Aborto farmacologico a casa propria, dalla Sardegna una lezione per tutta l’Italia

In Sardegna l’aborto farmacologico sarà accessibile anche nei consultori e - per ora in via sperimentale - anche a casa propria: è l’avvio di un percorso che la Regione ha intrapreso per recepire le linee di indirizzo nazionali sull’interruzione di gravidanza approvate nel 2020. La proposta viene dall’assessore della Sanità Armando Bartolazzi. La giunta, che è di centrosinistra ed è presieduta da Alessandra Todde, ha incaricato la Direzione generale della Sanità di lavorare a linee guida regionali per garantire l’accesso a questo tipo di IVG anche fuori dagli ospedali, ovvero nei consultori e negli ambulatori pubblici attrezzati - purché collegati a una struttura ospedaliera e autorizzati dalla regione.
Cos’è l’aborto farmacologico
L’aborto farmacologico (chiamato anche aborto medico o chimico) è un'interruzione della gravidanza effettuata tramite il ricorso a specifici farmaci. È considerato il metodo di prima scelta per interrompere la gravidanza entro le prime settimane di gestazione. Questa procedura prevede la somministrazione di un farmaco abortivo (il mifepristone, cioè la pillola abortiva RU486) e in seguito un prostaglandinico (il misoprostolo), a 48 ore di distanza.
Finora in Italia l’aborto farmacologico veniva somministrato solo all’interno di ospedali e cliniche autorizzate e i farmaci per effettuarlo erano ad esclusivo utilizzo ospedaliero. Ora in Sardegna potrà avvenire nei consultori e a domicilio e per chi si recherà in ospedale, la somministrazione avverrà in day hospital, senza bisogno di passare la notte in ospedale.
Il contesto della SardegnaBartolazzi ha sottolineato in una nota come la decisione segni una svolta per la Regione “dopo dieci anni di silenzio”. “La Sardegna si allinea finalmente agli standard più avanzati a livello europeo, introducendo anche una sperimentazione per l’assunzione domiciliare del farmaco, finora presente solo in Emilia-Romagna. È un segno concreto di attenzione verso la salute e l’autodeterminazione delle donne”, ha dichiarato l’assessore.
L’obiettivo della delibera è quello di ridurre l’invasività delle pratiche, migliorare la qualità e la sicurezza delle procedure, ottimizzare le risorse ospedaliere e aumentare l’accessibilità territoriale, anche nei contesti dove le strutture ospedaliere sono più distanti o meno attrezzate.
Secondo i dati del sistema nazionale di sorveglianza del Ministero della Salute, la Sardegna registra ancora numeri più elevati della media nazionale per le pratiche più invasive, come i raschiamenti (21% contro il 7,2%), mentre solo il 38,1% degli aborti avviene per via farmacologica (contro il 51,3% a livello nazionale).
L’aborto farmacologico in Italia e in Europa
In Italia, l’offerta dell’interruzione volontaria della gravidanza con procedura farmacologica, risale al 2009, quando l’Agenzia Italiana del Farmaco aveva espresso parere favorevole all’utilizzo ospedaliero di mifepristone (RU-486), in associazione a misoprostolo, fino alla settima settimana di gravidanza. Nel 2020 il limite è stato spostato a 9 settimane. Sebbene le linee guida ministeriali emanate 5 anni fa abbiano aperto la possibilità di estendere l’accesso all’aborto farmacologico anche fuori dagli ospedali, la loro applicazione è rimasta disomogenea sul territorio nazionale. Alcune Regioni hanno mostrato resistenze nell’adeguarsi alle nuove indicazioni, mantenendo l’erogazione dei farmaci abortivi esclusivamente in ambito ospedaliero o limitandone la disponibilità. L’unica regione, oltre alla Sardegna, ad aver introdotto la possibilità di somministrare i farmaci abortivi a domicilio è al momento l’Emilia Romagna, che ha introdotto questa possibilità nell’ottobre del 2024.
In molti altri Paesi dell’Unione Europea, invece, l’aborto farmacologico è ormai una pratica consolidata, accessibile anche in ambienti extraospedalieri. Già dal 2013 la Francia consente l’aborto farmacologico nei consultori e, con l’emergenza Covid-19, ha ampliato la possibilità di assunzione domiciliare fino alla settima settimana di gravidanza e poi fino alla nona. Le pazienti ricevono una prescrizione dopo una consulenza medica e possono assumere i farmaci a casa, con monitoraggio a distanza e accesso a numeri di emergenza attivi h24. Durante la pandemia, il governo britannico ha introdotto la "telemedicine abortion", che consente di effettuare la consulenza medica da remoto e ricevere i farmaci via posta. Una misura poi stabilizzata nel 2022 che ha reso l’aborto farmacologico domiciliare una pratica permanente fino a 10 settimane di gestazione. Anche in Svezia e nei Paesi Bassi l'aborto farmacologico è disponibile fino alla nona settimana e può avvenire a domicilio, dopo una prima visita medica in ambulatorio.
Questi modelli mostrano come l’assunzione domiciliare possa essere efficace, sicura e meno invasiva, a condizione che sia inserita in un sistema sanitario ben organizzato e accessibile. La sperimentazione avviata in Sardegna potrebbe quindi rappresentare un passo verso un allineamento a questi standard, migliorando l’accesso all’IVG e rafforzando l’autonomia decisionale delle donne anche in Italia.
Luce