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Caldo estremo, perché con le temperature torride il cuore è rischio

Caldo estremo, perché con le temperature torride il cuore è rischio

Afa. Temperature insopportabili, con la colonnina di mercurio che nemmeno scende la notte. Così manca anche la “rigenerazione” notturna per cuore e cervello. Se poi aggiungiamo un minimo di attività fisica, ecco che si può creare una miscela esplosiva per la circolazione del sangue, con un aumento dei pericoli di andare incontro ad infarti o ictus. Il tutto, a partire dalla stessa reazione dell’organismo.

Quando le temperature salgono, la frequenza cardiaca deve aumentare e il cuore deve lavorare di più per pompare il sangue alla pelle necessario a favorire la sudorazione e raffreddare il corpo. L'evaporazione, quindi, mette a dura prova il sistema cardiovascolare. Il sudore disperde il calore del corpo, ma fa perdere anche sodio, potassio e altri minerali necessari per contrazioni muscolari, trasmissioni nervose ed equilibrio idrico. Per contrastare queste perdite, il corpo inizia a secernere ormoni che aiutano il corpo a trattenere l'acqua e ridurre l’impatto della perdita di sali. In questi casi, se il sistema di controllo non è ottimale, aumentano i pericoli per la circolazione del sangue, al cuore e al cervello.

Un esempio è il colpo di calore o collasso da calore, provocato dalla perdita di liquidi per eccessiva sudorazione, dopo esposizione a calore in condizioni di elevata umidità (maggiore dell’80 per cento). Inizialmente porta affaticamento e debolezza, poi compaiono abbassamento della pressione, rallentamento delle pulsazioni, calo della pressione e addirittura febbre. Sul fronte delle patologie, in particolare, chi è obeso e/o soffre di malattie croniche a carico di cuore e polmoni, dallo scompenso cardiaco alla Bpco, può andare incontro più facilmente a una serie di complicazioni, che ovviamente dipendono dalla durata dell’innalzamento della temperatura corporea.

Il pericolo dell’ipotensione

L’afa e le impennate dell’umidità possono anche contribuire ad abbassare eccessivamente la pressione, sia per l’aumento del flusso sanguigno alla pelle (e allo stomaco, nei momenti della digestione) sia per la disidratazione. I campanelli d’allarme di questa condizione sono la comparsa di improvvisi mal di testa, le vertigini che insorgono soprattutto quando ci si alza in piedi, il sentirsi “rallentati” o molto stanchi, la bocca secca, la contrazione della diuresi con urine molto concentrate (scure e scarse).

A volte, quindi, quasi di colpo si perde conoscenza, perché il cervello non riceve sangue a sufficienza e in qualche modo si “spegne”. L’eccessivo calo della pressione arteriosa – a rischio sono soprattutto gli anziani e le donne – è una delle più frequenti cause di svenimento in estate. Se in piedi la pressione arteriosa massima scende rapidamente sotto i 70 millimetri di mercurio si può, infatti, verificare una perdita di coscienza: il cuore non riesce a “superare” la forza di gravità necessaria per spingere il sangue e l’ossigeno fino al cervello, che quindi si “annebbia” e perde il controllo dell’organismo.

Un momento a rischio, per chi è avanti con gli anni e ha i sistemi interni di rilevazione della pressione non proprio ottimali, è il passaggio repentino dalla posizione sdraiata a quella in piedi. Gli esperti chiamano questo quadro ipotensione ortostatica: meglio rimanere per qualche tempo seduti prima di scattare, così da dare tempo al corpo di adattarsi.

Attenzione a tavola e agli sforzi

“A rischio in queste giornate sono soprattutto gli anziani – spiega Claudio Borghi, Direttore della Medicina Interna Cardiovascolare presso il Policlinico S.Orsola di Bologna. Il sole, tanto per citare un esempio, ha una forte azione vasodilatante, cioè porta ad un allargamento dei vasi sanguigni e quindi tende a ridurre la pressione. Come se non bastasse, l’adattamento dei vasi sanguigni agli stimoli che giungono dall’ambiente esterno è infatti ridotto, soprattutto dopo il pranzo. Questo è un momento di particolare rischio per chi soffre di sbalzi di pressione".

“In media, la digestione porta ad un calo di circa 10 millimetri di mercurio per la pressione massima e di 5 per la minima – aggiunge il professore -. Ma in alcune persone questa diminuzione può essere molto più significativa, anche di 20-30 millimetri di mercurio. Ed è ovvio che in quanti sono particolarmente soggetti a sbalzi pressori di questo tipo l’esposizione al calore o l’attività fisica nel periodo della digestione può dar luogo anche a problemi seri”.

Occhio all’Heat Index

“Heat Index” è il parametro che esprime il rapporto tra umidità e calore. Questo indice la dice lunga sui rischi di andare incontro a colpi di calore e conseguenti danni all’organismo, compreso l’ictus cerebrale. Il colpo di calore, quindi la forma più grave dell’esposizione al combinato disposto di alta temperatura e umidità elevatissima, può favorire l’insorgenza di un’ischemia cerebrale, soprattutto se si fanno sforzi intensi che aumentano l’intensità dell’innalzamento termico dell’organismo.

Anziani più a rischio

A rischio sono soprattutto le persone che hanno i sistemi di termoregolazione poco reattivi, come gli anziani, oltre ai soggetti che soffrono di malattie croniche. Ma che cosa accade e come si sviluppa il colpo di calore che mette a rischio il cervello? In primo luogo influisce la disidratazione, conseguente alla sudorazione (nel tentativo di abbassare la temperatura), che comporta una riduzione del volume del sangue circolante e un aumento della viscosità del sangue stesso, con possibilità di occlusione di una arteria cerebrale. La vasodilatazione, sempre in risposta al calore, può avere effetti sulla emodinamica cerebrale, con alterazioni della pressione arteriosa e della pressione di perfusione cerebrale. Se aggiungiamo anche il rischio legato all’attività fisica, si rischia di aumentare i pericoli.

Chiedete al medico per i farmaci

Non dimenticate, infine, che esistono anche farmaci che interferiscono con la regolazione del calore. Chi assume beta-bloccanti, ad esempio, può avere una frequenza cardiaca ridotta che impedisce al cuore di far circolare il sangue più velocemente per un efficace scambio di calore. I diuretici peggiorano la disidratazione aumentando la produzione di urina.

Insomma: chi ha la pressione alta dovrebbe rivalutare la terapia con il medico (niente fai da te, sia chiaro). Se il curante lo consiglia andrebbero ridotti o, se possibile, evitati i diuretici che espongono a disidratazione, perdita di potassio e disturbi dei sali circolanti nel sangue. Occhio infine se assumete anche farmaci vasodilatatori, come calcio-antagonisti e nitroderivati, e agli Ace-inibitori e agli antagonisti dell’angiotensina.

repubblica

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