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Fioriture scomparse, barriere che sbiancano: le meraviglie naturali stanno cambiando volto

Fioriture scomparse, barriere che sbiancano: le meraviglie naturali stanno cambiando volto

Di questi giorni la notizia che Castelluccio di Norcia è rimasto senza fiori: l’iconica fioritura, che ogni anno inonda l’altopiano umbro tra fine giugno e inizio luglio, trasformandolo in un quadro colorato, non è avvenuta. Il terreno è rimasto spoglio a causa del caldo secco che ha interessato la regione per tre settimane, senza alcuna precipitazione, proprio nel periodo in cui i fiori sarebbero dovuti comparire. Si tratta di un episodio per niente isolato, ma piuttosto di un caso emblematico di come l’estremizzazione delle temperature, dovuta al cambiamento climatico, condiziona gli ecosistemi, anche quelli che conosciamo come bellezze naturali e luoghi iconici scolpiti nella memoria collettiva.

Lo scioglimento dei ghiacciai sta risvegliando i vulcani
La Scala dei Turchi

Un altro paesaggio italiano molto famoso ma anche molto fragile è la bianchissima Scala dei Turchi. La celebre terrazza calcarea di Realmonte, in Sicilia, ha da tempo manifestato segni evidenti di erosione accelerata. La presenza molteplice di visitatori e l’erosione naturale hanno spinto le autorità a limitare l’accesso fin dal 2020 per evitare danni irreversibili. L’ambiente, già fragile per la natura del marmo, è ulteriormente stressato dall’aumento delle temperature e dall’intensificarsi delle piogge concentrate in brevi eventi estremi, tipici delle dinamiche climatiche mediterranee attuali. Ciò minaccia non solo la bellezza estetica ma anche la sicurezza idrogeologica dell’intera scogliera.

La barriera corallina e le Maldive

Anche alcuni luoghi simbolo della bellezza della natura e degli ecosistemi marini stanno subendo un destino segnato dagli effetti del cambiamento climatico. Già fortemente compromessa dallo sbiancamento dei coralli, la Grande Barriera Corallina sta vivendo processi irreversibili: l’aumento della temperatura marina provoca lo stress termico delle colonie coralline che, senza adeguata ripresa, rischiano il collasso ecologico. Secondo la NASA, gli oceani si riscaldano di circa 0,3-0,4°C ogni decennio, con il fenomeno del bleaching che coinvolge vaste aree dei reef. Questa perdita tocca non solo la biodiversità, ma anche la fonte di reddito per milioni di persone che vivono grazie al turismo e alla pesca. E poi ci sono le Maldive: un arcipelago fragile, dove l'80% delle isole si eleva a meno di 1 metro sopra il livello del mare. Negli ultimi decenni, il livello marino è salito di circa 3,4mm ogni anno, con punte fino a 4 mm ogni anno, mettendo a rischio l’abitabilità di vaste aree entro il 2100. L’IPCC stima di un solo mezzo metro sul livello del mare, se le emissioni non caleranno drasticamente. La combinazione di erosione costiera, intrusione salina delle falde e stress sui coralli sta già erodendo sia l’ambiente naturale che le basi economiche del paese.

Il Mar Morto

Lo specchio d’acqua ipersalino - il punto più basso della Terra, situato a -733 metri s.l.m. - sta regredendo a ritmo impressionante: attualmente perde circa 1 metro di altezza ogni anno: rispetto agli anni ’60, il livello è sceso di oltre 20 metri. Le cause sono sia climatiche (minor piovosità nella regione), sia antropiche: lo sfruttamento delle falde acquifere e delle acque dei più importanti immissari, tra cui troviamo sicuramente il fiume Giordano, ha determinato una diminuzione dell'afflusso di acqua al Mar Morto. Le conseguenze sono profonde: formazione di sinkhole o doline, degradazione ambientale e rischio per infrastrutture e comunità locali.

Le sorprese del Deserto di Atacama

C’è un luogo, in Cile, in cui il cambiamento climatico sta invece producendo dei fenomeni che all’occhio sono bellissimi: si tratta del Deserto di Acatama, noto per la sua estrema aridità. Eventi come precipitazioni (anche nevicate!) inaspettate e conseguenti fioriture anomale si stanno verificando con sempre maggiore frequenza. E sebbene si tratti di fenomeni che creano paesaggi sicuramente suggestivi, sollevano anche preoccupazioni sulla stabilità dell’ecosistema desertico e sulla capacità dei suoi abitanti di adattarsi a cambiamenti così rapidi.

La bellezza non è tutto

Questi esempi raccontano una storia comune e urgente. Non si tratta soltanto di paesaggi che svaniscono, ma di ecosistemi complessi che intrecciano elementi biologici, culturali ed economici fondamentali per l’equilibrio del nostro pianeta. La loro trasformazione non è più un rischio futuro: è un processo già in corso, come indicano con chiarezza i rapporti dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), secondo cui il riscaldamento globale di +1,5°C potrebbe portare alla perdita irreversibile del 70-90% delle barriere coralline del mondo. Ogni luogo colpito dal cambiamento climatico è un segnale, un campanello d’allarme collettivo che ci ricorda come nessun angolo della Terra sia realmente isolato dalle dinamiche globali. Secondo il World Resources Institute, oltre il 75% della superficie terrestre mostra oggi segni di alterazione dovuti alle attività umane e al cambiamento climatico, mentre fenomeni un tempo eccezionali - come ondate di calore, siccità o piogge torrenziali - stanno diventando eventi ricorrenti e sempre più intensi. Perdere questi luoghi iconici significa ben più della scomparsa di cartoline: significa smarrire parte della nostra memoria collettiva, della nostra identità culturale, e anche della nostra capacità di immaginare un futuro armonico con la natura. Come ha scritto recentemente la rivista Nature Climate Change, il patrimonio naturale della Terra “non è soltanto una risorsa da difendere, ma uno specchio attraverso cui comprendere noi stessi”.

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