Al nativo Jeffrey Gibson la prossima facciata del Met

(di Alessandra Baldini) Dopo aver ospitato nell'atrio dei visitatori l'opera dell'artista canadese trans e nativo Kent Monkman, il Met di New York ha affidato a un altro artista indigeno, Jeffrey Gibson, la prestigiosa commissione delle nicchie della facciata. L'anno scorso Gibson ha rappresentato gli Usa alla Biennale di Venezia con un padiglione acclamato dalla critica per la forza visiva con cui aveva fuso estetiche indigene e queer a riferimenti alla storia americana in un progetto inclusivo di realtà e culture diverse. The Animal That Therefore I Am, ispirato nel titolo a un celebre lavoro del filosofo francese Jacques Derrida, sarà un ciclo di quattro sculture figurative che occuperanno le nicchie sulla facciata Beaux Art su Fifth Avenue ricordando al pubblico in arrivo tra 12 settembre e 9 giugno 2026 l'interconnessione tra tutti gli esseri viventi e l'ambiente: una tematica ricorrente nell'opera dell'artista. La commissione è la sesta del genere per il Met: la prima nel 2019 vide protagoniste quattro "cariatidi africane" dell'americana-kenyota Wangechi Mutu. Anche Gibson è un artista Bipoc (l'acronimo che sta per un acronimo che sta per Black, Indigenous, and People of Color): è membro ufficiale della Mississippi Band of Choctaw Indians (una delle tribù riconosciute a livello federale negli Stati Uniti) e discende anche da antenati Cherokee. Le sue sculture, realizzate con materiali non convenzionali e caratterizzate da una sintesi vibrante di astrazione, pattern decorativi, simboli e testi, incarnano una visione indigena del mondo in cui umano, animale e paesaggio condividono radici e destini comuni. Nato nel 1972 a Colorado Springs e cresciuto tra Stati Uniti, Germania e Corea, Gibson è noto per la sua pratica interdisciplinare: "E' uno degli artisti più straordinari della sua generazione, una figura pionieristica nell'ambito dell'arte nativa e indigena," ha dichiarato Max Hollein, il direttore del Met. Gibson è il secondo artista nativo a cui il Met affida negli ultimi anni una commissione di arte contemporanea di alto profilo. Nel 2019, durante la prima presidenza Trump, il museo portò nell'atrio dei visitatori due grandi tele in cui Kent Monkman, un canadese della tribù dei Cree, aveva riscritto la storia della colonizzazione del nuovo mondo appropriandosi di tecniche e iconografie dell'arte occidentale dei colonizzatori bianchi all'insegna dell'idea che "i musei non possono restare neutrali". Il tema è nuovamente di attualità nel Trump 2.0 che, forte del progetto di reimmaginare in chiave nazionalista l'estetica dei programmi artistici della Nazione, all'inizio di maggio ha lanciato il nuovo bando per il Padiglione Usa a Venezia - Gibson nel 2024 fu il primo nativo protagonista - chiedendo di presentare "proposte in linea con l'eccezionalismo e l'innovazione americana" allo scopo di "portare avanti gli interessi degli Stati Uniti".
ansa