Gli archeologi hanno fatto una scoperta rarissima in Egitto: le rovine di un’antica città

La scoperta delle rovine della città di “Emet” si aggiunge all’ondata di ritrovamenti archeologici fatti in Egitto e getta nuova luce su un lasso di tempo specifico della civiltà lungo il Delta del Nilo, quello compreso tra il tardo periodo fino all’epoca romana. A svolgere un ruolo di primo piano è stato un team di archeologi egiziani e britannici, quest’ultimi provenienti dall’Università di Manchester che, al termine dell’attuale campagna di scavi svolta nell’area di Tell el-Faraoun (Tell Nabasha), nel centro di Husseiniya, ha portato alla luce abitazioni a più piani, granai e una strada cerimoniale legata al culto della dea cobra Wadjet.
“Queste case-torre si trovano principalmente nel Delta del Nilo tra il periodo tardo e l’epoca romana e sono rare nel resto dell’Egitto“, ha dichiarato il dottor Nielsen, a capo della campagna di scavi. Inoltre ha aggiunto: “La loro presenza qui dimostra che Emet era una città fiorente e densamente edificata, con un’infrastruttura urbana complessa.”
La scoperta dell’antica città di EmetLa città di Emet, nota nell’Antico Egitto come Imet, era situata nel Delta orientale del Nilo, presso l’attuale Tell el-Faraoun, circa 10 chilometri a sud di Tanis. Fu capitale del 19° nomo della Bassa-Egitto e ospitava un importante tempio dedicato alla dea Wadjet. E sono proprio le sue rovine quelle trovate durante gli scavi portati avanti da una campagna congiunta egiziano-britannica con l’Università di Sadat City al Cairo, diretta dal dottor Nicky Nielsen dell’Università di Manchester.
Combinando il telerilevamento con l’archeologia sul campo, il team ha iniziato a comprendere maggiormente la vita urbana, religiosa ed economica di questa città durante il IV secolo a.C.
Gli scavi si sono concentrati sulla collina orientale e hanno rivelato dense concentrazioni di mattoni crudi in punti specifici. Le indagini sul campo hanno portato alla luce edifici residenziali risalenti con tutta probabilità all’inizio o alla metà del IV secolo a.C., tra cui strutture ritenute essere “case-torre”, abitazioni a più piani progettate per ospitare un gran numero di persone.
Queste costruzioni sono caratterizzate da fondamenta molto spesse, in grado di sostenere il peso dell’intero edificio. Le case-torre erano particolarmente diffuse nel Delta del Nilo dal periodo tardo fino all’epoca romana. La missione ha inoltre scoperto altri edifici destinati a funzioni di servizio, come magazzini per la conservazione del grano o ricoveri per animali.
I reperti trovati durante gli scaviNell’area del tempio, la missione archeologica ha scoperto un ampio pavimento in pietra calcarea e i resti di due massicce colonne in mattoni crudi, probabilmente ricoperte di intonaco. Si ritiene che questi resti appartengano a un edificio costruito sopra la strada processionale che collegava l’edificio del periodo tardo con il tempio di Wadjet, indicando che questa strada era fuori uso a metà del periodo tolemaico.
Il tempio di Wadjet fu restaurato durante il regno del re Ramses II, nuovamente durante quello del re Ahmose II, e durante il periodo achemenide venne utilizzato come cava.
Tra i reperti più significativi vi sono la parte superiore di una statua ushabti finemente lavorata in faïence verde risalente alla XXVI dinastia, una stele di pietra che raffigura il dio Horus in piedi su due coccodrilli e che tiene in mano dei serpenti, sormontata dall’immagine del dio Bes, e un sistro in bronzo decorato con le teste della dea Hathor, risalente al periodo tardo.
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