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La finta riconciliazione con Macron dell’ininfluente Meloni

La finta riconciliazione con Macron dell’ininfluente Meloni

Il summit del 3 giugno

Il summit della riconciliazione conviene a entrambi i leader che in realtà si detestano, in vista di un giugno che vedrà i vertici del G7 e della Nato

AP Photo/Thibault Camus
AP Photo/Thibault Camus

Quel che Salvini può fare per danneggiare il progetto di riappacificazione fra Macron e Meloni non è molto. Ma quel poco non esita a farlo: “Da Meloni mi aspetto molto ma su Macron sono scettico”. In realtà le chances che l’incontro fissato a Roma per le 18 di martedì 3 giugno, subito dopo il bilaterale fra la premier italiana e quello slovacco Fico, finisca in fallimento sono molto esigue per non dire inesistenti. Non è un appuntamento al buio ma uno di quegli incontri preparati sin nelle virgole per garantirne un esito già predeterminato.

Il presidente francese e la premier italiana lo avevano deciso sabato scorso nella telefonata fatta da Giorgia con l’appiglio di dover informare l’amico/nemico sui contenuti del suo colloquio con Leone XIV, che peraltro Macron mira a vedere di persona a Roma e certamente ci riuscirà. Una cosa tira l’altra e i due hanno convenuto sulla necessità di “dare un segnale unitario”, cioè di ricucire i rapporti arrivati al minimo storico nelle ultime settimane. Se non per amore, almeno per forza, cioè per evitare di presentare un’Europa divisa e quindi inerme a Trump nelle scadenze che costelleranno il prossimo mese. Il 2 giugno, alla vigilia della pace romana, Putin ha promesso di rendere noto il suo memorandum per la tregua. Potrebbe essere il solito nulla di fatto ma in caso contrario urge farsi trovare pronti, dunque non divisi e litiganti. Il 16 e 17 è in agenda il vertice del G7 in Canada, il 24 e il 25 quello della Nato.

Il 23 i ministri degli Esteri della Ue dovrebbero prendere una decisione sulla sospensione dell’intesa commerciale con Israele, il 26 e 27, a ridosso del vertice Nato, è fissato il Consiglio europeo. Sull’intera vertiginosa giostra pesa l’incognita di cosa farà Trump e anche in questo caso farsi trovare impreparati e divisi significherebbe mettersi da soli sulla graticola. La riappacificazione non è un optional. È questione di sopravvivenza. Dunque, dopo la telefonata e dopo la richiesta d’incontro cortesemente avanzata da Macron, le diplomazie di Roma e Parigi si sono messe alacremente al lavoro per preparare il bilaterale sin nei particolari e mettere al sicuro il finale brindisi di riconciliazione.

Non è chiaro, in base ai bisbigli di palazzo Chigi, se i due leader affronteranno entrambe le questioni più urgenti, i dazi e l’Ucraina, o solo la seconda. La pace, in ogni caso, verrà siglata sul fronte della guerra. In concreto la non partecipazione dell’Italia alla sempre più eventuale missione di pace dei Volenterosi, sin qui motivo di aspra divisione, verrò derubricata a particolare ininfluente. L’Italia, pur senza truppe, rientrerà pienamente in gioco per quanto riguarda le garanzie di sicurezza da fornire all’Ucraina dopo l’eventuale tregua o addirittura dopo una pace che al momento sembra però distante. Tra le opzioni per assolvere al compito verrà citata, al termine dell’incontro, la proposta italiana di estendere all’Ucraina la copertura dell’art. 5 del trattato Nato pur senza accogliere Kiev nell’alleanza. Suggerimento, peraltro, che appare al momento come il più realistico a fronte del fermissimo no di Mosca a una missione di peacekeeping europea o Nato.

Però è molto difficile credere che il presidente francese e la premier italiana, alla vigilia di un vertice Nato nel quale verrà senza dubbio alzata la quota dovuta da singoli Stati europei all’Alleanza, non affrontino il nodo di come finanziare il riarmo e dunque che non si preparino a un braccio di ferro non solo con Trump ma anche, su questo specifico però non certo secondario fronte, con il cancelliere tedesco Merz, contrario a ogni ipotesi di debito comune o di riarmo basato sugli investimenti privati garantiti da Bruxelles come vorrebbe Roma.

Altrettanto difficile immaginare che, odg o meno, i due non si confrontino su come reagire all’eventuale nuova offensiva di Washington sui dazi. Sin qui Macron, all’opposto dell’Italia, è stato favorevole alla linea dura del colpo su colpo. Ora pare, ma chissà se è vero, che si sia convertito alla posizione più dialogante. In ogni caso quello di martedì a Roma non sarà un finale di partita in materia di scontro Italia-Francia. Sarà invece una mossa d’apertura in vista di due partite difficile e che costringono i rivali Macron e Meloni ad andare d’accordo: quella europea con gli Usa di Trump e quella intraeuropea con la Germania di nuovo egemonica di Merz.

l'Unità

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