Il calcio femminile sta (finalmente) crescendo, anche in Italia

Il campionato europeo femminile di calcio è iniziato il 2 luglio in Svizzera e dopo un inizio incoraggiante alla partita d’esordio (1-0 con il Belgio), la nazionale italiana si è fermata al pareggio con il Portogallo (0-0) e si gioca le qualificazioni contro la Spagna oggi venerdì 11 luglio. Ma oltre alle notizie prettamente legate ai risultati, c’è qualcos’altro da dire sul questo campionato: sembra che finalmente il calcio femminile stia crescendo, a livello sia di interesse per lo sport sia economico, sebbene rimanga ancora molto lontano dai numeri dei colleghi uomini. Un successo che forse si può definire inaspettato, ma testimoniato prima di tutto dal numero di biglietti venduti per questo europeo: più di 600mila prima del 2 luglio, con 22 partite già sold out. Nel corso dell’ultima intera edizione, le vendite si erano fermate a 570mila biglietti a fine competizione. Ci sono poi i dati riguardanti la trasmissione televisiva, venduti in ben 190 paesi, con una stima di mezzo miliardo di telespettatori. E poi la crescita dei premi totali, passati da 16 milioni nel 2022 a 41 in questa edizione, con un massimo di 5 milioni - più del doppio rispetto a 3 anni fa, come sottolinea la testata specialistica L’ultimo uomo - per la Nazionale vincitrice.
Il calcio femminile in ItaliaQuesti dati si inseriscono in una tendenza generale positiva, che riguarda anche l’Italia: il 40% della popolazione italiana è interessata a questo sport, l’audience televisiva è cresciuta considerevolmente ed è aumentato anche l’interesse degli sponsor. Un contesto generalmente favorevole fotografato dal rapporto realizzato da Deloitte (sui dati relativi al 2023-24) e pubblicato lo scorso aprile. Come detto, la popolarità del calcio femminile è in crescita. Attualmente, il 40% della popolazione italiana si dichiara interessata al calcio femminile e si contano 7 milioni di italiani che si dichiarano appassionati: un dato impennato rispetto al milione della stagione 2019-20. Un interesse che si riflette sulle presenze negli stadi - dove i numeri del pubblico sono raddoppiati rispetto alla stazione 2021-22 -, e sull’audience televisiva, cresciuta considerevolmente anche grazie alla trasmissione in chiaro sui canali generalisti che ha raggiunto 320mila telespettatori. E i numeri in salita stanno attirando sempre più sponsor, che rappresentano la principale fonte di ricavi diretti per i club di Serie A Femminile, contribuendo per circa il 65% al totale.
La crescita si riflette anche a livello economico, con i ricavi medi per club sono passati da 0,7 milioni di euro nella stagione 2021-2022 a 1,1 milioni di euro nella stagione 2023-2024, in aumento del 48%, e i ricavi commerciali cresciuti del 36%. C’è stato però anche un incremento dei costi, dovuto principalmente al passaggio al professionismo della Serie A della Figc, avvenuto solamente dalla stagione 2022-23. La crescita è stata generata prevalentemente dall’aumento dei costi del personale (ovvero dello stipendio delle calciatrici), cresciuti da 1,6 milioni di euro nella stagione 2021-2022 a 2,6 €M nella stagione 2022-2023.
Il passaggio al professionismoIl calcio femminile italiano ha compiuto il passo storico verso il professionismo da poco: il 1° luglio 2022 la Serie A femminile è ufficialmente diventata “lega professionistica”. Un passaggio che ha (finalmente) sancito la fine del dilettantismo per le calciatrici di alto livello, che ora possono godere di contratti, tutele e stipendi regolamentati al pari dei colleghi maschi. È stato un traguardo atteso da anni e frutto della mobilitazione di atlete, associazioni e istituzioni, che hanno spinto per il riconoscimento pieno dei diritti sportivi e lavorativi delle giocatrici. Oggi, le calciatrici della Serie A godono di tutele previdenziali e sanitarie, con un inquadramento contrattuale finalmente adeguato.
Il ritardo rispetto ad altri Paesi europei - come Germania, Francia e Inghilterra - è dovuto a una combinazione di fattori culturali, economici e normativi. Per decenni il calcio femminile è stato relegato ai margini del sistema sportivo italiano, considerato uno sport minore e privo di reale potenziale commerciale. La scarsa visibilità mediatica, l’assenza di investimenti e la mancanza di strutture adeguate hanno rallentato lo sviluppo del movimento. Inoltre, fino al 2020, la legge italiana impediva formalmente alle donne di essere professioniste: tutte le atlete erano giuridicamente inquadrate come "dilettanti". Solo con l’intervento del legislatore e la spinta della FIGC si è potuta colmare questa disparità. Il professionismo è dunque il punto di partenza per un cambiamento culturale più ampio, che richiede ora continuità, investimenti e attenzione reale alla parità di genere nello sport, ma che al momento sembra stia iniziando a dare i primi risultati.
Luce