Tour de France: Ancora Pogacar! Resiste Vingegaard, crolla Evenepoel


Pogacar, Pogacar, e ancora Pogacar. Alla scuola di giornalismo ci avrebbero bocciati. Anche se non fa più notizia, dobbiamo infatti ripetere una “non notizia”: e cioè che ha nuovamente vinto Tadej Pogacar, lo sloveno acchiappattutto che domina anche la cronoscalata di Peyragudes, una dura ascesa di 11 chilometri con punte micidiali del 16%.
Un’altro show di Tadej. Un’altra passerella regale che non dà scampo agli avversari. Il suo rivale, o meglio il suo ex rivale, Jonas Vingegaard, si becca altri 36 secondi che sommati al resto porta porta ad oltre 4 minuti il distacco complessivo dalla maglia gialla.
Il bello è che il danese ha fatto un ‘ottima prova, reagendo alla precedente batosta di Hautacam, e riuscendo anche a doppiare il belga Evenepoel, alla fine staccato di altri due minuti e mezzo.
Cosa aggiungere? Che Pogacar è il Migliore? Che è il nuovo Mattatore del ciclismo moderno? Che anche il vecchio e terribile Eddy Merckx, a questo punto, comincerà a preoccuparsi per la fine del suo lungo regno? Tutto giusto, tutto vero. Ormai Pogacar, alla sua quarta vittoria in questo Tour, dovrebbe correre in una categoria speciale: quella degli invincibili, degli extraterrestri, dei predestinati. Ma questa categoria al momento non è ancora prevista.
Se andiamo avanti così, visto che questo sabato 19 luglio ci aspetta il tappone del Tourmalet, qualcuno comincerà a porsi il problema. E cioè di assicurare ai battuti da Pogacar un premio speciale, una onorificenza per il coraggio e la determinazione con cui hanno tentato di contrapporsi a questo straordinario predatore del ciclismo e dello sport in generale.
Molti ci dicono di frenare gli entusiasmi, di ricordare che il Tour è ancora lungo, che manca ancora più di una settimana al traguardo di Parigi. Certo, di solito è una buona regola: non dire gatto se non ce l’hai nel sacco ammoniva il grande Giovanni Trapattoni. Però qui non si vede un’alternativa credibile, qualcuno che possa arrestare questo treno lanciato a tutta verso il suo quarto Tour.
Lo stesso Vingegaard, davvero ammirevole, ci ha messo l’anima. Si è visto chiaramente quanto abbia voluto reagire allo strapotere del nuovo Cannibale. Ha perfino doppiato Evenepoel. Però, alla fine della fiera,il danese si ritrova con altre 36 secondi sul gobbone.
Che lo sloveno sia una macchina da guerra lo si capisce anche dalle dichiarazioni nel dopo-corsa: “Sono felice come sempre. Questa volta non ho neppure ascoltato la radiolina: volevo andare a tutta, concentrarmi solo su come pedalavo. Mi ero preparato da tempo per questa crono e credo di aver fatto un buon lavoro”. Saluti e baci. Ecco, una cosa la possiamo dire: anche lui, Tadej, era sudato, quasi un po’ stanco. Con qualche capello fuori posto. Ma nulla di più, saldo e granitico come sempre.
Cosa altro si può dire? Che faceva molto caldo (35°)? Che il terzo miglior tempo è stato quello di Primoz Roglic arrivato con un minuto e 20 da Pogacar? Sì, il risveglio di Roglic è interessante, ma è un fuoco di paglia. Una buona prova di uno straordinario campione ormai sulla strada del tramonto. Se infine andiamo a guardar la classifica generale è davvero una Caporetto per tutti. Come diceva quel barbaro? Nessuna pietà ai vinti: ecco è così. La maglia gialla è prima con 4 minuti e 7 secondi su Vingegaard. Dopo, in terza posizione, arriva il povero Evenepoel, campione olimpico strapazzato come un uovo, con oltre sette minuti di ritardo da Pogacar.
Degli altri non parliamo, perchè si sprofonda negli abissi.Qui urge trovare un nuovo avversario che ridia suspense al Tour e al ciclismo tutto. Lo aspettiamo con ansia perchè questo sport, quando vince sempre lo stesso, anche se è un campione straordinario come Re Tadej, ha una pericolosa controindicazione: finisce per annoiare.
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Prima di concludere, un breve ricordo di Fabio Casartelli, morto sui Pirenei trent’anni fa, il18 luglio 1995, dopo una caduta nella discesa dal Col du Portet d’Aspet. Il corridore comasco, medaglia d’oro olimpica a Barcellona ’92, finendo a terra picchiò la testa contro un paracarro e nonostante il rapido trasporto in elicottero morì all’ospedale di Tarbes senza più riprendere conoscenza.
Un lutto terribile che fece il giro del mondo. Il giorno dopo tutti corridori per ricordarlo percorsero ad andatura turistica i 267 chilometri della sedicesima tappa Tarbes- Pau. Il 21 luglio, Lance Armstrong, suo capitano alla Motorola, vinse la tappa indicando il cielo per ricordare Casartelli.
Sono passati 30 anni, ma nonostante gli innegabili progressi per la sicurezza dei corridori (il casco obbligatorio, una volta non lo era), gli incidenti si ripetono, come quello accaduto a Samule Preevitera morto per un tragico impatto contro un cancello al Giro della Valle d’Aosta.
“Ho pensato a Lui e quanto sia duro e terribile questo sport” ha detto senza retorica Pogacar, leader naturale della carovana del Tour. E’ vero, il ciclismo è uno sport duro e doloroso che a volte, presi dall’esaperato agonismo, si tende a dimenticare. E quindi qualsiasi cosa si faccia per aumentare la sicurezza deve essere apprezzata e benvenuta. Anche quella di chi non è campione ma va in bicicletta per svago e lavoro.
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