Fine vita, così la destra vuole seppellire il diritto a morire

Lanciata la raccolta firme per l'eutanasia
La bozza rende quasi impossibile il suicidio assistito. Cappato (Ass. Coscioni): “Una trappola”, e lancia la raccolta firme su una nuova pdl popolare per l’eutanasia legale

La destra è al lavoro su una nuova legge sul fine vita. O meglio, lo è un comitato ristretto di senatori delle Commissioni Giustizia e Affari Sociali del Senato, impegnato a cercare una sintesi tra cinque disegni di legge depositati nei mesi scorsi da Pd, M5S, Avs e FI. E anche se la proposta è solo una bozza, provvisoria, perfettibile, già fa discutere. Perché emergono da subito problematicità che preoccupano opposizioni e realtà che da anni si occupano del tema, l’associazione Luca Coscioni in primis. Ed è proprio Marco Cappato, che della Coscioni è il tesoriere, a commentare a L’Unità la proposta che la maggioranza ha in mente. E che secondo lui punta a “svuotare interamente il diritto che esiste e a fare tutto il possibile perché ci sia solo sulla carta, senza che nessuno nella pratica poi riesca ad accedervi”.
Ma partiamo dall’inizio. Il racconto sul fine vita si era interrotto il 10 giugno scorso, 4 mesi dopo che la Toscana aveva approvato la prima legge regionale sulla “morte volontaria medicalmente assistita”. Quel giorno la premier Meloni e i leader di centrodestra si erano riuniti ispirati da un’unica urgenza: dare all’Italia una legge nazionale per regolamentare la materia. Fino a questo momento ci si è infatti affidati alle sentenze della Corte Costituzionale, che nel frattempo ha più e più volte ammonito il Parlamento sulla necessità di un intervento. Ma tant’è. E dunque a fare fede erano le due sentenze della Consulta: quella del 2019 e poi quella “aggiornata” del 2024, con cui i magistrati costituzionali hanno stabilito che il suicidio assistito (e non l’eutanasia, che è altra cosa) è ammissibile quando sussistono determinate condizioni: la patologia è irreversibile, la persona soffre in modo che giudica intollerabile, dipende da trattamenti di sostegno vitale, e ha capacità di prendere decisioni libere e consapevoli. Oggi l’intento è prendere in mano quelle sentenze e renderle legge. Ma, come si diceva, la destra ci sta rimettendo mano a modo suo. Inserendo qua e là quelle che Cappato definisce vere e proprie “trappole”.
La prima: la bozza, dice Cappato, punta a “fare fuori il servizio sanitario nazionale”. E spiega: “Mentre oggi sono le singole aziende sanitarie territoriali, su indicazione della Consulta, a decidere e valutare se la persona ha diritto di essere aiutata a morire, il governo – resosi conto che ci sono stati 8 casi di aiuto alla morte volontaria legalmente autorizzati – cosa fa? Crea un comitato etico nazionale di nomina governativa per centralizzare tutte le richieste”. Con una conseguenza: “Essendo di nomina governativa, la destra lo riempirà di persone contrarie e ostili al diritto alla libertà di scelta”. Non solo. Il suddetto “comitato etico”, che sarà composto da 7 persone tra cui un giurista, un esperto di bioetica, uno psichiatra, ha fatto discutere anche per via del nome. Sul punto il senatore dem Alfredo Bazoli, che fa parte del comitato ristretto, ha chiarito a L’Unità: “Il nome andrà cambiato: comitato etico non fa uno Stato etico. Molto meglio diciture come ‘comitato scientifico’ o ‘comitato di valutazione clinica’”. L’esclusione del Ssn, precisa Cappato, passa però anche da un’altra previsione: sarà una persona esterna ad andare in ospedale per aiutare il malato terminale a morire. “È come se il governo dicesse: il Ssn non deve fare nulla, chi ha la possibilità di rivolgersi a cliniche private, a privati, andare in Svizzera, lo faccia pure”.
Ma di “trappola” secondo Cappato ce n’è pure un’altra: l’aumento dei tempi di risposta alle richieste. Dice il tesoriere della Luca Coscioni: “L’attesa secondo la bozza dovrebbe essere di 60 giorni più ulteriori 60 giorni in alcuni casi. E parliamo di richieste di persone in condizione di malattia terminale e sofferenza insopportabile, quindi rispondere dopo mesi rischia di essere un modo per lasciare che muoiano prima”. C’è però un punto ancora più preoccupante: quello che prevede che – a fronte del rifiuto della richiesta di accedere al fine vita – il malato terminale non possa fare domanda una seconda volta se non dopo quattro anni. “La persona, sapendo che la malattia è degenerativa e la risposta potrebbe arrivare dopo mesi, magari la domanda la fa un po’ prima. Ma bisogna stare attenti in questo caso, perché se la fa troppo in anticipo il rischio è che – anche dovesse peggiorare in seguito e avere tutti i criteri – non possa più fare richiesta dopo il primo ‘no’. Non c’è nessun senso in questo, perché le condizioni di un malato peggiorano anche nel giro di tre mesi. Che senso ha dire ‘devi aspettare 4 anni’? Come se fosse un gioco”, dice amaro Cappato.
L’altra cosa grave, aggiunge, è il cambiamento di termini applicato ad una delle condizioni per accedere al fine vita descritte dalla Consulta, quella che prevede la dipendenza da trattamenti di sostegno vitale. “Questa espressione – dice Cappato – viene cambiata in ‘trattamenti sostitutivi di funzioni vitali’. L’attuale terminologia ricomprende, nella giurisprudenza della Corte, anche i malati dipendenti dall’assistenza di terzi, non solo attaccati alle macchine (penso a cose come il catetere). Mentre ‘trattamenti sostitutivi di funzioni vitali’ significa sostitutivi dell’alimentazione, dell’idratazione, quindi dei veri e propri macchinari. Un modo per restringere ulteriormente chi può avere accesso”.
C’è poi un’ulteriore trappola, quella che prevede l’obbligatorietà per il malato di essere inserito in un percorso di cure palliative. E un’ultima “ciliegina sulla torta”: al primo punto della proposta si parla di “tutela della vita dal concepimento alla morte”. Una sfumatura anti-aborto su cui Bazoli rassicura: “Si tratta di uno scivolone pazzesco, ma in comitato ci hanno detto che la toglieranno”. In ogni caso, la risposta non all’altezza che il governo sta elaborando ha spinto Cappato a continuare a battersi. Ieri a Milano, in piazza XXV aprile, si è tenuta una conferenza stampa dell’associazione Luca Coscioni che ha inaugurato l’avvio della raccolta firme per una proposta di legge popolare su tutte le scelte del fine vita, eutanasia inclusa. L’obiettivo è raccogliere 50mila firme prima del 17 luglio, quando la discussa e centralizzante proposta della destra dovrebbe approdare in Aula.
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