Lo zucchero nei neuroni potrebbe proteggere dall’Alzheimer

Dagli scienziati del Buck Institute for Research on Aging una nuova scoperta sul metabolismo dei neuroni, e in particolare sulle modalità di immagazzinamento e processazione dello zucchero: stando a quello che raccontano in uno studio pubblicato sulla rivista Nature Metabolism, i ricercatori hanno mostrato che le modalità di “rottura” delle molecole di un tipo di zucchero nei neuroni potrebbe proteggere il cervello dall’accumulo di proteine tossiche – uno dei principali indiziati per lo sviluppo del morbo di Alzheimer – e dalla degenerazione cognitiva.
Questione di glicogenoLa molecola sotto esame è il glicogeno, uno zucchero che, sostanzialmente, funge da riserva di energia immagazzinata nel fegato, nei muscoli, e in quantità minore, per l’appunto, nel cervello, in particolare in “cellule di supporto”, detti astrociti.
Finora, però, il ruolo di queste sacche di glicogeno nei neuroni era ritenuto pressoché trascurabile; ma lo studio appena pubblicato smentisce, almeno parzialmente, questa prospettiva: “Il nostro lavoro”, ha raccontato Pankaj Kapahi, primo autore dell’articolo, “contraddice l’ipotesi secondo la quale il glicogeno nel cervello sarebbe pressoché inutile, e le implicazioni di questa scoperta potrebbero essere notevoli. Il glicogeno immagazzinato nel cervello potrebbe avere un ruolo importante nella patogenesi di diversi disturbi”.
Il gruppo di esperti che ha condotto lo studio ha esaminato modelli di tauopatie (il gruppo di malattie neurodegenerative collegate all’accumulo della proteina tau nel cervello, tra cui l’Alzheimer) sia in esseri umani che in moscerini della frutta, notando sempre un accumulo anomalo di glicogeno. Pare inoltre, dicono i ricercatori, che questo accumulo contribuisca alla progressione della malattia, dal momento che la tau è in grado di legarsi chimicamente al glicogeno, intrappolarlo e impedirne la degradazione.
Spezzare gli zuccheri per stare meglioQualche dettaglio in più su questo aspetto metabolico finora trascurato. Quando il glicogeno non può essere degradato, i neuroni perdono la capacità di gestire al meglio lo stress ossidativo, fenomeno collegato in modo cruciale all’invecchiamento e alle malattie neurodegenerative. Vale anche il viceversa, e qui sta la parte più interessante della scoperta: i ricercatori si sono resi conto che ripristinando l’attività di un enzima chiamato glicogeno fosforilasi (GlyP), responsabile della degradazione del glicogeno, si riduce il danno correlato all’accumulo di proteina tau nei neuroni di moscerini della frutta e in quelli derivati da cellule staminali umane. “In questo modo”, ha commentato Sudipta Bar, altra co-autrice del lavoro, “le cellule cerebrali erano in grado di ‘disintossicarsi’ più efficacemente, ridurre i danni subiti e persino prolungare la durata della propria vita”.
La restrizione alimentare funzionaNon finisce qui. Nel loro studio, i ricercatori hanno anche mostrato che la restrizione calorica e alimentare migliora il metabolismo del glicogeno e di conseguenza mitiga i problemi legati all’accumulo della proteina tau. E pare che un risultato analogo si ottenga somministrando farmaci che “imitano” la restrizione alimentare, come le nuove molecole anti-obesità: “Il nostro lavoro”, ha concluso Kapahi, “spiega perché i farmaci a base di GLP-1, ora ampiamente utilizzati per la perdita di peso, sono promettenti anche contro la demenza: il motivo sta probabilmente nel fatto che imitano gli effetti della restrizione alimentare. Scoprendo come i neuroni ‘gestiscono’ gli zuccheri, potremmo aver scoperto una nuova strada terapeutica, che mira alla chimica interna dei neuroni per contrastare il declino legato all’età e alle neurodegenerazioni”.
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