La giusta svolta del governo sulle spese Nato ci ricorda chi fa il gioco del putinismo e chi no


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L'editoriale del direttore
L'Italia conferma l'impegno di portare la quota di pil destinata alla Difesa al 5 per cento. Ma per farlo ci sono assetti da considerare e obiettivi da raggiungere. Meno bandiere bianche, più rosa dei venti nelle bandiere
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La buona notizia c’è ed è anche piuttosto clamorosa. Il governo, ieri, dopo il bilaterale tra il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il segretario della Nato, Mark Rutte, ha confermato l’impegno dell’Italia per portare la quota di pil destinata alla Difesa dall’attuale e misero 1,6 per cento del pil al 5 per cento. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ieri ha detto che l’obiettivo è arrivarci entro dieci anni. Il ministro della Difesa, Guido Crosetto, rinviando all’ufficialità della svolta al prossimo vertice della Nato, all’Aia, ha ricordato saggiamente che “l’aumento non discende da volontà bellicistiche ma da mutate condizioni nel mondo, perché non è la Nato che ha fatto scoppiare le guerre e ha cercato il riarmo”.
La buona notizia, nell’approccio del governo, è l’idea di combattere la narrazione propagandistica, che arriva dall’opposizione, la stessa che quando si è trovata al governo, dal Pd al M5s, ha sempre aumentato le spese per la Difesa, di considerare il raggiungimento dei target indicati dalla Nato non come un semplice costo ma come un investimento necessario per assicurare ai cittadini maggiore sicurezza. L’idea del governo, a quanto risulta al Foglio, è quello di arrivare entro un anno al 2,5 per cento, entro cinque anni al 3,5 per cento, per poi toccare quota 5 per cento.
Per arrivare a questo obiettivo, oltre alle spese vi sono assetti da considerare e obiettivi da raggiungere. Alcuni obiettivi sono stati già esplicitati: l’Italia continuerà a sostenere i programmi “Eurofighter 2000” e “Joint Strike Fighter” attraverso l’acquisizione di ulteriori 24 Eurofighter e a questi aggiungerà l’incremento di ulteriori 25 F-35, portando il totale degli assetti italiani da 90 a 115. Altri obiettivi, invece, sono meno noti. Il primo è aumentare di 20/30 mila unità le Forze armate entro il 2029 (nel 2024, l’impegno era aumentarle di diecimila unità). Il secondo è rivedere nel 2026 l’operazione “Strade sicure”, che attualmente impegna circa 6.800 militari a supporto delle forze dell’ordine (per ridurle almeno della metà). Il terzo, ed è una notizia, è legato a uno sforzo già richiesto ai carabinieri nell’ambito degli obiettivi Nato che verrà esplicitato dopo il vertice dell’Aia. Attualmente, per la difesa integrata del territorio, nell’interdizione di area e nella controinterdizione di area, operazioni finalizzate cioè a impedire l’accesso o il movimento in una determinata zona e a neutralizzare le capacità di interdizione, il numero di carabinieri messo a disposizione della Difesa è pari a novemila unità. Entro il 2026, il numero verrà quasi triplicato, e si arriverà a 25 mila unità.
La ragione della necessaria escalation difensiva è stata esplicitata giorni fa dal capo di stato maggiore della Difesa, Luciano Portolano, in un’audizione alla Camera, quando ha spiegato, senza giri di parole, quello che la politica fa ancora fatica a dire con chiarezza. “Mosca e altri competitors stanno adottando strategie di sovversione, disinformazione e persuasione con l’obiettivo di erodere l’influenza occidentale e guadagnare maggiore leva politica. E malgrado le perdite sul campo di battaglia, Mosca sta ricostituendo le capacità militari perdute e crescendo militarmente quantomeno nella sua dimensione convenzionale a un ritmo più rapido di quanto fosse stato previsto: l’Esercito russo oggi è più grande di quanto non fosse all’inizio della guerra e tale situazione desta, in prospettiva, una forte preoccupazione anche in ragione di una rinnovata postura assertiva di Mosca lungo tutto il fianco est della Nato”. Più difesa uguale più sicurezza. Più sicurezza uguale più sovranità. Meno difesa uguale meno sicurezza. Meno sicurezza uguale più vulnerabilità dinanzi alle esondazioni dei nuovi e vecchi nemici della libertà, a partire da Putin. Scegliere da che parte stare, anche in Italia, non dovrebbe essere così difficile, a meno di non voler perseguire la stessa politica putiniana: se non volete guai, amici europei, disarmatevi e andrà tutto bene. Meno bandiere bianche, più rosa dei venti nelle bandiere, grazie.
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