Il potere di raccontare: chi controlla la narrazione nei media italiani (e chi resta fuori)

Il pluralismo dei media in Italia è a rischio e lo è soprattutto da un punto di vista di genere. Lo raccontano i risultati del Media Pluralism Monitor (MPM), secondo cui “l’Italia nel 2024 continua la tendenza degli anni precedenti: le criticità persistono e non mostrano segnali di miglioramento”.
Il pluralismo dell’informazione in ItaliaIn generale, l'Italia si trova in una fascia considerata a rischio "medio", circa a metà della classifica dei Paesi europei e con una media di rischio del 51% (a fronte di una media europea del 49%): un tale livello di rischio segnala che qualcosa non va nel sistema dell’informazione e che si deve intervenire. Una delle questioni principali riportate da MPM riguarda i forti legami tra la Rai e la politica: “la distribuzione delle posizioni chiave all’interno dell’azienda riflette l’equilibrio di potere tra maggioranza parlamentare e opposizione” e questo “ha effetti evidenti sulla linea editoriale”, si legge nel report. Ci sono poi i collegamenti con l’ambiente politico del settore privato, come avviene per Fininveste e la famiglia Berlusconi, ma anche per diversi parlamentari con incarichi o interessi economici e finanziari che si sovrappongono alla loro attività politica, aumentando il rischio di interferenze.
Il rapporti sottolinea poi come l’Italia sia nota per l’alto numero di SLAPP (azioni legali strategiche contro la partecipazione pubblica), e la tendenza sembra peggiorare. L’indicatore relativo alla professione giornalistica resta il più problematico: precarietà diffusa, aumento delle minacce e intimidazioni, scarsa tutela delle fonti e casi di sorveglianza ai danni di giornalisti e attivisti. “Le minacce contro giornalisti sono aumentate del 16% rispetto al 2023”, riporta MPM, con “114 episodi segnalati alle forze dell’ordine” e 506 minacce segnalate dall’ONG Ossigeno per l’Informazione.
Il pluralismo di mercato è considerata un’area “di rischio medio-alto”, afferma l’analisi, e anche l’indipendenza politica – sebbene al momento “a rischio medio-basso” – si sta avvicinando alla soglia successiva. E lo stesso vale per il parametro dell’inclusione sociale, che riguarda anche l’equilibrio di genere nel sistema dell’informazione italiana.
Pluralismo di genere: manca rappresentanza femminile nei mediaCominciando con le buone notizie, MPM nota come “negli ultimi anni, il tema dell’inclusione sociale nei media italiani ha acquisito un'importanza crescente nel dibattito pubblico”: “si è osservato un cambiamento nel modo in cui i media affrontano la rappresentazione dei diversi gruppi sociali”. Tuttavia, la questione di genere rimane aperta e urgente: su GiULia Giornaliste, Roberta Carlini nota come questo indicatore sia “tra le più evidenti spie rosse che il Rapporto del Media Pluralism Monitor accende sullo stato dell’informazione in Italia”.
“Le donne continuano a essere sistematicamente sottorappresentate nei ruoli di governance e di leadership dei principali media nazionali”, si legge nel rapporto. Quasi tutti i principali quotidiani italiani sono diretti da uomini, con sole due eccezioni: Agnese Pini, a capo dei quotidiani che afferiscono a Quotidiano Nazionale (La Nazione, Il Giorno, Il Resto del Carlino, Luce), e Nunzia Vallini, direttrice del Giornale di Brescia. Sono 2 cariche editoriali di primo piano su 35. Il servizio pubblico della Rai non fa meglio, anzi: “non si registra alcuna presenza femminile tra i direttori delle testate giornalistiche aziendali; sui 12 canali radiofonici Rai, solo 3 sono diretti da donne; e delle 15 strutture aziendali dedicate alle tematiche di genere, soltanto 2 vedono una direzione affidata ad una donna”, riporta MPM. Inoltre, i membri del consiglio di amministrazione vede sedute al tavolo 2 donne su 7 membri.
Sono invece positivi i dati riguardanti la rappresentazione delle donne dei media, rispetto a cui si è registrato “un significativo incremento del tempo dedicato alle donne nei programmi radiofonici e televisivi, passato dal 16,1% nel 2022 al 32,8% nel 2023”. Tuttavia, il report sottolinea che “questo aumento sostanziale è stato in gran parte determinato dalla visibilità di due leader politiche donne, rappresentanti rispettivamente la forza di maggioranza relativa (Giorgia Meloni) e del principale partito di opposizione (Elly Schlein)”.
Perché garantire un pluralismo di genere è fondamentaleGarantire una reale parità di genere nei media non è solo una questione di equità, ma un elemento essenziale per la qualità democratica dell’informazione: quando le donne (ma anche le altre minoranze) sono assenti o marginali nei luoghi decisionali dell’informazione, la rappresentazione della società risulta distorta, parziale, meno credibile. La filosofa belga Chantal Mouffe ha sottolineato l'importanza di una “democrazia agonistica” in cui differenti soggettività possano entrare in relazione e conflitto produttivo nello spazio pubblico. In tal senso, il genere è uno degli assi portanti del conflitto democratico: un’informazione dominata da sguardi maschili, omogenei e spesso legati a logiche di potere consolidate, soffoca la possibilità di un confronto pluralistico.
l pluralismo di genere non riguarda solo chi racconta i fatti, ma anche come vengono raccontati e quali voci ottengono visibilità. Come afferma bell hooks, “chi detiene il potere di raccontare storie detiene anche il potere di costruire la realtà”: se le voci femminili non hanno spazio per esprimere un punto di vista autonomo e autorevole, si perpetua un modello informativo parziale e diseguale.
Luce