Heysel, 40 anni fa la tragedia tra disorganizzazione e violenza degli hooligans

Quello che accadde allo stadio Heysel di Bruxelles il 29 maggio del 1985, giorno della finale di Coppa dei Campioni tra la Juventus e il Liverpool, rimarrà per sempre nella mente dei tifosi italiani. Non solo perché si consumò la tragedia più grande del nostro calcio, con 39 morti, di cui 32 connazionali, ma perché avvenne in diretta tv, raccontata con toni comprensibilmente drammatici da Bruno Pizzul, inviato dalla Rai per la telecronaca della finale.
Una tragedia nata per colpa di organizzatori e bagariniLa tragedia avvenne soprattutto per colpa degli organizzatori che destinarono uno spicchio della curva Nord (il settore Z, adiacente al settore X) a tifosi belgi, neutrali. Gran parte dei biglietti, però, finì nelle mani dei bagarini che li vendettero a famiglie di tifosi juventini arrivati a Bruxelles con la voglia di assistere alla partita. Il settore della curva destinata ai supporters inglesi, per lo più ubriachi, venne riempito all’inverosimile, complici anche gli scarsi controlli all’ingresso che consentirono a diversi di loro di entrare scavalcando direttamente da dietro le mura fatiscenti e basse dello stadio.
Solo 5 poliziotti tra il settore X e il settore ZIl dramma avvenne circa un'ora prima del calcio d’inizio, attorno alle 19.20. Una numerosa frangia di hooligans, ovvero la parte più accesa e violenta, iniziò a spingere a ondate verso il settore Z, controllato da appena 5 poliziotti. Un po’ per farsi spazio, soprattutto per provocare delle risse con lancio di oggetti (pietre, bastoni, lattine, bottiglie e petardi). Così facendo sfondò la fragile rete che divideva le due zone. I tifosi bianconeri, che non facevano parte dei gruppi organizzati della Juventus, alloggiati nella curva opposta, non risposero alle provocazioni. Anzi, impauriti, tentarono la fuga.

L’episodio trovò impreparate le forze dell’ordine belghe che, malgrado la pressante richiesta della gente, impedì che i tifosi si riversassero sul campo. Le conseguenze furono terribili. La gente, quasi inevitabilmente, si accalcò verso il muro di destra che si affacciava su una via di fuga, di fronte alla tribuna coperta. Nella grande ressa che venne a crearsi, alcuni si lanciarono nel vuoto per evitare di rimanere schiacciati, altri cercarono di scavalcare gli ostacoli ed entrare nel settore adiacente, altri ancora si ferirono contro le recinzioni che davano sul campo. Il muro a un certo punto crollò per il troppo peso e numerose persone rimasero schiacciate, calpestate dalla folla e uccise nella corsa verso una via d'uscita, per molti rappresentata da un varco aperto verso il terreno di gioco.
Il bilancio fu di 39 morti e oltre 600 feritiA un certo punto dagli altoparlanti dello stadio si sentirono le voci dei capitani delle due squadre, Phil Neal e Gaetano Scirea, che invitavano alla calma, senza tuttavia capire quello che stava realmente accadendo. Solo dopo più di mezz'ora, un battaglione mobile della polizia belga, che inizialmente si trovava a un chilometro di distanza dallo stadio, giunse per ristabilire l'ordine. Gli scampati alla tragedia si rivolsero ai giornalisti in tribuna stampa chiedendo loro di telefonare in Italia per rassicurare i familiari. Si contarono 39 morti e oltre 600 feriti.
Si giocò lo stesso per motivi di ordine pubblicoIn seguito alla tragedia, si decise di giocare ugualmente la partita: la decisione fu presa dalle forze dell'ordine e dai dirigenti Uefa solo per motivi di ordine pubblico, allo scopo di evitare ulteriori tensioni, nonostante l'iniziale richiesta della Juventus di non giocare. Le due squadre scesero in campo alle 21.40, con un'ora e 25’ di ritardo. La partita terminò con il risultato di 1-0 per la Juventus, che si laureò campione d'Europa per la prima volta nella sua storia.
Per la tragedia hanno pagato in pochiPer la tragedia pagarono in pochi e troppo poco. La giustizia belga condannò solo 12 tifosi inglesi (3 per 5 anni e 9 per 4) più il segretario della federcalcio belga, per aver permesso che nel settore Z ci fossero tifosi italiani, e un responsabile delle forze di polizia.
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