Blue Origin di Jeff Bezos punta alla Luna con il razzo New Glenn

David Scott, comandante dell’Apollo 15, replicò l’esperimento di Galileo e fece cadere un martello e una piuma, che toccarono il suolo della Luna nello stesso momento. E una piuma è il simbolo di Blue Origin: al di là dei lanci per turisti a quota spaziale appena sopra la “linea di Karman”, la compagnia spaziale privata fondata da Jeff Bezos punta alla Luna, per vere missioni scientifiche e di esplorazione e contratti da tempo avviati con la Nasa.
La compagnia con sede a Kent (Washington), è sempre in concorrenza con i progetti di SpaceX, e di una Starship che ancora stenta a compiere miglioramenti significativi, e che in versione modificata dovrà garantire sbarchi lunari. Ma ora Blue Origin si presenta soprattutto come un’alternativa importante: “La nostra azienda mostrò già diversi anni fa un modulo lunare per il Programma Artemis - ricorda Logan Ware, Responsabile Marketing Europe per Blue Origin con sede a Parigi – Nel frattempo, stiamo lavorando su due versioni di moduli di atterraggio lunare, uno in versione cargo e l’altro per equipaggi a bordo”. Il lanciatore è il New Glenn, che prende il nome da John Glenn, il primo astronauta americano a orbitare attorno alla Terra nel 1962. “Presto diventerà il nostro razzo vettore di riferimento, per vari tipi di missione. Il lancio dello scorso gennaio ha ottenuto risultati più che lusinghieri, con l’invio in orbita della piattaforma Blue Ring. Ora attendiamo il secondo lancio, previsto in agosto”.

Il secondo lancio del New Glenn dovrà ulteriormente dimostrare le capacità del nuovo razzo, alto 98 metri, e potrebbe già inviare verso Marte la sonda “Escapade”, formata a sua volta da due piccole sonde, Blue e Gold, per studiare il campo magnetico del Pianeta Rosso. Ma non è detto: Escapade potrebbe slittare ulteriormente al lancio successivo, il terzo. “Nel primo lancio - aggiunge Ware - tutto ha funzionato bene, nonostante non si sia riusciti a recuperare il primo stadio. Ma questo sarà uno degli obiettivi principali del secondo volo”. Il primo stadio del New Glenn è infatti riutilizzabile ed è previsto che, come il Falcon 9 di SpaceX, ritorni a terra subito dopo il lancio, atterri sul ponte di una nave. Logan ci illustra le caratteristiche del vettore: “Di base ha un primo stadio con 7 motori Be4 a combustibile liquido, che è quello recuperabile - dice - e un secondo con due motori Be3U. L’obiettivo, naturalmente, è di ridurre i costi per lancio”. E nel frattempo, si guarda alla Luna.
Logan Ware è stato uno dei relatori del Congresso “Future Space Exploration”, che si è tenuto a Torino nei giorni scorsi. Organizzato dalla IAA e dalla AIDAA (Associazione Italiana di Aeronautica e Astronautica), guidata dal Professor Erasmo Carrera, del Politecnico di Torino (che ha supportato l’evento con Thales Alenia Space e ASI), il convegno internazionale ha avuto come focus i progetti che puntano oltre l’orbita terrestre, e oltre la Luna. Il nostro satellite naturale è stato il protagonista dell’evento torinese: “Uno dei nostri slogan è Benefit of Earth - dice Logan - perché riteniamo che l’esplorazione dello spazio, in passato come oggi e in futuro, creerà ulteriore spinoff per migliorare la nostra vita sulla Terra. Pensiamo che in futuro non troppo lontano saranno milioni le persone che vivranno e lavoreranno nello spazio, e le nostre iniziative hanno anche lo scopo di ispirare le nuove generazioni all’esplorazione del cosmo”.
“Il modulo lunare Blue Moon - spiega Ware - è realizzato con contratto Nasa. Abbiamo progettato due versioni: una è la MK-1, alta 8 metri. Per fare un paragone, il modulo lunare delle Apollo non superava i 5 metri. E poi la versione Mk-2, alta 15 metri, per versioni cargo, che può portare sulla Luna un carico utile di tre tonnellate. Entrambe utilizzano un motore Be7 a idrogeno e ossigeno liquidi”.
La Luna, quindi, prossima grande frontiera? “Certamente - conferma il dirigente di Blue Origin - E anche nelle nostre strategie sarà tappa fondamentale per sfruttarne le risorse in loco, idrogeno, ossigeno, e anche elementi utili da trasferire sulla Terra soprattutto per risolvere problemi energetici. Oltre che per lanciare astronavi oltre la Luna, nel nostro sistema solare”.
Poi sarà la volta di Marte. È possibile pensare a un motore a propulsione nucleare, che riduca i tempi del viaggio al Pianeta Rosso? “Col nostro New Glenn avremo possibilità di sperimentare molte nuove soluzioni”, conclude Ware. “Al momento non vi è un progetto in fase avanzata su un motore nucleare, ma potrebbe rientrare nei piani futuri”.
La Repubblica