Palese incompetenza. Sgombero del parcheggio Anas, Grasso inguaia il comune di Casamicciola


Dal Tar Campania arriva una sonora bocciatura per l’ing. Gaetano Grasso, potente “dirigente” del Comune di Casamicciola Terme, per essersi arrogato poteri che spettavano solo al sindaco. Il caso portato all’attenzione dei giudici amministrativi è quello del parcheggio Anas, una cui porzione era stata adibita ad area di deposito per la ditta esecutrice dell’intervento all’alveo La Rita, che era ancora in corso.

A giugno dello scorso anno Grasso, all’epoca responsabile dell’Area Tecnica, aveva ordinato all’impresa «di rimuovere ad horas gli elementi prefabbricati di grossa dimensione e di liberare l’area occupata all’interno del parcheggio ANAS sito in Casamicciola Terme alla Via Tommaso Morgera (ex SS270)». Ad agosto, constatata l’inottemperanza, aveva disposto lo sgombero forzato in danno dei prefabbricati. Stabilendo che tutto quanto rimosso sarebbe stato depositato nel Pio Monte della Misericordia. Grasso motivava i provvedimenti con la circostanza che «l’area del parcheggio ANAS secondo il Piano di Protezione Civile Intercomunale è stata individuata come area strategica cioè “Luogo di convergenza ove ammassare le forze d’intervento (uomini materiali e mezzi), da utilizzare ed eventualmente smistare successivamente” in caso di calamità naturali».
Ed è stato proprio questo “richiamo” a fregare l’ingegnere.La ditta esecutrice, la “I.G.C.” di Catania, ha impugnato l’ordinanza dirigenziale n. 39 del 26/06/24 e tutti gli altri atti presupposti, annessi e conseguenziali. Il Comune, nonostante si sia costituito difeso dall’avv. Alessandro Barbieri, ha incassato la sentenza “punitiva”.
Come evidenzia da subito il collegio della Quinta Sezione, con il ricorso proposto a settembre scorso la ditta chiedeva l’annullamento non solo dell’ordinanza, ma dei successivi atti, in particolare «il verbale di inottemperanza redatto il 14 agosto 2024; l’avviso di sgombero notificato il 20 agosto 2024, con previsione dell’esecuzione forzata e addebito dei costi di rimozione per un importo di euro 6.100 più euro 126 giornalieri per deposito; il silenzio serbato dal Comune in ordine alla diffida trasmessa dalla ricorrente in data 23 luglio 2024».
INTERRUZIONE DEI LAVORILa “I.G.C. nel ricorso ha ben specificato «di essere titolare di un contratto di appalto per la manutenzione idraulica e sistemazione dell’alveo “La Rita”, aggiudicato dalla Città Metropolitana di Napoli, per l’esecuzione del quale aveva ricevuto l’uso dell’area in questione a titolo di deposito temporaneo per materiali ingombranti».
Qui viene evidenziato un primo errore addebitabile all’Ente: «Il Comune, con nota del 27 giugno 2023, ne ordinava lo sgombero per destinarla a parcheggio pubblico. Successivamente, con nota del 31 gennaio 2023, lo stesso Comune riconosceva la disponibilità dell’area in capo alla Città Metropolitana». Le date non sono proprio esatte, ma il concetto è chiaro. Soprattutto la contraddizione in cui è caduto Grasso. La ditta catanese ha infatti lamentato che «Nonostante tale riconoscimento, il Comune di Casamicciola ha adottato l’ordinanza oggetto di impugnativa, avvalendosi – secondo la ricorrente – di poteri di protezione civile in assenza dei presupposti di legge, determinando lo sgombero forzoso dell’area nel mese di agosto 2024, con conseguente interruzione dei lavori oggetto di appalto». Un aspetto, quest’ultimo, che rende ancora più grave l’intera vicenda e la testardaggine a voler imporre a tutti i costi la liberazione dell’area.
GLI ERRORI E LE CONTRADDIZIONI DEL COMUNETra i diversi motivi di impugnazione, il primo si è rivelato dirimente e “assorbente”, ovvero quello della incompetenza del dirigente. Quella ordinanza infatti era stata adottata «invocando poteri di protezione civile riservati ex lege al Sindaco quale ufficiale di governo. L’adozione da parte di un dirigente, privo di competenza in materia di ordinanze contingibili e urgenti, integra un vizio radicale per incompetenza assoluta».
Ad ogni modo il ricorso ha evidenziato anche la carenza dei presupposti per l’adozione di provvedimenti straordinari: «L’utilizzo della motivazione legata alla protezione civile sarebbe pretestuoso, in carenza di reale pericolo attuale e imminente per la pubblica incolumità. L’intervento comunale risponderebbe a finalità turistiche (destinazione dell’area a parcheggio) in luogo di quelle di tutela del territorio o emergenza».
