Le grane della maggioranza che fanno traballare Meloni: fisco, regioni e immigrati

Tre mine per la destra
Tajani rilancia lo Ius Scholae, ma Meloni e Salvini non ne vogliono sapere. FdI vuole il taglio Irpef, la Lega il condono. E c’è il rebus terzo mandato...

La maggioranza, inebriata da un successo facile nei referendum, balla. Balla anche troppo. Tanto da rischiare lo scivolone, al secolo la spaccatura. Tre fronti aperti, tutti su questioni importanti, sono tanti, specialmente se su tutti e tre le forze di maggioranza sono a geometria variabile. Per cittadini ed elettori il capitolo principale non è certo la disfida sul terzo mandato, faccenda di stretta pertinenza politichese, e neppure quella sullo ius scholae, già più sentita perché chiama in causa lo spauracchio immigrazione però senza esagerare. E l’intervento sul fisco.
Il governo è chiamato a una scelta politica ma prima della politica, in questo caso, vengono i conti. Dicono che il ministro dell’Economia ha nel cassetto un tesoretto pari a 6 miliardi da spendere per un intervento sul fisco. Uno solo però, non due. O il taglio dell’Irpef fino al 33% che costa 4 miliardi oppure la pace fiscale, che ne chiede altrettanti e forse di più. Comunque la doppietta sarebbe proibitiva. Particolare importante perché la Lega, che reclama il condono, messa alle strette dall’orientamento opposto della premier, prova a suggerire l’accoppiata. Non la si può fare. Bisogna scegliere. Punto. Giorgia si direbbe aver già scelto. Ha promesso il taglio dell’Irpef dal 35 al 33%. Ritiene di dover dare qualcosa al ceto medio che preme e insiste per il taglio. Tajani fa il signore: “Prima l’Irpef, poi se possibile nulla in contrario alla pace fiscale”. Il suo capogruppo Nevi conferma: “Se Giorgetti trova i soldi per entrambe le misure va benissimo”. Ottimo e abbondante.
“Io cerco di creare le condizioni per fare tutto”, se la cava in evidente difficoltà il ministro dell’Economia. Lui, si sa, avrebbe puntato, se proprio necessario, sul condono, ma la partita ora è cambiata. Non si tratta più di scegliere ma di quadrare il cerchio facendo uscire da chissà dove soldi che proprio non ci sono. È l’unica soluzione per non mettere ancora una volta nell’angolo Salvini. Il ministro ci proverà. Che ci riesca è molto difficile. Se il vicepremier leghista sarà sconfitto sul terreno eminente delle tasse la sfida sul terzo mandato diventerà molto più drammatica. Un Tajani lanciato all’offensiva ieri ha alzato ulteriormente i toni: “Qui c’è un rischio di autoritarismo. Non si può dire che c’è una volontà popolare per il terzo mandato. Il consenso popolare ce l’avevano pure Mussolini e Hitler”. Salvini non risponde a tono: “La posizione della Lega è chiara. Spero che troveremo la quadra”. Nel Consiglio federale di ieri pomeriggio comunque il leader ha deciso di espungere la faccenda dal dibattito. Zaia, che tra i leghisti è il più direttamente interessato, è più sornione: “Siamo di fronte a un’Italia a macchie di leopardo al di là di tutte le dichiarazioni a favore o contro che abbiamo sentito”. Un po’ sibillino ma al fondo chiaro.
A chiedere la modifica devono essere le Regioni e il Veneto sa che tra la posizione del vertice e quella delle amministrazioni locali spesso non c’è consonanza. Ancor meno ci sarebbe se venisse messo esplicitamente sul tavolo il terzo mandato per i sindaci. Martusciello, che in Fi non è l’ultimo arrivato, è esplicito: “Se cade il limite per i governatori bisogna mettere mano anche alla legge per i sindaci”. Insomma, una cosa sono le direzioni centrali, tutt’altra quelle sparse nelle regioni e nei comuni. Zaia punta sulle seconde per smuovere l’opposizione, al momento ancora ferrea, di Tajani. Proprio l’azzurro ha aperto però anche il terzo fronte: lo ius scholae. All’indomani di un referendum dall’esito imprevisto e un bel po’ traumatizzante, che ha registrato l’ostilità alle maglie più larghe anche di molti elettori di centrosinistra, quello del leader di Fi può sembrare un azzardo. Ma è una mossa calcolata. Tajani deve coprire un terreno che non possa essere insidiato da FdI o dalla Lega. L’immigrazione e in generale i diritti, o almeno qualche diritto in più, rispondono perfettamente all’esigenza. Ma FdI e Lega di ius scholae oggi non vogliono neppure sentir parlare ed è molto improbabile che Fi dia seguito alla minaccia di portare la sua proposta di legge in aula.
La spaccatura in Parlamento sull’immigrazione avvierebbe per il governo il conto alla rovescia. Forse Tajani alla fine si ritirerà in buon ordine rinviando a data da destinarsi. Forse invece, dopo aver messo in cassaforte il prezioso taglio dell’Irpef, tenterà il baratto con il terzo mandato. Ma per i mercanteggiamenti non c’è già più margine. Il terzo mandato, per avere senso, deve essere varatio per decreto e ammesso che il capo dello Stato accetti la forzatura, in tempo utile per le prossime regionali ma quel tempo utile è già ridotto all’osso. A meno che il voto dell’autunno non sia spostato alla primavera dell’anno prossimo e non a caso è una delle ipotesi che la maggioranza sta prendendo seriamente in considerazione.
l'Unità