Idea Piemontese se Decaro dovesse rinunciare alla candidatura. Sarebbe il primo governatore foggiano dal 1970

Se Antonio Decaro decidesse davvero di fare un passo indietro, si aprirebbe un vuoto di potere nel centrosinistra pugliese che potrebbe riportare la Capitanata al centro del gioco. Lo scenario, raccontato oggi da Repubblica Bari, non è più fantapolitica. Le tensioni con Michele Emiliano e Nichi Vendola, entrambi intenzionati a candidarsi consiglieri alle prossime Regionali, hanno inasprito il clima tra i big del centrosinistra, rendendo sempre più credibile l’idea che Decaro rinunci alla corsa per la presidenza.
Una mossa che cambierebbe tutto. E che aprirebbe la strada a nomi alternativi, tra cui quello di Raffaele Piemontese, attuale vicepresidente della Regione con delega alla sanità. Uomo forte del Foggiano, originario di Monte Sant’Angelo, riferimento istituzionale per una provincia che non elegge un presidente dal lontano 1970. E che ora potrebbe ambire a un ruolo da protagonista, colmando un’assenza che ha pesato per decenni.
Una partita tutta da riscrivereNel risiko delle successioni, il nome di Francesco Boccia, capogruppo del Pd al Senato, resta il più quotato: apprezzato dalle imprese, stimato da Elly Schlein, ha già un primo gradimento nel perimetro del centrosinistra pugliese. Ma si guarda con attenzione anche al sindaco di Mesagne Toni Matarrelli, rieletto con il 90 per cento dei voti e attuale presidente della Provincia di Brindisi. E tra i papabili figura Loredana Capone, presidente del Consiglio regionale, già assessora di riferimento sia con Vendola che con Emiliano.
In questo elenco di figure autorevoli, Piemontese rappresenta però un’opzione solida e identitaria per il nord della regione, soprattutto se la rinuncia di Decaro dovesse aprire a una spartizione geografica più equilibrata delle leadership territoriali.
Decaro, la strada europea e i sogni da federatoreMa perché Decaro dovrebbe rinunciare a una candidatura che, nei sondaggi, lo dà come il più desiderato dal popolo di sinistra? Perché la sua traiettoria, oggi, guarda ben oltre Bari. Da presidente della commissione ambiente al Parlamento europeo, dialoga con capi di Stato e gestisce dossier strategici come il futuro dell’ex Ilva e le politiche climatiche. È l’unico, sottolinea Repubblica, a contrastare davvero l’assalto delle destre al green deal europeo.
Tra un anno lo attende la vicepresidenza del Parlamento europeo. E se si considera che è stato il più votato tra i Dem, guidando la pattuglia socialista più nutrita a Bruxelles, non è escluso che possa ambire persino alla poltrona attuale di Roberta Metsola. In questo scenario, Decaro diventerebbe una figura capace di reggere il confronto con Giorgia Meloni e di ricompattare un’area riformista oggi dispersa. Tanto che si parla già di una possibile scalata ai vertici del partito, spinto dai delusi della linea Schlein: da Paolo Gentiloni a Lorenzo Guerini, fino a Stefano Bonaccini.
C’è addirittura chi ipotizza un ritorno di Matteo Renzi nel Pd se il segretario diventasse proprio lui. Anche se potrebbe non servire: Giuseppe Conte, leader del M5S, lo apprezza e lo incoraggia, vedendolo come un possibile federatore capace di unire le anime progressiste senza scalzare la leader attuale.
Le spine nel centrosinistra e l’impasse da sciogliereLa situazione è tutt’altro che lineare. L’addio alla scena regionale da parte di Emiliano — che per candidarsi al Senato dovrebbe prima rientrare in magistratura — lascia un vuoto difficile da gestire. Il veto sul ritorno di Vendola, poi, rischia di incrinare i rapporti con Avs, partner prezioso della coalizione.
Decaro ha detto più volte: “Mi sono candidato al Parlamento europeo, non alla presidenza della Regione”. E il dato parla chiaro: è stato il primo degli eletti anche in Abruzzo, Molise, Calabria e Basilicata. Dove non lo hanno certo votato per guidare un’altra regione.
In Puglia, tuttavia, serve una sintesi nuova. Lo invoca anche Cristian Casili, consigliere regionale del M5S: “Serve nuova linfa e un cambio di passo rispetto a una legislatura che nel tempo si è musealizzata e ha prodotto poco”. Ma, ammette, “è una querelle interna al Pd. E la sintesi devono trovarla loro”.
Intanto la Capitanata osserva. E spera. Se davvero il campo largo vuole rinascere, Piemontese potrebbe essere il volto del cambiamento che parte dal nord della Puglia.
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