Condannato per mafia e arrestato 20 anni dopo, il Riesame lo rimette in libertà: «Ormai è fuori dal clan»

Era stato arrestato più di vent’anni dopo i fatti e otto mesi dopo la sentenza di primo grado che lo ha condannato a 15 anni e 4 mesi di reclusione, senza che mai in questi decenni qualche giudice ne avesse evidenziato il pericolo di fuga: dopo circa tre settimane il Tribunale del Riesame ha disposto la scarcerazione di Giovanni Belviso, 49enne barese, coinvolto nel blitz Velvet che l’8 luglio scorso ha portato in cella otto presunti affiliati al clan Velluto.
Un rarissimo caso di ordinanza cautelare applicata dopo la sentenza di primo grado. A novembre 2024, infatti, il Tribunale ha inflitto fino a 30 anni di reclusione a 24 persone a più di vent’anni dai primi fatti contestati (2002), con molti degli imputati ormai liberi. Il clan Velluto - secondo i giudici - è ancora pienamente operativo e pericoloso e quindi otto mesi dopo la sentenza per i due capi e sei presunti sodali, condannati per reati di mafia e traffico di droga, hanno disposto la carcerazione dei presunti vertici del gruppo criminale con base operativa nella zona di San Marcello (quartiere San Pasquale).
Recenti indagini e le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia avevano rivelato che il clan continuava a gestire attività illecite legate soprattutto allo spaccio di droga (vicende sulle quale le indagini sono ancora in corso). Tra i sodali ritenuti tuttora pericolosi c’era anche Belviso, assistito dall’avvocato Nicola Quaranta. Per lui, però, la stessa sentenza aveva evidenziato che «l’imputato aveva abbandonato la vita criminale dal 2008». Per circa quindici anni con la famiglia ha gestito una salumeria e non sarebbero neanche emerse in tutto questo arco temporale frequentazioni con pregiudicati. Ha trascorso gli ultimi 17 anni della sua vita in libertà, tranne una breve detenzione per estorsione a maggio 2024 (annullata qualche giorno dopo per assenza dei gravi indizi di colpevolezza, vicenda ancora pendente).
Tutti, però, (per alcuni dei quali il Riesame ha confermato le misure cautelari) erano stati ritenuti dai giudici «delinquenti abituali», continuando ad essere «inseriti nel circuito criminale, a frequentarsi tra loro, a vivere di proventi delle attività illecite, risultando infatti privi di reddito ed in gran parte sorvegliati speciali, oltre che per essere coinvolti, di recente, in altri gravi fatti di reato», come estorsioni, agguati e spaccio. Evidentemente non tutti.
La Gazzetta del Mezzogiorno