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Matricidio di Leporano, parla il nipote della vittima. Dopo il delitto Dettori disse: «Il posto al cimitero c'è, manca la bara»

Matricidio di Leporano, parla il nipote della vittima. Dopo il delitto Dettori disse: «Il posto al cimitero c'è, manca la bara»

«Va beh…il posto al cimitero ce l’ha, bisogna solo comprare la bara». Sono queste le parole che avrebbe detto il 46enne Salvatore Dettori poco dopo il ritrovamento del corpo della madre, la 73enne Silvana La Rocca, uccisa a coltellate e privata del cuore lo scorso 13 novembre nella sua villetta a Leporano. A raccontarlo, ieri mattina, è stato il nipote della vittima, il carabiniere Cosimo La Rocca e cugino del 46enne imputato con l’accusa di omicidio pluriaggravato. Nel ripercorrere i momenti di quel macabro ritrovamento il nipote della vittima è lucido, nonostante l’emozione che lo obbliga a fermarsi per alcuni istanti prima di riprendere il racconto. Una ricostruzione dettagliata e precisa di quel 14 novembre quando era stato chiamato al telefono dall’altro figlio della 73enne, Enea Dettori, che vive in Francia da alcuni anni e che non sentendo la mamma da giorni aveva chiesto proprio a lui di dare un’occhiata. Così, aveva scavalcato il cancello vedendo le luci della villetta insolitamente spente e dopo aver fatto il giro della proprietà per due volte in cerca di una finestra aperta o una porta socchiusa, ha avuto l’idea di guardare dov’era parcheggiata l’auto della vittima: ed è lì infatti che verrà ritrovato il corpo della donna. Quando il 46enne è giunto nella villa di famiglia non si è avvicinato alla salma della madre, ma anzi avrebbe indietreggiato evitando il contatto fisico con il cugino che cercava di dargli conforto e si sarebbe rannicchiato accanto alla porta di ingresso. Da lì a poco l’arrivo dei carabinieri e poi quella frase: «Eravamo io e lui. Mentre fumava parlando a voce alta ha detto qualcosa che mi ha raggelato» ha spiegato ai giudici della Corte d’assise.

Durante l’udienza dinanzi al presidente Fulvia Misserini e al giudice Loredana Galasso sono stati ascoltati anche gli investigatori che avevano effettuato i primi sopralluoghi e le perquisizioni in casa dell’imputato dove era stato ritrovato un arsenale di armi bianche.

A poche ore dal rinvenimento del cadavere, infatti, i carabinieri hanno perquisito il figlio della vittima dopo aver notato qualcosa sotto la giacca: lì, dietro la schiena, era nascosto uno scudo con due sciabole incrociate in acciaio. Da quel momento, Dettori – difeso dagli avocati Emanuele Catapano e Francesco D’Errico - è diventato infatti il principale indiziato fino all’interrogatorio con il pubblico ministero Salvatore Colella quando ha infine ammesso di aver massacrato la madre e di averle estratto il cuore a mani nude per poi liberarsene. Il 46enne aveva sorpreso la donna alle spalle in giardino e aveva inflitto una prima coltellata al collo, le altre tra addome e torace.

Un orrore folle che Dettori aveva spiegato sostenendo che l’anziana donna fosse sotto l’influenza di una setta di vampiri e che lo costringesse a mangiare carne umana preparandogli pietanze a base dei resti del padre, operaio dell’Ilva morto nel 2002 in un incidente nella fabbrica.

Nel processo, oltre al figlio Enea, anche alcuni fratelli e sorelle di Silvana La Rocca si sono costituiti pare civile attraverso gli avvocati Rosaria Bova e Nicola Petrini.

La Gazzetta del Mezzogiorno

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