Ucraina, l’Europa boccia Meloni: niente negoziati Putin-Zelensky in Vaticano

La premier resta isolata
L’idea avanzata dalla premier di far sedere Putin e Zelensky al tavolo del Papa lascia fredda l’Europa, che approva nuove sanzioni anti-russe e critica Trump

Zelensky parla al telefono con Giorgia Meloni e l’argomento, fanno sapere da palazzo Chigi, sono i negoziati che, stando alle dichiarazioni di Trump dopo la lunga telefonata di lunedì con Putin, sarebbero sul punto di iniziare. Quasi contemporaneamente lo stesso Zelensky aveva parlato con la presidente della Commissione europea von der Leyen ed era stata una musica molto diversa. Aveva infatti ringraziato la presidente per le nuove sanzioni contro la Russia, pacchetto numero 17, e discusso il prossimo, pacchetto 18, che i leader europei e lo stesso presidente ucraino vogliono molto più dure. A parole anche in questo caso l’obiettivo è il negoziato: “È il momento di esercitare la massioma pressione su Mosca per arrivare alla tregua”, spiega von der Leyen. Ma la distanza tra le due posizioni, quella americana e quella europea, non potrebbe essere maggiore.
Lo si era capito, del resto, già lunedì sera, dopo il colloquio telefonico fra Trump e i principali leader europei, stavolta, a differenza che nel caso della chiamata da Tirana, presente anche Giorgia Meloni. La premier italiana era stata l’unica a commentare con entusiasmo la relazione del presidente americano, particolarmente soddisfatta perché l’idea di accogliere l’offerta di ospitalità in Vaticano per i colloqui, avanzata da papa Leone, era piaciuta molto all’inquilino della Casa Bianca. Von der Leyen, pur ringraziando Trump, era stata molto più cauta. Il cancelliere tedesco Merz, in compenso, aveva interpretato il colloquio fra il russo e l’americano in senso diametralmente opposto a quello, certo molto roseo, del tycoon: “Dal momento che il colloquio non ha portato a una tregua i leader europei pensano a nuove sanzioni”.
Sembrava una divaricazione seria ma le indiscrezioni arrivate ieri dicono invece che tra la posizione degli Usa e quella dell’Europa c’è un abisso. Gli europei sarebbero rimasti sbigottiti e molto contrariati per l’accondiscendenza del presidente americano nei confronti dello zar. Trump, a propria volta, avrebbe inutilmente chiesto di evitare nuove sanzioni. È in effetti ovvio che, con in corso un tentativo di avviare il negoziato, la tegola di nuove sanzioni non è il migliore dei viatici e tanto più perché Putin afferma di aver considerato il vertice dei leader europei a Kiev del 9 maggio addirittura “un atto di guerra”. Sulla carta la differenza fra Trump e gli europei è che il primo crede nella volontà di pace di Putin e quindi nella sua disponibilità a cercare un accordo mentre i secondi ritengono che il presidente russo stia solo prendendo tempo per avanzare ulteriormente in territorio ucraino. La diversità in questa determinante valutazione c’è davvero.
Il problema è che c’è anche molto di più ed è quel di più che rischia di mettere di nuovo nei guai Giorgia Meloni. I leader dei principali Paesi europei non si fidano di Trump e sospettano che stia facendo, consapevolmente o meno, il gioco di Putin. Si sentono poi messi all’angolo dalla brutalità di un presidente americano che non nasconde di considerarli più o meno superflui e che non ha alcuna intenzione di lasciargli reale potere nel tentativo di mediazione con Putin oggi e nella spartizione delle sfere di influenza globali domani. Di conseguenza, sia perché mirano a impedire quella che vedono come una sostanziale resa dell’Ucraina e dell’Occidente, sia per non essere tagliati fuori dai grandi giochi di fatto remano contro e ostacolano come possono il percorso ideato dall’americano.
La premier italiana ha rischiato di finire nella lista nera dei paesi reprobi, come è stato evidente nelle ultime due settimane, proprio perché non abbastanza schierata con l’Ucraina anche a costo di mettersi contro il tycoon e perché nei fatti se non nelle parole tiepida nella corsa al riarmo. È rientrata in extremis in quel gruppo di testa europeo da cui era stata di fatto espulsa solo dopo essere tornata a uno schieramento senza distinguo a fianco non solo dell’Ucraina ma della linea muscolare europea. Ora però la navigazione americana e quella europea, che per un po’ erano parse di nuovo parallele, stanno andando di nuovo in direzione opposta e proprio dove l’Europa è più intransigente: sul capitolo guerra in Ucraina. Così, appena uscita da un grosso guaio, Meloni rischia di ritrovarcisi impigliata di nuovo e sullo stesso terreno: la guerra.
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