Da imprenditori a narcos grazie al decreto sicurezza: l’incredibile storia di Emiliano e Simona

L'effetto della nuova legge
I negozi di canapa industriale di Simona ed Emiliano sono i primi “bersagli”: i due, accusati di spaccio, rischiano ora dai 6 ai 20 anni

“Ho dovuto telefonare alle maestre della mia bimba spiegando che ero in stato di fermo, mi sono vergognata così tanto e non è giusto”. Simona Giorgi non è una pericolosa narcos, ma una delle 22mila persone impegnate in Italia nel settore della canapa industriale (il suo negozio è capofila di una piccola catena) che ha visto il proprio posto di lavoro cancellato dal decreto sicurezza approvato dal governo. E che adesso si trova sbattuta in mezzo alla strada senza certezze per il futuro e con molti rischi.
La nuova legge sancisce infatti che le infiorescenze di CBD (una molecola della cannabis priva di effetti stupefacenti) sono vietate come fossero droga. Di conseguenza, chi le commercia si prende una denuncia per articolo 73: spaccio. Lo chiarisce l’articolo 18 del decreto: sono vietati “l’importazione, la cessione, la lavorazione, la distribuzione, il commercio, il trasporto, l’invio, la spedizione e la consegna delle infiorescenze della canapa”. E così, nel giro di qualche giorno, prodotti fino a ieri legali e controllati sono diventati fuorilegge. E chi prima era imprenditore si è trasformato per magia in delinquente e rischia dai 6 ai 20 anni di carcere, nonostante paghi le tasse e abbia un codice ATECO.
Stessa sorte è toccata a Emiliano del Ferrero, 24 anni e papà di una bimba di 2, il cui negozio di cannabis light a Colleferro (Roma) è stato il primo bersaglio del decreto sicurezza. “Venerdì 30 maggio sono andato ad aprire il negozio come ogni giorno – ha raccontato Emiliano – e appena ho alzato la serranda ho sentito dei passi alle mie spalle, erano 5 agenti della Guardia di Finanza”. Il bilancio della “retata”: oltre 10 kg di materiale sequestrato nel complesso ai due giovani imprenditori dalle forze dell’ordine. A tendere la mano a Simona ed Emiliano è adesso l’associazione Meglio Legale, che tramite l’avvocata Paola Bevere ha presentato istanza di riesame al Tribunale di Roma sollevando la questione di legittimità costituzionale dell’art.18 del decreto sicurezza, evidenziando in particolare l’insussistenza del reato ipotizzato, perché – come si diceva – la sostanza sequestrata è priva di qualsiasi effetto drogante. E si è mossa anche la politica nella figura del segretario di +Europa Riccardo Magi che, assieme ad Antonella Soldo, presidente di Meglio Legale e membro del Consiglio generale dell’Associazione Luca Coscioni, ha organizzato ieri una conferenza stampa di fronte a Montecitorio per dare voce a chi è rimasto senza un’occupazione e per annunciare nuove iniziative contro il decreto dell’esecutivo, a cominciare da un ricorso alla Consulta.
Con Magi e Soldo di fronte alla Camera c’erano anche Simona ed Emiliano, i primi “bersagli” del decreto, che hanno ribadito un concetto semplice: “Noi vorremmo solo lavorare”. Ma il testo del governo parla chiaro, anche se Magi ne rileva subito una problematicità: la nuova legge va contro la normativa europea e rischia di essere “in contrasto con il principio di libera circolazione delle merci”. Un punto, o meglio un paradosso, rimarcato anche da Soldo: “Dalla Francia posso acquistare liberamente CBD”. Ma c’è un ulteriore cortocircuito a scatenare l’indignazione degli imprenditori, ben riassunto in uno dei cartelli sollevati di fronte alla Camera: “7 miliardi alle mafie del mercato nero della cannabis, ma lo stato manda in fumo 22mila posti di lavoro del mercato della cannabis”. Insomma: oltre il danno anche numerose beffe, soprattutto se si pensa che la filiera della canapa industriale – che in Italia conta oltre 3000 aziende – frutta 500 milioni di euro l’anno, di cui 150 versati allo Stato sotto forma di tasse.
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