Sta di fatto però che, come detto, «l’area oggetto di sgombero non rientrerebbe nella disponibilità giuridica del Comune, ma di quella della Città Metropolitana, come da nota del Comune stesso del gennaio 2023. L’atto impugnato contrasta quindi con atti ufficiali del medesimo ente resistente».Contestata anche l’assenza della preventiva comunicazione di avvio del procedimento e della motivazione idonea a giustificare l’urgenza.
Infine è stata invocata la illegittimità del silenzio serbato sull’istanza del 23 luglio 2024: «La ricorrente contesta l’inerzia dell’amministrazione in ordine alla diffida trasmessa, che avrebbe dovuto determinare un’attivazione in autotutela per riesaminare l’atto. L’amministrazione ha omesso ogni risposta, in violazione degli obblighi di cui alla legge n. 241/1990».
IL COSTO DELLE ATTIVITA’ E IL RISARCIMENTOA fronte di queste “accuse” il Comune di Casamicciola Terme ha eccepito in via preliminare l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, «avendo la ricorrente ottemperato all’ordinanza e richiamando la natura demaniale dell’area, che renderebbe necessaria una formale subconcessione mai richiesta». Nel merito, poi, ha sostenuto la piena legittimità del provvedimento impugnato, «che sarebbe espressione del potere sanzionatorio in materia edilizia, ex art. 35 del D.P.R. 380/2001, e non già di un potere giustificato dalla contingibilità e dall’urgenza. Ha altresì negato la sussistenza di un obbligo di provvedere in relazione alla diffida del 23 luglio 2024».L’Ente ipotizzava addirittura degli abusi edilizi, ma ha finito con il contraddire se stesso, come poi rilevato in sentenza. Il Tar, con ordinanza collegiale, aveva rigettato l’istanza di sospensiva, concessa invece dal Consiglio di Stato.
Sta di fatto che all’esame del merito il collegio presieduto da Maria Abruzzese ha “spazzato via” ogni giustificazione. Prima ha respinto l’eccezione di improcedibilità del ricorso per assoluta carenza d’interesse in quanto, come evidenziato dalla ricorrente, «l’interesse di quest’ultima all’annullamento dell’impugnata ordinanza dirigenziale n. 39 del 26/06/24 persiste sia in ragione della possibilità di riutilizzare l’area necessaria al fine di completare i lavori oggetto di appalto, sia per non essere costretta a corrispondere l’ingiunta somma per la rimozione e la custodia dei manufatti ivi precedentemente installati pretesa dal Comune, sia, in ultimo, ed in via residuale, per accertarne l’illegittimità anche ai fini del risarcimento del danno». Una ulteriore mazzata per l’Ente.
RESPINTE LE TESI DIFENSIVE DEL COMUNEIl ricorso è stato ritenuto fondato, come detto, «assumendo portata decisiva ed assorbente la prima delle articolate doglianze con cui la ricorrente ha contestato la competenza ad adottare l’impugnata ordinanza da parte del responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Casamicciola Terme, essendo il provvedimento de quo espressione dei poteri extra ordinem attribuiti esclusivamente al Sindaco ai sensi degli artt. 12, comma 5, del D.Lgs. 1/2018 e 54, comma 4, del D.Lgs. 267/2000».
Il Tar ha messo all’angolo l’ing. Grasso. La sentenza innanzitutto evidenzia che l’ordinanza «è stata adottata dal Responsabile dell’Area Tecnica del Comune di Casamicciola Terme e si fonda, secondo quanto emerge dal provvedimento stesso e dagli atti difensivi comunali, sulla necessità di rimuovere presunti manufatti abusivi e di destinare l’area ad uso strategico nel contesto del Piano di Protezione Civile, essendo tale necessità emersa anche in ragione delle calamità naturali che avevano interessato il territorio del resistente Comune».Una tesi che in sede di difesa l’Ente ha cercato di “rimangiarsi”, ma gli è andata male. Il collegio infatti controbatte: «Orbene, diversamente da quanto prospettato dal Collegio in sede cautelare, benché l’amministrazione resistente abbia in sede difensiva prospettato la riconduzione del provvedimento nell’alveo dei poteri ordinari di repressione degli abusi edilizi (art. 35 del D.P.R. 380/2001), dal contenuto letterale e dalla struttura dell’ordinanza, emerge che la ratio che ha animato l’intervento è piuttosto riconducibile alla tutela della pubblica incolumità nell’ambito di un contesto emergenziale e, dunque, ai poteri straordinari previsti dagli articoli 12, comma 5, del D.Lgs. n. 1/2018 e 54 del D.Lgs. n. 267/2000 (TUEL)».
