Destra estrema e criminale, l’album di famiglia del terrorismo nero nel libro di Gianluca Barbera

Il libro di Gianluca Barbera
Se gli ex fascisti indagassero anche dolorosamente le loro radici ne verrebbe un contributo prezioso alla democrazia. È singolare come le rarissime memorie autocritiche siano sempre reticenti

L’omicidio di Ramelli è puro orrore, e ci mostra l’aberrazione cui può giungere l’ideologia. Però, nonostante tutto, estremismo rosso ed estremismo nero degli anni di piombo non sono equiparabili, e non solo perché il primo – pur compiendo efferatezze – non si macchiò mai di stragi indiscriminate verso civili. Ci aiuta a capirlo, tra l’altro, un bel libro, documentatissimo e scrupoloso di Gianluca Barbera, Destra estrema e destra criminale (Newton Compton). Ma cominciamo dall’inizio.
Forse l’espressione “strage di stato”, come si intitolava un celebre libro-inchiesta pubblicato nel 1970 da Samonà e Savelli, era troppo generalizzante (in realtà le stragi nel nostro paese hanno avuto la copertura di alcuni apparati dello stato). Eppure l’altra espressione, ad essa inestricabilmente legata, di “strategia della tensione”, apparve ai primi di dicembre del 1969 sull’ Observer e sul Guardian, non su qualche pamphlet dell’estrema sinistra. Indicava una strategia che puntava all’isolamento del Pci in una situazione di forte conflitto sociale, facendo leva sulla paura (la scissione del Psdi di Saragat dell’anno prima andava in quella stessa direzione). I due giornali inglesi si mostravano certi della preparazione di un colpo di stato in Italia con il sostegno dei neofascisti e di settori militari. Proprio dalla bomba – 16 chili di tritolo, 17 morti e decine di feriti – che esplose il 12 dicembre 1969 in una filiale della Banca dell’Agricoltura a Milano, prende le mosse il libro di Barbera.
Fu il “primo anello di una catena di sangue il cui scopo è minare la credibilità dello Stato”, destabilizzare il paese e “favorire una svolta autoritaria attraverso la proclamazione dello stato di emergenza”. Di quella strage, e di altre successive, la magistratura non riuscirà sempre a individuare e punire i responsabili. Anche se la Commissione parlamentare d’inchiesta (Gualtieri-Pellegrino) ne spiegò minuziosamente i motivi – all’interno della Guerra Fredda – , indagando sul fenomeno eversivo nero dispiegatosi in Italia – unico paese europeo! – dal 1969 in poi. Fondamentale il concetto di “stato parallelo”, un corpo occulto che ha lambito apparati istituzionali, ha favorito la collusione con terroristi neofascisti (ingaggiati dai servizi segreti), contro un nemico comune. Il capo di stato maggiore dell’Aeronautica rivelò allora che “per noi delle forze armate un terzo del Parlamento era il nemico”. Alla luce di questa spaventevole dichiarazione si spiegano le organizzazioni clandestine (stay-behind), e le strutture paramilitari (Gladio) create dagli USA negli anni’50 in funzione antisovietica. Anche solo una vittoria elettorale del Pci avrebbe provocato un intervento. Questa la prima importante acquisizione di Barbera.
Alla fine del libro Barbera propone una conta delle vittime – tra il 1969 e il 1982 – agghiacciante ma non priva di interesse storico. Soltanto un dato. Numero di morti e feriti in attentati: causati da gruppi di sinistra 169, causati da gruppi di destra 758. Se poi scorriamo l’indice ripercorriamo la lunga scia di sangue di quel periodo, e cioè la fitta sequenza di attentati, stragi, omicidi, tentativi di golpe imputabili alla destra estrema: dal golpe Borghese a Licio Gelli, da Peteano a piazza della Loggia a Brescia, dall’Italicus alla stazione di Bologna. Dietro le quinte Ordine Nuovo e Avanguardia Nazionale, e poi i molteplici gruppuscoli nati dallo sfaldamento di queste due organizzazioni. Lì dove c’era una battaglia politica per ampliare la democrazie ed espandere i diritti (civili e del lavoro), ci si trovava sempre davanti i neofascisti, a sprangare e mettere le bombe! Non bastassero le stragi realizzate, innumerevoli sono state infine le stragi fasciste mancate. Solo un esempio.
Mi ha impressionato – abito nel quartiere romano di Testaccio – apprendere di un attentato alla sezione testaccina del Partito Socialista Italiano, pianificato dai Nar: in questo caso, l’ordigno, collocato sul davanzale della finestra di una sala in cui si teneva un’affollata riunione, non deflagrò perché la polvere pirica si era inumidita. Se la bomba fosse esplosa ne sarebbe conseguita una ferita indelebile nel cuore popolare della capitale. Nei gruppi della destra estrema non c’è tanto e solo un estetismo della violenza “epica” o spettacolare, che pure sfiorò i servizi d’ordine dei gruppi di sinistra quanto un culto della violenza in sé, perfino come momento di maturazione individuale, rivolto ai propri membri: nei raduni di CasaPound vigeva la pratica della cinghiamattanza, ovvero cinghiate micidiali contro tutti, poiché sangue e dolore fortificano. Dopo un “ripasso” biografico dei personaggi principali dell’estremismo nero, delle loro malefatte e del loro destino spesso turbolento – alcuni sono viventi e restano delle icone per le nuove generazioni (come Freda) – , seguono alcune pagine sui legami non propriamente accidentali tra Giorgia Meloni e quell’area politica. Su questo la celebre inchiesta di Fanpage ha rivelato una verità imbarazzante e inoppugnabile. Ora, non intendo inchiodare nessuno al suo passato, né insinuare connivenze tra attuale destra di governo e destra criminale.
Però come ha detto Benedetta Tobagi, figlia del giornalista assassinato nel 1989 da un terrorista rosso, “Fratelli d’Italia non vuole fare i conti con l’album di famiglia del terrorismo nero”. Ed è un peccato! Se gli esponenti di destra – e proprio quelli che provengono da quell’area – indagassero criticamente, seriamente e anche dolorosamente le loro radici, ne verrebbe un contributo prezioso alla democrazia. È singolare come le memorie autocritiche di ex comunisti siano sempre di estremo interesse (da Koestler a Silone) mentre quelle di ex fascisti, peraltro assai più rare, siano sempre reticenti e di scarso rilievo. Forse perché nella tradizione comunista si ritrova comunque un momento ineludibile di confronto con la verità (Marx cercava una verità delle cose, della Storia stessa), mentre nel fascismo italiano – al di là di tutta la retorica sull’onore – sono prevalsi quasi sempre ambiguità e opportunismo.
l'Unità