Come perdersi in un giardino apocalittico con Xavier Sabata e Rafael R. Villalobos

Il Festival di Peralada non trova piacere più grande che concedere agli artisti la massima libertà creativa nelle loro nuove produzioni. E nell'edizione attuale – dal 3 al 18 luglio – questo assume un significato ancora più profondo, poiché si propone di intraprendere un "viaggio in paradiso" e rendere omaggio al giardinaggio come forma d'arte di grande portata. "Volevamo parlare dell'impronta della civiltà sul giardino e di come gli artisti performativi abbiano attinto all'immagine del giardino", ha spiegato ieri il suo direttore artistico, Oriol Aguilà. "Quest'anno, il festival esce dalla sua consueta comfort zone e si addentra in proposte che sono scoperte, rischiose, non convenzionali e più ibride, con diverse forme d'arte in dialogo tra loro".

È da questa idea che nasce l'inclassificabile Genius Loci (giorno 5), una proposta del regista Rafael R. Villalobos e del controtenore Xavier Sabata dopo la lettura di The Lost Garden (1912), libro di culto del giardiniere e filosofo inglese di origine islandese Jörn de Précy, che ha avuto una profonda influenza sull'arte dei giardini anglosassoni del XX secolo, e che qui traccia qualcosa di insolito, a metà strada tra diario, saggio e trattato.

Villalobos confessa modestamente di non aver visto altra soluzione che riscrivere il testo di Jörn de Précy.

Questa coppia di artisti ha già intrapreso diverse avventure al festival dell'Empordà: Aci e Galatea, El Bis, Orlando. Ma la loro appassionata lettura di questa sorta di biografia botanica – che descrive le passioni e le amicizie di De Précy, i giardini che più conosceva e amava – ha ispirato un brano da camera con un arciliutista che è anche attore, lo svedese Jonas Nordeberg (il giardiniere che realizza le idee estetiche del maestro, interpretato da Sabata), e un violista da gamba inglese, Liam Byrne, che combina lo strumento del XVII secolo con l'elettronica contemporanea. Sono presenti anche interventi visivi dell'artista Cachito Vallés.

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"Nessuno dovrebbe aspettarsi di vedere un giardino", avverte Villalobos, poiché la proposta è minimale e in un certo senso apocalittica. Non invano Précy aveva previsto una grave pandemia e una grande guerra, "che presenta parallelismi con i giorni nostri".

Villalobos confessa modestamente di non aver visto altra soluzione che riscrivere un testo che ne distillasse l'essenza. E i brani musicali hanno in comune il fatto di essere vocali e inglesi, spaziando da Ralph Vaughan Williams a Purcell, passando per John Eccles e John Dowland.

“Qui non ho una partitura o un copione; questa non è Tosca . Quindi ho lavorato in modo diverso. Ho proposto un adattamento del testo e loro hanno proposto una serie di brani musicali che avrebbero creato un arco evolutivo della musica inglese. Abbiamo sviluppato un'opera insieme, proprio come lavoriamo la terra: osservando la natura, lasciandoci abbracciare da essa. A volte il testo ci invitava a modificare la scena, e viceversa... È stata una co-creazione in cinque parti”, avverte Villalobos.

Un invito a non aver paura di perdersi, di non sapere o di non capire, perché «è una digressione corpo-musicale, un'egloga contemporanea che cerca di catturare l'essenza di un'opera che trascende le definizioni», aggiunge il regista sivigliano.

Per Sabata, che confessa di non sentire più il bisogno di salire sul palco solo per il gusto di farlo e che, come interprete d'opera, perde l'opportunità di creare, questo è il tipo di spettacolo che ha senso a questo punto della sua carriera. "Se posso sentirmi co-creatore con qualcuno, è con Rafa. Si crea un dialogo proficuo che si collega alla mia tradizione teatrale. C'è un desiderio che tutte le discipline si intreccino. Il testo finisce per essere musica, e viceversa; l'installazione visiva finisce per essere parte dello spazio sonoro."