Qui viene citata la giurisprudenza secondo cui la qualificazione degli atti amministrativi oggetto di giudizio spetta al giudice amministrativo, «dovendo l’esatta qualificazione di un provvedimento essere effettuata solo alla luce del suo effettivo contenuto e della sua causa reale», con la conseguenza «che l’apparenza derivante da una terminologia eventualmente imprecisa o impropria, utilizzata nella formulazione testuale dell’atto stesso, non è vincolante né può prevalere sulla sostanza».
E il Tar osserva «come l’atto in questione richiami espressamente le finalità del Piano di protezione civile, facendo leva sull’urgenza e sulla necessità di interventi immediati per la liberazione dell’area, da utilizzare in caso di calamità naturali o emergenze».Infatti «il tenore precettivo dell’ordinanza, l’utilizzo della formula “ad horas”, nonché la contestuale esecuzione forzata depongono inequivocabilmente per la sua natura extra ordinem, ovverosia di ordinanza contingibile e urgente».
I COMPITI DEI DIRIGENTIStabilita la natura della ordinanza, ne consegue che l’ing. Grasso non era titolato ad adottarlo. La sentenza infatti chiarisce: «È principio consolidato nella giurisprudenza amministrativa che il potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti è esclusivamente attribuito al Sindaco, nella sua qualità di ufficiale del Governo ai sensi dell’art. 54, comma 4, TUEL. Tali provvedimenti, per loro natura derogatori rispetto alla legalità ordinaria, non possono essere delegati a dirigenti o funzionari amministrativi». E una ulteriore conferma è giunta dalla Corte Costituzionale, trattandosi di atti «ammissibili solo al ricorrere di una situazione di imprevedibilità, eccezionalità e attualità del pericolo e adottabili esclusivamente dall’autorità di vertice politico».
Nel caso di Casamicciola, «il dirigente comunale ha assunto una funzione che non gli è attribuita dall’ordinamento, incidendo su diritti soggettivi con un atto che, per finalità e contenuto, può essere qualificato solo come ordinanza contingibile e urgente, tipica espressione di potere sindacale».
Ne consegue «l’illegittimità dell’ordinanza contingibile ed urgente adottata dal dirigente o funzionario responsabile del settore amministrativo interessato e non dal Sindaco, ove il medesimo agisca in materia di ordine e sicurezza pubblica quale ufficiale di governo e, quindi, nell’ambito di poteri non delegabili a distinti organi o componenti dell’Amministrazione comunale, essendo al dirigente attribuiti compiti di ordinaria gestione del patrimonio comunale che non prevedono l’adozione di provvedimenti extra ordinem a tutela dell’incolumità collettiva e della sicurezza». Più chiaro di così! Grasso ha sbagliato.
L’ABUSIVISIMO EDILIZIO NON C’ENTRARespinte anche le altre giustificazioni del Comune, come il richiamo della norma che conferisce ai dirigenti la gestione amministrativa, finanziaria e tecnica, «ma non attribuisce loro poteri di ordinanza in materia di pubblica sicurezza e incolumità, i quali restano saldamente ancorati alla figura del Sindaco». Idem per il tentativo di far rientrare l’ordinanza nei casi previsti dall’art. 35 del D.P.R. 380/2001: «tale norma riguarda l’abusivismo edilizio e presuppone un iter accertativo e sanzionatorio distinto, non compatibile con la ratio e l’urgenza sottesa all’atto impugnato».
La sentenza è lapidaria: «È dunque fondata la censura di incompetenza assoluta, che comporta l’illegittimità radicale dell’atto per violazione dell’ordinamento delle competenze».Aggiungendo che «pur in assenza di un espresso richiamo normativo all’art. 54 TUEL, l’ordinanza reca motivazioni connesse a esigenze di sicurezza pubblica e protezione civile, come l’asserita destinazione dell’area a fini emergenziali, e dispone misure immediatamente esecutive, confermando la natura straordinaria e urgente dell’intervento». Ne consegue «la palese incompetenza dell’organo emanante, con vizio insanabile dell’atto ed assorbente delle altre censure».
L’incompetenza dell’ing. Grasso, che comporta l’annullamento della ordinanza e degli atti successivi, espone ora il Comune di Casamicciola a una serie di problemi: la ditta chiederà di rientrare in possesso dell’area, non pagherà il costo della rimozione e del deposito dei prefabbricati e potrebbe anche chiedere il risarcimento dei danni. Per l’ingegnere un brutto “scivolone”.
Il Dispari