SIRIA – Ultimatum alle SDF: resa o caos?

Il panorama siriano si conferma un groviglio inestricabile di interessi divergenti e ambizioni regionali, con le Forze Democratiche Siriane (SDF) strette tra l’incudine delle pressioni internazionali e il martello di un regime a Damasco che ispira poca, se non nulla, fiducia. Le recenti indiscrezioni su un ultimatum di 30 giorni imposto da Stati Uniti e Turchia alle SDF per integrare le proprie istituzioni e truppe sotto il governo centrale hanno gettato nuova benzina sul fuoco di una situazione già altamente volatile.
Secondo quanto riportato da Middle East Eye, l’accordo firmato a marzo tra il comandante delle SDF, Mazlum Abdi, e il presidente transitorio Ahmed al-Sharaa (leader di Hay’at Tahrir al-Sham, che ha preso il controllo di Damasco a fine 2024 e si presenta ora come “presidente”) prevederebbe proprio questa integrazione. La tempistica è cruciale, suggerendo una volontà di accelerare un processo che le SDF hanno sempre guardato con estrema cautela.
La Reazione delle SDF: Tra smentite e reale preoccupazioneNonostante le voci, le SDF hanno prontamente smentito l’esistenza di un tale ultimatum, definendolo un “infondato tentativo di disinformazione” e negando una rinegoziazione urgente del loro status, come riportato da Shafaq News. Tuttavia, questa smentita suona più come una tattica dilatoria che una vera negazione della pressione in atto. Nel sottobosco delle comunicazioni “off the record” e nei circoli diplomatici, l’urgenza appare palpabile, e la smentita potrebbe servire a guadagnare tempo o a non mostrare il fianco debole. La posta in gioco è altissima per le SDF, la cui sopravvivenza come entità autonoma dipende dalla loro capacità di negoziare con astuzia.
Contesto politico e scenari regionali: Una fiducia mai nata Negoziati In Stallo e la questione dell’Autonomia CurdaTom Barrack, l’inviato speciale degli Stati Uniti in Siria, ha confermato che le discussioni tra Damasco e le forze curde proseguono, ma i nodi cruciali rimangono irrisolti. La questione più spinosa, come evidenziato da ABC News e AP News, è la portata dell’integrazione e l’autonomia delle unità curde all’interno dell’esercito siriano. Le autorità curde insistono per mantenere una struttura militare autonoma – un vero e proprio “blocco militare” all’interno del Ministero della Difesa siriano – una proposta che Damasco respinge categoricamente, arrivando a minacciare l’uso della forza, come riportato su Wikipedia.
Questo stallo è emblematico della profonda sfiducia che pervade ogni interazione con il governo di Damasco, ora guidato da al-Sharaa. Le promesse di “integrazione” risuonano vuote quando si considera la storia recente della Siria e la natura repressiva del regime.
Le minoranze siriane: nemici o alleati? La paura della ritorsioneGli episodi di violenza settaria in aree come Sweida e le regioni costiere, che hanno colpito minoranze come alawiti e drusi, hanno profondamente incrinato la già fragile fiducia verso il nuovo regime islamista di al-Sharaa (come documentato da The Guardian e AP News). Questi eventi, tra cui gli omicidi all’ospedale nazionale di As-Suwayda, alimentano la paura legittima tra i curdi di subire ritorsioni qualora dovessero smantellare le proprie forze e rinunciare all’autodifesa. Non è solo una questione di autonomia militare, ma di sopravvivenza culturale e fisica in un paese dove la repressione delle minoranze è una costante storica. Le promesse di inclusione da parte di un regime che ha mostrato il suo volto più spietato nel corso degli anni sono accolte con profondo scetticismo.
Il gioco delle grandi potenze Ritiro USA e Lo Spazio per AnkaraL’annunciato ritiro delle truppe statunitensi dal nord-est della Siria, iniziato ad aprile 2025, ha inevitabilmente intensificato la pressione turca sulle SDF. Ankara vede in questa mossa un’opportunità per cementare la propria influenza e ha come obiettivo primario l’unificazione delle autorità siriane per scongiurare la creazione di una zona curda autonoma che potrebbe, a suo dire, legittimare il PKK (come riportato da Facebook, The Washington Post e AP News). Per la Turchia, un’autonomia curda in Siria è un incubo geopolitico, e l’attuale situazione a Damasco potrebbe essere vista come un’opportunità per spingere i propri interessi.
