Alina Lipp e la libertà d’opinione sotto processo in Europa

di Vietato Parlare – 27 maggio 2025
“In un’epoca in cui l’uniformità del pensiero è premiata e la critica messa al bando, raccontare i fatti da un altro punto di vista è diventato un crimine.”
Questa è, in sintesi, la vicenda di Alina Lipp, giornalista e blogger tedesca, divenuta simbolo – suo malgrado – del progressivo restringimento degli spazi di libertà di espressione in Europa.
Chi è Alina Lipp?Figlia di madre russa e padre tedesco, Lipp si è trasferita nel Donbass nel 2021 per documentare in prima persona ciò che i media occidentali sembravano ignorare. Il suo canale Telegram “Neues aus Russland” – oggi con oltre 180.000 iscritti – offre una cronaca quotidiana, spesso cruda e spigolosa, degli eventi nel sud-est ucraino. La sua colpa? Aver mostrato un’altra narrativa: quella dei civili colpiti dalle bombe ucraine, delle città devastate dalle artiglierie NATO, dei sopravvissuti che parlano russo e si sentono dimenticati.
Per aver osato raccontare questi fatti, nel 2022 Lipp è stata inquisita in Germania con l’accusa di “giustificare la guerra”. Le fu bloccato il conto corrente e fu minacciata di tre anni di carcere ( fonte: articolo di Junge Welt, 2022). La sua colpa non era commettere atti violenti, né incitare all’odio, ma non riportare la guerra “in modo neutrale” – secondo la visione imposta dal governo e dai media occidentali.
In quell’occasione, la giornalsitsa fu intervistata da Francesco Toscano per Visione TV In un’intervista a Visione TV. Lipp ha raccontato la sua vicenda con lucidità e coraggio, denunciando la censura e il clima di repressione guarda l’intervista completa.
Le nuove sanzioni dell’UE: un pericoloso precedenteIl 20 maggio 2025, il caso ha avuto una svolta ancora più inquietante: la UE ha incluso Lipp nelle sanzioni contro la Russia. Il suo conto è stato nuovamente congelato, le è stato imposto il divieto di lasciare il paese. Con lei anche Thomas Röper e il giornalista turco Hüseyin Doğru (fonte: comunicato ufficiale UE).
Per la prima volta, cittadini europei vengono ufficialmente sanzionati per le loro opinioni, accusati di “attività destabilizzanti” e “disinformazione sistematica”. Lipp ha reagito con sarcasmo, scrivendo su X di non voler tornare in Europa “se non su un carro armato”.
Ma dietro l’ironia si nasconde una verità amara: il diritto di parola è sotto attacco.
Quando la verità è una solaIn un contesto in cui la NATO può chiamare “operazione Allied Force” il bombardamento della Serbia nel 1999, mentre ad Alina è vietato usare la dizione “operazione speciale” per la guerra in Donbass, è chiaro che non siamo più nel campo dell’informazione, ma della propaganda ufficiale obbligatoria.
In un’epoca in cui chi mostra le vittime civili di un conflitto viene perseguito, non perché mente ma perché non dice ciò che è utile dire, non possiamo più parlare di libertà, ma di sorveglianza ideologica.
La guerra in Ucraina è certamente una tragedia, ma chi nega che abbia radici ben precedenti al 24 febbraio 2022, e ignora volutamente i massacri nel Donbass iniziati nel 2014, non è un giornalista: è un complice della mistificazione.
Viviamo in un’epoca in cui la NATO può chiamare “Operazione Allied Force” il bombardamento della Serbia del 1999 (fonte: NATO), mentre ad Alina Lipp è vietato usare il termine “operazione speciale” per descrivere il conflitto in Donbass. Questo doppio standard non è informazione: è propaganda obbligatoria.
In un contesto in cui chi documenta le vittime civili di un conflitto viene perseguito – non per aver mentito, ma per aver mostrato un lato scomodo della verità – non si può più parlare di libertà, ma di sorveglianza ideologica. La guerra in Ucraina è una tragedia, ma negare le sue radici, che affondano nei massacri del Donbass iniziati nel 2014 onte: rapporto OSCE sul Donbass), non è giornalismo: è complicità nella mistificazione.
Un estratto dal canale Telegram di Alina Lipp, dove la giornalista ha commentato le sanzioni:
“Ciò che sta accadendo qui, ciò che la propaganda occidentale nasconde, è una realtà che merita di essere raccontata. Non mi fermerò.” (link al post).
Alina Lipp e la libertà d’opinione sotto processoLa libertà di parola non è negoziabile. Come scriveva Junge Welt già nel 2022: “Avere un’opinione e parlare come si vorrebbe, ecco cosa rende un paese libero” (fonte). Ma se esprimere un’opinione diventa un reato, i nostri valori democratici si riducono a un guscio vuoto.
Alina Lipp non deve piacere a tutti. Può essere di parte, può sbagliare. Ma deve avere il diritto di parlare. Perseguitarla per ciò che pensa e scrive non è giustizia: è un avvertimento a chiunque osi dissentire.
Un appello alla libertàDifendere Alina Lipp oggi significa difendere il nostro diritto di pensare, parlare e raccontare la verità, anche quando è scomoda. Significa opporsi a un sistema che sanziona le idee e congela i conti di chi non si piega. Significa ricordare che la libertà di espressione non è un privilegio, ma un diritto inalienabile.
Libertà per chi dissenteI commenti pubblicati su riviste come Junge Welt già nel 2022, lo dicevano con chiarezza: “Avere un’opinione e parlare come si vorrebbe, ecco cosa rende un paese libero“. Ma se l’opinione diventa un reato, allora i nostri valori sono diventati un involucro vuoto.
Alina Lipp non deve piacere a tutti. Può sbagliare, può essere di parte. Ma deve poter parlare.
Difendere lei oggi significa difendere noi stessi domani. Perché quando una giornalista viene colpita non per ciò che ha fatto, ma per ciò che ha pensato e detto, allora nessuno è più al sicuro.
Difendere Alina significa difendere il nostro diritto di pensare, parlare e raccontare la verità, anche quando è scomoda. Significa opporsi a un sistema che sanziona le idee e congela i conti di chi non si piega. Significa ricordare che la libertà di espressione non è un privilegio, ma un diritto inalienabile.
Condividi questo articolo se credi che la libertà di parola debba valere per tutti, anche per chi non dice ciò che vuoi sentirti dire.
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nota a margine
Dal canale Telegram della giornalista tedesca Alina Lipp:
“Ciò che sta accadendo qui, ciò che la Germania e l’UE stanno facendo in relazione alla crisi ucraina, è semplicemente disgustoso. Negli ultimi due anni mi sono sostanzialmente allontanata dal giornalistismo perché non vedevo alcuna possibilità di miglioramento: non sono stata nel Donbass per quasi due anni e non sono apparsa più sulla televisione russa. Il mio canale è in stallo. Non mi importava. Credo di aver avuto bisogno di elaborare mentalmente ciò che ho visto nel Donbass. Adesso all’improvviso mi hanno sanzionata per una cosa che non faccio da due anni, il che significa che tutti parlano di nuovo di me e i miei canali infatti stanno crescendo. Questo è esattamente ciò che l’UE non vuole! Le loro azioni sono completamente illogiche. Lasciatemi in pace. E un consiglio: forse dovresti finalmente smetterla di fare cazzate, altrimenti la guerra di cui continui a parlare ti darà davvero fastidio! Sono già morte abbastanza persone e provo pena per ciascuna di loro, da entrambe le parti del fronte”. (Alina Lipp)
fonte: Neues aus Russland
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