Bergamo scommette sulla giustizia riparativa

Bergamo avrà un centro di giustizia riparativa accreditato presso il ministero della Giustizia. Verrà istituito in collaborazione con l’associazione InConTra, già individuata dalla Corte d’appello di Brescia come ente riconosciuto nei territori di riferimento di Brescia, Bergamo, Cremona e Mantova.
Il servizio offrirà, in ogni fase dell’esecuzione penale, la possibilità per le persone coinvolte di accedere volontariamente a programmi di giustizia riparativa, i cui esiti potranno incidere positivamente sull’ottenimento di benefici quali permessi premio, lavoro esterno o liberazione condizionale. «Questa possibilità è veramente importante, come amministrazione ci stiamo lavorando da molti anni», dice Marcella Messina, assessore Politiche sociali, sport, longevità e salute del comune di Bergamo.
«In occasione della Conferenza locale per la giustizia riparativa della Corte d’appello di Brescia dello scorso 23 luglio, il comune di Bergamo ha confermato la propria disponibilità ad avviare un centro di giustizia riparativa sul proprio territorio, in attuazione dell’art. 92 del decreto legislativo n. 150/2022, adottato in seguito alla Legge delega n. 134/2021 (la “riforma Cartabia”)», continua Messina. «L’amministrazione comunale ha ribadito l’impegno a promuovere in modo sempre più efficace progetti di mediazione dei conflitti, finalizzati allo sviluppo della comunità locale, attraverso un costante lavoro di rete con cittadini, associazioni e istituzioni pubbliche. È stata del tutto inaspettata la comunicazione della possibilità di aprire un centro di giustizia riparativa accreditato dal ministero della Giustizia nella nostra città, pensavamo di doverci unire a Brescia. Il riconoscimento di un centro a Bergamo vuol dire dare voce a tutto il lavoro svolto in questi anni».
«Vogliamo dare un luogo fisico al centro, in uno spazio del comune, nel cuore della città in un quartiere molto bello, Borgo Palazzo. Alcuni dipendenti comunali seguono questa progettualità, nella sede opereremo insieme ai mediatori dell’associazione InConTra. Mi sembra un lavoro molto interessante, sposa l’idea di un rapporto su questo tema in cui si intrecciano il pubblico e il privato». L’assessore sottolinea che «è importante che questo centro non sia isolato, ma attraversi tutte le aree, a partire da minori e famiglia, e dal lavoro in carcere: deve esserci un’integrazione trasversale di tutti gli interventi messi in atto».
«Ho ricevuto il protocollo per la costituzione del centro di giustizia riparativa, da parte del ministero, precondizione per poter poi accedere al finanziamento, lo porterò in Giunta il prossimo 28 agosto», prosegue Messina. Il protocollo dà delle linee di indirizzo, definendo dei Lep, Livelli essenziali di prestazione. «Ad esempio, dice che devono esserci sei mediatori esperti operativi venti ore ciascuno alla settimana, interpreti e che il comune può fare un appalto per il reperimento di queste risorse che deve partire entro 15 giorni dallo stanziamento dei fondi».
È importante che questo centro non sia isolato, ma attraversi tutte le aree, a partire da minori e famiglia, e dal lavoro in carcere: deve esserci un’integrazione trasversale di tutti gli interventi messi in atto
Marcella Messina, assessore Politiche sociali, sport, longevità e salute del comune di Bergamo
Nel protocollo è anche scritto che l’istituzione dell’ente deve avvenire «senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, essendo prevista la copertura mediante fondi propri iscritti nel bilancio dell’ente e mediante la quota del Fondo per il finanziamento degli interventi in materia di giustizia riparativa di cui all’art. 67, comma 1, del decreto legislativo n.150/2022». Il finanziamento non è stato ancora quantificato.
L’associazione InConTra si è costituita giuridicamente nel 2023, ma il centro di giustizia riparativa di Bergamo è nato molto prima, nel 2005, all’interno della Caritas diocesana, su spinta di un sacerdote, don Virgilio Balducchi, che all’epoca era cappellano in carcere. «Lavoriamo da 20 anni sul territorio. La giustizia riparativa è la giustizia dell’incontro, per questo ci chiamiamo così», dice Anna Cattaneo, mediatrice esperta, presidente dell’associazione InConTra.

«È importante sottolineare che il modello di giustizia riparativa è consensuale e volontario, è un percorso che iniziano solo le persone che vogliono farlo. Nel momento in cui chi ha commesso un reato si ravvede perché nell’incontro con la sua vittima, con la persona offesa, riesce a capire quello che ha fatto e a comprendere la sua responsabilità attivandosi per una riparazione, è chiaro che noi tutti ci guadagniamo. Perché la persona che attiva un percorso riparativo il reato commesso probabilmente non lo commetterà più».
In questo momento nel centro di giustizia riparativa InConTra di Bergamo operano 10 mediatori esperti e 20 mediatori sono in attesa di concludere l’iter formativo come previsto dalla riforma Cartabia. «Oltre a quello di Bergamo, anche il centro di giustizia riparativa di Brescia è stato accreditato dal ministero. Adesso il lavoro interessante sarà quello di creare una sinergia forte tra i due centri», prosegue Cattaneo, «per far sì che ci sia un modus operandi che faciliti l’evasione di tutte le richieste che arriveranno dal territorio. L’aspettativa è che ci sarà molto lavoro».
Serve molta collaborazione per far sì che la giustizia riparativa sia messa nella condizione di esprimere la sua vocazione originaria. È indispensabile, se vogliamo che sia uno strumento che vada a segno e non sia soltanto un modo per evadere delle pratiche giudiziarie, perché se diventa quello abbiamo perso tutti
Anna Cattaneo, mediatrice esperta, presidente dell’associazione InConTra
La giustizia riparativa «si può attivare durante tutte le fasi del procedimento penale: nell’indagine, nella cognizione, nell’esecuzione. Un importante lavoro, in parte già fatto da quando è stata promulgata la legge 150/2022 ad oggi, che adesso dovrà essere potenziato, è quello di dialogo tra i mediatori e gli operatori del diritto (i magistrati e gli avvocati), per poter comprendere quali possono essere le prassi più idonee per attivare i percorsi di giustizia riparativa nelle diverse fasi del procedimento penale», continua Cattaneo.

«Serve molta collaborazione per far sì che la giustizia riparativa sia messa nella condizione di esprimere la sua vocazione originaria. È indispensabile, se vogliamo che sia uno strumento che vada a segno e non sia soltanto un modo per evadere delle pratiche giudiziarie, perché se diventa quello abbiamo perso tutti. In gioco c’è una visione diversa della giustizia, una visione che può facilitare davvero la costruzione di una società più responsabile, più matura, più adulta».
Foto dell’associazione InConTra
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