Google non è più un motore di ricerca

I tempi in cui Google era un motore di ricerca, per molti versi, sono finiti. Secondo alcune analisi, ormai il termine corretto per definire il sito web più visitato al mondo è “macchina delle risposte”. Non è una semplice questione lessicale, ma una profonda trasformazione della natura stessa di Google e della funzione che svolge all’interno della rete. Una trasformazione che ha fatto un altro importante passo dopo l’introduzione, nel maggio 2024, di AI Overviews – il sistema di intelligenza artificiale interno a Google Search, che genera contenuti in risposta alle nostre ricerche – ma che era già iniziata parecchi anni fa.
Era infatti il 2018 quando il colosso di Mountain View introdusse l’ultima versione dei “featured snippets”. Attraverso questi box, mostrati in cima alla pagina, Google non si limita più a mostrare i classici link, ma fornisce l’estratto più rilevante, per la nostra ricerca, di una pagina web. Poche righe che in moltissime occasioni – risultati delle partite, testi delle canzoni, date di avvenimenti storici e altre informazioni brevi – sono sufficienti a soddisfare le richieste degli utenti, che non hanno quindi più bisogno di cliccare sui link riportati.
Se per esempio cercate “a che velocità corre il ghepardo”, non avrete bisogno di aprire il primo link che compare (che nel mio caso rimanda alla testata Focus.it) per ricevere l’informazione desiderata: sarà sufficiente leggere lo snippet, in cui viene riportato che la velocità massima del felino è tra gli 80 e i 130 chilometri orari. Attraverso gli snippet, Google ha insomma iniziato a fornire direttamente le risposte e, in un certo senso, a cannibalizzare il web. L’introduzione dell’intelligenza artificiale generativa, però, ha dato un’accelerata a questa trasformazione.
L’avvento nel 2022 di ChatGPT, e la percentuale sempre crescente di persone che lo impiega per cercare informazioni, ha infatti rappresentato un rischio esistenziale per Google e gli altri motori di ricerca, che da allora hanno subito un costante calo delle visite. Come riporta il Search Engine Journal, tra il mese di maggio 2025 e lo stesso periodo dello scorso anno, Google ha perso il 2% delle visite, Bing il 18%, Yahoo l’11% e Baidu il 12%.
Una delle ragioni per cui Google è riuscito, rispetto ai suoi fratelli minori, ad arginare il calo delle visite è legato proprio all’introduzione di AI Overviews, che ha permesso a Big G – da sempre azienda leader nel settore dell’intelligenza artificiale – di rispondere rapidamente alla minaccia di ChatGPT.
L’integrazione di AI Overviews all’interno del motore di ricerca ha però fatto aumentare drasticamente le ricerche cosiddette “zero click”, in cui Google non rappresenta il punto di partenza per navigare il web, bensì l’unico sito che abbiamo bisogno di visitare, all’interno del quale possiamo trovare tutte le risposte alle nostre domande e richieste.
A darci un’idea di quanto, esattamente, stia cambiando il mondo delle ricerche online è un recente studio di Pew Research, che ha analizzato il comportamento di 900 utenti di Google. Prima di tutto, il 58% di essi ha condotto, nel mese di marzo 2025, almeno una ricerca il cui risultato era un riassunto di AI Overviews. Prevedibilmente, quando ciò si verifica, le persone sono molto meno propense a cliccare sui link mostrati comunque da Google. Per la precisione, chi non incontra un riassunto di Overviews clicca sui link mostrati il doppio delle volte (15% contro 8%). Già solo questo dato ci dice che, potenzialmente, AI Overviews potrebbe dimezzare il traffico che storicamente Google ha indirizzato al resto del web.
Non solo: come si legge nella ricerca, “gli utenti di Google sono più propensi a concludere del tutto la loro sessione di navigazione dopo aver visitato una pagina in cui è presente un riassunto generato dall’intelligenza artificiale rispetto alle pagine che ne sono prive. Ciò è avvenuto nel 26% dei casi in cui era presente un riassunto generato tramite AI, contro il 16% delle pagine con soli risultati di ricerca tradizionali”.
Complessivamente, nel mese di marzo 2025, il 18% delle ricerche effettuate su Google ha offerto in risposta un contenuto di AI Overviews. Una percentuale sicuramente destinata a salire e che solleva alcune domande: quali sono i rischi per gli utenti? E che ripercussioni avrà tutto ciò sull’open web, che da sempre riceve una quota molto consistente di traffico – e quindi di introiti pubblicitari – da parte di Google?
Per quanto riguarda gli utenti, il rischio principale è rappresentato dal perdurante – e forse irrisolvibile – problema delle allucinazioni, quando cioè un large language model presenta come se fossero dei fatti delle informazioni invece errate o completamente inventate. In linea di massima, ogni contenuto generato dall’intelligenza artificiale andrebbe controllato per verificarne la veridicità, ma quanti utenti lo fanno realmente?
Una risposta ce la fornisce sempre lo studio di Pew Research, secondo il quale solo l’1% degli utenti clicca sui link che accompagnano il riassunto di AI Overviews, mentre l’8%, come detto, apre i link classici mostrati nel resto della pagina di Google. Significa che solo il 9% degli utenti ha la possibilità di verificare la correttezza dell’informazione riportata.
Un altro rischio è rappresentato dal fatto che i riassunti generati dall’intelligenza artificiale offrono una risposta univoca laddove la ricerca classica su Google ci offre una gamma di risultati, tra cui scegliere le fonti che reputiamo più affidabili o più vicine alla nostra sensibilità. È una differenza importante soprattutto quando le nostre ricerche riguardano argomenti delicati, come la crisi climatica, la guerra in Ucraina e in Medio Oriente o altre questioni geopolitiche (per esempio, siamo sicuri che AI Overviews ci fornirà un resoconto accurato dei controversi programmi di Google in collaborazione con l’esercito statunitense e israeliano?).
L’altro aspetto fondamentale è invece relativo all’impatto che la trasformazione di Google (e la diffusione di sistemi simili, a partire da ChatGPT) avrà sulla salute dell’open web. Secondo quanto riporta il Wall Street Journal, “nel mondo dei media, le ricerche su Google generano circa il 40% di tutto il traffico ricevuto dai siti web più importanti”. Lo spostamento delle ricerche a favore dei sistemi di intelligenza artificiale generativa e l’adozione di questa tecnologia da parte di Google e tutti gli altri ha portato i gruppi editoriali a “stimare una perdita attorno al 20-40% del traffico generato da Google”, scrive sempre il WSJ.
In un mondo perennemente in difficoltà economiche come quello editoriale-giornalistico, la trasformazione di Google da motore di ricerca in macchina delle risposte – e il conseguente calo delle visite – potrebbe quindi rappresentare un ennesimo, durissimo colpo.
Trovare una soluzione (tra cui gli accordi economici che molte importanti realtà, compresa Gedi, hanno stretto con OpenAI, Google e non solo) è però nell’interesse di tutti. D’altra parte, se le testate giornalistiche e gli altri siti web smettessero di fare informazione a causa della diffusione di Overviews e degli altri sistemi simili, come farebbero i colossi dell’intelligenza artificiale ad addestrare i loro large language model con notizie e servizi aggiornati?
La Repubblica