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Archimede e l'urlo di Tardelli

Archimede e l'urlo di Tardelli

Un luglio con il Mondiale per club e quei Mondiali veri che è da troppo tempo che non vediamo tifando la Nazionale

Altro che aprile, è luglio il più crudele dei mesi.

Chi le vacanze le ha già finite, si barcamena tra i ricordi che sembrano essere già lontanissimi, chi le deve ancora iniziare non sta più nella pelle, e chi le sta vivendo in questi giorni è sospeso in quella terra di mezzo tra il condizionatore e la copertina di lana. Chi ama il calcio non se la passa meglio. Certo, tra un’insolazione e un’esondazione improvvisa è meglio un Mondiale per club che – magari mi sbaglio – tra i tifosi ha riscosso lo stesso successo di un acquazzone violento proprio quando hai appena messo la carne sul barbecue del campeggio. E poi, diciamocelo, un momento di pausa dal pallone sarebbe anche giustificata. Era così bello svuotarsi la testa per un paio di mesi, buttare ogni tanto un occhio al calciomercato e ricaricarsi le batterie attendendo trepidanti la nuova stagione con le solite grandi speranze.

Nel periodo estivo, l’unico motivo valido per non staccare la spina dal calcio sarebbero i Mondiali. Quelli veri. Ma chi se li ricorda? Visto che anche le ultime uscite della nazionale non lasciano presagire nulla di buono per il prossimo futuro, sarebbe meglio dedicarsi al cruciverba, al Sudoku o, per i più temerari, allo Stomàchion, rompicapo certamente meno noto del suo illustre inventore.

Si dice che Archimede di Siracusa, il celebre scienziato, inventore e matematico del III secolo, fosse stato coinvolto in una disputa per l’assegnazione di possedimenti terrieri ai nobili siracusani. Non potendo risolvere la cosa in breve tempo per la dislocazione delle terre, piantò dei paletti di legno attorno ai quali legò delle corde tracciando così delle figure geometriche. Calcolando l’area delle forme trovate – triangoli equilateri, isosceli, isoplori, ortogonali e scaleni – riuscì a dimostrare ai nobili che tutti, nonostante le forme diverse, avrebbero ottenuto un’identica proprietà di terreno. A quanto pare, proprio da questo lavoro nacque lo Stomàchion, un gioco simile al tangram e antenato del più celebre cubo di Rubik. Un gioco da portarsi in vacanza insomma, magari per distrarsi dalla nostalgia canaglia. Qualcuno diceva che non c’è nessun maggior dolore che ricordarsi del tempo felice nella miseria. E oggi è proprio il giorno giusto per farsi del male.

L’11 luglio del 1982, allo stadio Santiago Bernabeu di Madrid, si gioca la finale del campionato mondiale di calcio tra Italia e Germania Ovest. Il primo tempo termina a reti inviolate; è nel secondo che gli azzurri – con ben sei juventini in campo – salgono in cattedra e dopo il primo gol di Rossi al 57’, spiegano la geometria ai tedeschi. Roumenigge cerca di passare il pallone a Breitner che come uno scolaretto poco attento, alla tre quarti italiana, si fa anticipare e soffiare il pallone da Paolo Rossi, difensore inedito. Entra in gioco l’Archimede Scirea che durante la cavalcata verso la porta avversaria sembra fare un compendio del libro dello scienziato siracusano Della sfera e del cilindro: a centrocampo consegna la sfera sulla destra ai piedi di Conti che si accentra, effettua un dribbling quasi al limite dell’area avversaria prima dell’arrivo di Rossi. Pablito riconsegna la palla a Scirea dentro l’area, sulla destra, che dal cilindro pesca col destro un colpo di tacco a beneficio di Bergomi. Il passaggio è ancora per l’Archimede bianconero che temporeggia e poi sbeffeggia i difensori prima di passare la palla a Tardelli con un sinistro rasoterra verso il limite centrale dell’area: Tardelli stoppa a seguire col destro alzandosi quel poco la sfera per insaccarla con un sinistro al volo sul secondo palo, proprio nell’angolo irraggiungibile dal portiere.

Velocità, precisione, classe e geometrie forsennate fanno di quell’azione una figura geometrica da consegnare non ai libri di geometria ma a quelli di storia.

Non sarà un caso se il termine greco Stomàchion – quell’antico puzzle composto da quattordici pezzi tagliati in forme geometriche e complementari tra loro, che consentono al giocatore di formare un quadrato cambiando la combinazione in base alle proprie abilità – derivi da Stòmachos, irritazione, mal di pancia, presumibilmente la stessa creata dal rompicapo a tutti coloro che provavano a cimentarvisi. Perché i tedeschi, quella sera, dopo il gol sembravano attoniti, di certo irritati, con un mal di pancia da vertigine da calcolo combinatorio, fondamentale per risolvere lo Stomàchion ma anche l’azione di gioco. Dopo un’azione così, da perdere la brocca, non sarebbe potuto non arrivare anche il terzo gol, segnato all’81’ da Altobelli subentrato al 7’ minuto a Graziani. Partita finita. Non ci prendono più. Breitner, deciso a non essere definitivamente rimandato in geometria, si fa perdonare l’anticipo che portò all’azione del secondo gol della Nazionale Italiana segnando la rete della bandiera all’83’. I nobili siracusani furono soddisfatti e altrettanto i sei alfieri bianconeri, spina dorsale di una nazionale campione del mondo e promossa in geometria a pieni voti.

Ci auguriamo che quella attuale invece, passi, anche per il rotto della cuffia, gli esami a settembre. Con la speranza che il prossimo luglio, non sia necessario rifugiarsi di nuovo nel paradiso dei ricordi. D’altronde, con in panchina uno che di nome fa Gennaro, è lecito aspettarsi un miracolo.

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