Omnibus, dal Consiglio UE un’ulteriore semplificazione di CSRD e CSDDD


Il Consiglio dell’UE ha reso nota la propria posizione sul pacchetto Omnibus. Al centro sempre lo stesso mantra: semplificare. E infatti, la proposta che il Consiglio porterà in contrattazione con il Parlamento europeo prevede non solo la soglia dei 1.000 dipendenti per la CSRD, come già suggerito dalla Commissione, ma alza anche a 450 milioni di euro il limite del fatturato annuo, lasciando fuori migliaia di aziende europee di medie dimensioni.
Anche per la CSDDD, la direttiva sulla due diligence in materia di diritti umani e ambiente, Il Consiglio propone di alzare le soglie a 5.000 dipendenti e 1,5 miliardi di euro di fatturato netto. Questo significa che rientreranno nella direttiva solo 6.000 grandi imprese europee e circa 900 extra-UE.
“La promessa di semplificare la legislazione UE è mantenuta”, ha dichiarato Adam Szłapka, Ministro per l’Unione Europea della Polonia. “Vogliamo creare un ambiente imprenditoriale più favorevole, per aiutare le aziende a crescere, innovare e creare posti di lavoro di qualità”.
Il pacchetto Omnibus I, pubblicato dalla Commissione nel febbraio 2025 e trattato come priorità assoluta dal Consiglio, punta a ridurre oneri burocratici, rafforzare la proporzionalità e garantire maggiore certezza giuridica per le imprese europee nel rispetto degli obiettivi ESG.
La CSRD, adottata per garantire trasparenza e comparabilità nella rendicontazione ESG delle imprese, ha sollevato negli ultimi mesi diverse critiche per l’eccessiva complessità e per gli oneri sproporzionati imposti, in particolare alle PMI (la soglia di partenza infatti includeva le aziende con 250 dipendenti o 50 milioni di fatturato). Il Consiglio ha risposto con un mandato chiaro: ridurre le platee coinvolte, mantenendo l’efficacia delle informazioni.
In concreto, oltre all’esclusione delle PMI quotate, la nuova soglia di 1.000 dipendenti elimina dagli obblighi numerose imprese di medie dimensioni. A questa si aggiunge la soglia alternativa dei 450 milioni di euro di fatturato netto.
Al contempo però, il Consiglio ha inserito una clausola di revisione che potrebbe portare in futuro a un ri-allargamento del perimetro, in caso emerga una carenza informativa rilevante. Il principio guida rimane comunque quello della proporzionalità: chiedere molto solo a chi può sostenere l’onere, favorendo nel contempo una cultura della rendicontazione sostenibile.
Inoltre, il meccanismo “Stop-the-clock”, già adottato ad aprile 2025, consente una proroga di due anni per l’applicazione della CSRD alle imprese non ancora soggette, offrendo un margine di preparazione e adattamento significativo, soprattutto in una fase di incertezza macroeconomica.
Analogamente alla CSRD, la CSDDD, che impone obblighi di due diligence sui diritti umani e sull’ambiente ai sensi della direttiva 2024/1760, ha visto un riassetto netto del suo raggio d’azione. Il Consiglio ha proposto soglie ridimensionate a 5.000 dipendenti e 1,5 miliardi di fatturato netto. Il principio è semplice: concentrare l’intervento regolatorio sulle realtà con maggiori capacità di influenza e assorbimento dei costi.
Il nuovo approccio fa perno su una logica risk-based: le imprese dovranno focalizzare l’analisi e la due diligence su quelle aree della filiera dove il rischio di impatti negativi è più elevato. Non si chiede più quindi di mappare dettagliatamente tutta la catena di fornitura, ma di concentrare l’attenzione sui partner commerciali diretti (tier 1), a meno che non emergano elementi oggettivi e verificabili che giustifichino un’estensione.
Questa impostazione consente un alleggerimento sostanziale degli oneri documentali e operativi, pur mantenendo viva l’essenza etica e strategica della due diligence. Anche in questo caso, una clausola di revisione è prevista per valutare possibili evoluzioni dell’ambito di applicazione.
Inoltre il Consiglio suggerisce di rimandare di un anno, fino al 26 luglio 2028, il termine per l’adozione della normativa contendendo così alle imprese più tempo per adeguarsi.
L’Omnibus I non si limita alle due direttive principali. La semplificazione tocca anche gli obblighi relativi ai piani di transizione per la mitigazione climatica. Questi piani, già previsti nella proposta della Commissione, vengono ora ulteriormente alleggeriti: non è più necessario dettagliare tutte le fasi dell’attuazione, ma solo dimostrare l’esistenza e la coerenza degli interventi pianificati. Le autorità di vigilanza potranno inoltre fornire orientamenti e consulenze alle imprese, riducendo così i margini di incertezza normativa.
Infine, sul fronte della responsabilità civile, il Consiglio ha fatto propria la proposta della Commissione di rinunciare a un regime armonizzato a livello UE, lasciando agli Stati membri la libertà di disciplinare eventuali meccanismi di sanzione, ove compatibili con le leggi nazionali.
Ora l’obiettivo del Consiglio è quello di avviare rapidamente il confronto con il Parlamento europeo, per cercare un accordo che sia al tempo stesso ambizioso e sostenibile. La prossima fase negoziale sarà dunque determinante non solo per la forma finale delle direttive, ma per l’intero assetto della governance ESG europea dei prossimi anni.
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