l’americana Associated Press, la canadese-britannica Reuters e la britannica Bbc News in una dichiarazione congiunta. «Esortiamo ancora una volta le autorità israeliane a consentire ai giornalisti di entrare e uscire da Gaza. È essenziale che cibo sufficiente raggiunga la popolazione», hanno insistito nella dichiarazione. Ma chi intende annientare i palestinesi e “ebraicizzare” Gaza non vuole testimoni scomodi tra i piedi.
“Ormai è chiaro anche a parole, oltre che nei fatti: l’obiettivo del governo Netanyahu è eliminare fisicamente l’intera popolazione di Gaza per occupare la Palestina e dare pieno seguito al loro piano coloniale e criminale. Fanno gelare il sangue le parole d’odio del ministro Eliyahu, che parla apertamente di spazzare via Gaza e la sua popolazione”, dichiara la segretaria del PD Elly Schlein. “Ormai ogni giorno i palestinesi, compresi i bambini, muoiono di fame, mentre continua la mattanza con le bombe israeliane e gli spari sulla folla che cerca del cibo. Lo ribadiamo per l’ennesima volta: il governo italiano passi dalle parole ai fatti, non basta ripetere come un disco rotto che quanto accade è inaccettabile, servono azioni concrete. Come – torna a dire – il riconoscimento dello Stato di Palestina, l’embargo totale sul commercio di armi con Israele e la sospensione dell’accordo di associazione Ue-Israele e del memorandum di collaborazione militare con l’Italia. L’Italia – conclude – non deve essere in alcun modo complice di questi crimini”.
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