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Leoncavallo sgomberato, la storia del centro sociale più famoso d’Italia frequentato anche da Salvini: da Fausto e Iaio a Dario Fo

Leoncavallo sgomberato, la storia del centro sociale più famoso d’Italia frequentato anche da Salvini: da Fausto e Iaio a Dario Fo

Dagli anni '70 a oggi

L'operazione a sorpresa dopo centinaia di rinvii. Anni di controcultura, musica e la "Cappella Sistina dei murales". Salvini e Meloni parlano di legalità e zone franche: "Afuera". E c'è chi ricorda loro di Casa Pound

Sfratto del Centro Sociale Leoncavallo – Milano, 21 Agosto 2025 (Foto Claudio Furlan/Lapresse) Eviction of the Leoncavallo Social Centre – Milan, 21 August 2025 (Photo Claudio Furlan/Lapresse)
Sfratto del Centro Sociale Leoncavallo – Milano, 21 Agosto 2025 (Foto Claudio Furlan/Lapresse) Eviction of the Leoncavallo Social Centre – Milan, 21 August 2025 (Photo Claudio Furlan/Lapresse)

Per alcuni circolo e ricettacolo di cosiddette “zecche comuniste”, un ambiente da estirpare e cancellare, della controcultura sinistroide e antagonista. Per altri invece un punto di riferimento della cultura alternativa, un luogo di aggregazione e di espressione fuori dagli schemi. Sicuramente il Leoncavallo era il centro sociale occupato più famoso d’Italia, sgomberato a partire da stamattina in un’operazione a sorpresa, improvvisa, che ha sbalordito attivisti ed esaltato i politici al governo, anche quelli che il Leoncavallo lo hanno frequentato, come per esempio il segretario della Lega e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini.

Decenni di vita e di storia che hanno attraversato quella di Milano. Il centro sociale si chiamava così per la prima sede, aperta in pieni Anni di Piombo a metà anni Settanta, nell’omonima strada nel Casoretto, periferia operaia. Era stato traslato nell’ex cartiera a Greco, in via Watteau, nel 1994. Poco lontano i giardini intitolati a Fausto e Iaio, Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci, i due ragazzi uccisi nel marzo del 1978. Le indagini sulle esecuzioni che avevano interessato soprattutto gli ambienti dell’estrema destra non hanno portato mai a nessun colpevole, a nessuna condanna.

Era la Milano appena fuori dallo scandalo Tangentopoli, quando l’allora consigliere della Lega Matteo Salvini difendeva gli attivisti del centro sociale dalle minacce del sindaco Marco Formentini, anche lui del Carroccio, dal 1993 al 1997. “Conosco quei ragazzi, i violenti sono pochi”, le parole del vicepremier all’epoca riportate da Il Corriere della Sera Milano. Oggi lo stesso Salvini esulta citando il presidente dell’Argentina Javier Milei: “Decenni di illegalità tollerata, e più volte sostenuta, dalla sinistra: ora finalmente si cambia. La legge è uguale per tutti: afuera!”. E così anche la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni: “In uno Stato di diritto non possono esistere zone franche o aree sottratte alla legalità. Le occupazioni abusive sono un danno per la sicurezza, per i cittadini e per le comunità che rispettano le regole”. Sono stati in molti a ricordare alla premier dunque l’occupazione del movimento neofascista di Casa Pound a Roma.

La proprietà dell’immobile è di una società della famiglia Cabassi. I magistrati, a novembre 2024, avevano condannato il ministero dell’Interno a pagare tre milioni di euro alla proprietà per essere stato inadempiente. Il Viminale aveva chiesto quei soldi all’associazione “Mamme Antifasciste”, l’unica con sede nel centro sociale ufficialmente registrata. Leoncavallo aveva fatto partire una raccolta fondi. L’associazione era nata nel 1992, dopo gli omicidi di Fausto e Iaio, molto vicini alla prima sede del Leoncavallo e uccisi nel 1978 in via Mancinelli. “Nel suo 50esimo anno di storia il Leoncavallo è sotto sfratto. L’attuale spazio di via Watteau – spiega sul proprio sito il Centro Sociale – rischia realmente di scomparire per sempre. Per questo abbiamo deciso di aprire una Cassa di Resistenza. Vi chiediamo di donare alla Cassa ognun* secondo le sue capacità”.

“Sabato sera in barca a vela, lunedì al Leoncavallo: l’alternativo è tuo papà”, cantavano gli Afterhours di Manuel Agnelli in Sui giovani d’oggi ci scatarro su, canzone dell’album Hai paura del buio? del 1997. Leoncavallo ha visto passare Dario Fo e Franca Rame, Paolo Rossi e Fabrizio Bentivogli, ha ospitato e promosso tanta cultura, moltissima musica dai Public Enemy a Carmen Consoli, Subsonica e Africa Unite, Baustelle e Marlene Kuntz, dalle feste della semina al rock alternativo, dal rap milanese al cantautorato meno mainstream. Una possibilità davvero altra, di una proposta culturale diversa, ancora più preziosa in una città sempre più esclusiva e speculativa.

Dauntaun, il sotterraneo del Leoncavallo, uno spazio di espressione per graffitari e street artist, è stato messo sotto tutela delle belle arti del Comune di Milano e restaurato. La chiusura per 15 anni ha permesso alle opere realizzate tra il 1996 e il 2005 di conservarsi, una volta al mese il sotterraneo viene aperto ai visitatori. Anch Vittorio Sgarbi aveva parlato di quei spazi come di una “Cappella Sistina della contemporaneità” guardando i murales. “Non è un giorno triste solo per l’antagonismo – ha detto all’ANSA Flipper, alias di Matteo Marchetti, storico direttore artistico della struttura – ma per la cultura a Milano: il Leoncavallo con la sua controcultura antagonista in 50 anni ha inciso fortemente sulle scelte artistiche della città, è stato vettore e generatore di cultura alta e altra”.

Rockit, media punto di riferimento della cultura indie-alternative, ha scritto di un pezzo fondamentale di cultura e musica non soltanto di Milano. E di una politica che esulta “senza capire, evidentemente, cosa si faceva lì dentro, e perché quello spazio, mezzo secolo dopo, rimaneva vitale per la città. E per tutta la cultura italiana”. L’associazione Mamme del Leoncavallo aveva presentato dei mesi scorsi una manifestazione di interesse al Comune per un immobile in via San Dionigi. Lo sgombero è arrivato a sorpresa, perché l’ufficiale giudiziario era atteso per il 9 settembre, ma era già stato rinviato almeno 133 volte. Le operazioni sono scattate intorno alle 7:30 di stamattina, all’interno della struttura non c’era nessuno. Gli attivisti hanno organizzato un presidio e assemblea pubblica in via Watteau alle 18:00 di oggi pomeriggio.

l'Unità

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