Russia/USA – Dal bluff al disastro: sottomarini vicini, diplomazia lontana

È una dinamica a senso unico, al limite del grottesco. La Russia è quotidianamente bersagliata da minacce, ultimatum, provocazioni verbali e analisi mediatiche che prescindono del tutto dall’osservazione dei fatti. Qualsiasi perdita, reale o presunta, sul piano militare o umano, viene celebrata con compiacimento dalla stampa occidentale, che sembra aver smarrito ogni parvenza di sobrietà giornalistica. In questo clima, il presidente Trump torna a dettare scadenze ultimative alla Russia: prima 50 giorni, poi ridotti improvvisamente a 10. Ma guai a chi, dalla parte russa, si azzarda a rispondere: se un Medvedev pronuncia parole dure, il presidente del Paese egemone — tra un ricevimento e l’altro nel suo campo da golf — reagisce piccato e grida alla minaccia, ordinando l’avvicinamento di sottomarini nucleari alle coste russe.
Il tutto, ovviamente, nel silenzio complice dei media mainstream, che si limitano a fare da cassa di risonanza senza fornire alcuna spiegazione. Eppure, ciò che sta accadendo non è un gioco, né uno scambio di schermaglie verbali da campagna elettorale. È una pericolosa escalation che rischia di spostare gli equilibri strategici mondiali.
A tal proposito, è interessante riportare quanto affermato da Pravda.ru, che — a dispetto dei pregiudizi occidentali — sembra offrire oggi una logica più concreta di molti commentatori occidentali. Riportiamo qui i passaggi principali dell’articolo pubblicato il 2 agosto 2025, nella sua versione russa e inglese:
Verso l’attacco nucleare? Trump vuole alterare l’equilibrio al largo delle coste russeTrump minaccia la Russia con sottomarini nucleari
Il presidente Donald Trump ha annunciato sui social media di aver ordinato lo spostamento di “due sottomarini nucleari” più vicino alle coste russe. Il provvedimento è stato definito come un deterrente nel caso in cui le dichiarazioni del vicepresidente del Consiglio di Sicurezza russo Dmitrij Medvedev “si rivelassero qualcosa di più”.
“Le parole (di Medvedev) sono molto importanti e possono spesso portare a conseguenze impreviste. Spero che questo non sia uno di quei casi”, ha scritto Trump.
È interessante notare che questa volta il messaggio è stato redatto in caratteri normali, e non nel solito Caps Lock. Questo ha spinto molti analisti statunitensi a dubitare che l’autore del post sia realmente Trump. Ciò non toglie, però, che il messaggio sia stato preso molto sul serio, proprio perché non appare come una minaccia vuota.
Medvedev, in un post precedente, aveva menzionato il sistema sovietico di risposta automatica nucleare Perimetr (noto in Occidente come “Dead Hand”), avvertendo che gli ultimatum americani stanno portando pericolosamente gli Stati Uniti verso una guerra con la Russia.
Secondo diversi esperti occidentali, Medvedev sarebbe in realtà il portavoce non ufficiale di Putin, che per ragioni diplomatiche non può esprimersi direttamente. Questo spiegherebbe anche perché in Occidente è ormai tramontata l’illusione di un successore “riformista” in stile Gorbaciov, e cominciano invece ad affiorare appelli per un dialogo diretto proprio con Putin.
Una minaccia militare priva di fondamento operativoDal punto di vista strettamente militare, la mossa di Trump appare più simbolica che concreta. I sottomarini lanciatori di missili balistici, infatti, possono colpire obiettivi a migliaia di chilometri di distanza: la loro posizione relativa alle coste russe ha poca rilevanza operativa e, anzi, un loro ridispiegamento potrebbe persino comprometterne la segretezza strategica.
Lo afferma, tra gli altri, Mark Cancian, colonnello in pensione dei Marines e analista del Center for Strategic and International Studies di Washington, secondo cui i missili balistici di cui sono dotati questi sottomarini non hanno capacità intercettive, ma esclusivamente offensive. Le parole di Trump, conclude Cancian, sono solo un “segnale politico al Cremlino”.
Una vecchia strategia: bluff e intimidazioneTrump aveva già utilizzato toni simili nel 2018 contro il leader nordcoreano Kim Jong-un, vantando su Twitter un “bottone nucleare molto più grande e potente”. Ma quegli incontri si conclusero con un nulla di fatto, e oggi Kim rifiuta qualsiasi contatto se non a patto che gli Stati Uniti riconoscano la Corea del Nord come potenza nucleare.
È possibile, quindi, che anche oggi Trump stia cercando di “negoziare” con la Russia sulla base del nervosismo, del bluff e della pressione psicologica — una strategia che potrebbe funzionare con altri attori, ma non certo con il Cremlino.
Putin, infatti, nel recente incontro con il presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko, ha annunciato che il nuovo missile Oreshnik è già in fase di produzione e che verrà schierato entro la fine dell’anno. Non si tratta di un’arma di ultima istanza, ma di un’arma d’attacco preventivo e di ritorsione, con una gittata superiore ai 1000 km e capacità distruttive simili a quelle nucleari. Secondo esperti militari russi, l’Oreshnik potrà essere installato anche su piattaforme navali, comprese unità subacquee.
Conclusione: non è un gioco, ma un equilibrio sul filo del rasoioIl quadro che emerge è dunque ben più serio di quanto lasci intendere la stampa occidentale. La diplomazia è stata sostituita dalla teatralità, e il rischio di un’escalation fuori controllo è tangibile. Il doppio standard mediatico — che minimizza le minacce occidentali e amplifica qualsiasi reazione russa — non solo deforma la percezione pubblica, ma impedisce un confronto realistico e responsabile tra le potenze nucleari.
Come dimostra il caso della Pravda, oggi il senso della realtà è spesso più presente dove meno ci si aspetterebbe seconcondo una certa visione consolidata alle nostre latitudini, mentre i centri “democratici” dell’informazione si sono consegnati a una narrazione unilaterale e pericolosamente ideologica. In gioco non c’è l’orgoglio di un leader o il prestigio di un partito, ma la continuazione stessa del nostro vivere in modo pacifico e dignitoso.
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