Ipotesi “Tweetale”: Il Pretesto per L’Incursione?Sui social media, in particolare su X (ex Twitter), e tra gli attivisti vicini a fonti come “Levant_24”, circola una teoria preoccupante: l’urgenza dell’ultimatum USA-Turchia potrebbe essere una strategia per creare un pretesto per eventuali incursioni militari contro i curdi, favorendo l’espansione dell’influenza turca nella regione. Questo è indicativo di un clima di profonda sfiducia e suggerisce che dietro la facciata diplomatica si nascondano calcoli cinici volti a destabilizzare ulteriormente la regione e a ridisegnare le mappe di influenza.
Un’altra voce persistente, rilanciata da alcuni canali Telegram e forum specializzati sulla Siria, suggerisce che l’ultimatum non sia tanto un tentativo genuino di integrazione, quanto una manovra congiunta per indebolire le SDF dall’interno. Si parla di “quinta colonna” all’interno delle stesse forze curde, che potrebbe essere usata per giustificare un intervento esterno o per facilitare l’avanzata di milizie filo-Damasco o filo-turche. Anche se speculazioni, queste voci contribuiscono a un clima di paranoica diffidenza verso ogni mossa diplomatica che coinvolga il regime di Damasco.
I Rischi per le SDF: Un Futuro Incerto e PericolosoIl quadro è cupo per le SDF, che si trovano di fronte a scelte estreme:
- Smantellamento senza garanzie: L’accordo, nella sua presunta forma, non coprirebbe il loro blocco femminile (YPJ), che ‘Damasco’ rifiuta categoricamente di incorporare. Decine di migliaia di combattenti, molte delle quali hanno svolto un ruolo cruciale nella lotta contro l’ISIS, rischiano di perdere armi, ruoli e, potenzialmente, la loro stessa sicurezza (come evidenziato da Türkiye Today e Report İnformasiya Agentliyi). Un’integrazione senza garanzie per le YPJ sarebbe una sconfitta non solo militare ma anche ideologica e sociale per le SDF.
- Violenza settaria latente: La storia recente del regime di al-Sharaa è macchiata da episodi gravi di violenza contro le minoranze. L’esperienza di alawiti e drusi, che hanno subito rappresaglie dopo i cambiamenti di potere, alimenta la diffidenza curda. L’integrazione in un esercito siriano sotto il controllo di un regime del genere equivarrebbe a un salto nel buio, senza alcuna garanzia di protezione per la popolazione curda e le altre minoranze della Siria nord-orientale.
- Scenari Aperti: Il “Grande Gioco” continua: Se la mediazione dovesse fallire, le conseguenze sarebbero imprevedibili. La Turchia potrebbe sentirsi legittimata a intervenire militarmente, o altri attori regionali come Russia e Iran potrebbero riprendere il controllo su aree strategiche, ridisegnando ancora una volta le sfere d’influenza e rendendo vana la lotta delle SDF per l’autodeterminazione.
Il prossimo mese sarà decisivo, e gli scenari che si profilano sono complessi:
- Offensiva diplomatica transatlantica: Gli Stati Uniti intensificheranno la pressione sulle SDF con un misto di incentivi militari e diplomatici, come supporto tecnologico e l’accesso a strutture dello Stato siriano. Tuttavia, questa “offensiva” potrebbe celare l’intenzione di spingere le SDF verso una decisione rapida che, a lungo termine, potrebbe rivelarsi controproducente per la loro autonomia.
- Mediazione turca “con garanzie”: Ankara chiederà garanzie scritte sul controllo delle forze curde e, soprattutto, sul loro presunto legame con il PKK. Questa richiesta, per la Turchia, è in realtà un pretesto per smantellare ogni forma di autonomia curda al confine.
- Ipotesi escalation: Una ritirata curda o un rifiuto netto dell’ultimatum potrebbe fornire la “scusa perfetta” per un intervento turco su vasta scala o per un avanzamento delle milizie filo-governative di ‘Damasco’, che non vedono l’ora di riprendere il controllo totale del territorio.
Il contesto siriano rimane altamente fluido e pericoloso. Le SDF si trovano di fronte a una scelta esistenziale: mantenere un “paracadute difensivo” (fino al termine del presunto ultimatum) e rischiare un’escalation, o cercare un accordo con un regime di Damasco di cui non ci si può fidare, che possa garantire autonomia e protezione dagli attacchi settari. Il prossimo mese sarà cruciale. Potrebbero profilarsi scenari di “pace controllata”, che nascondono però la minaccia di una progressiva erosione dell’autonomia curda, ma anche la possibilità concreta che accordi diplomatici di facciata possano riaccendere conflitti militari di vasta portata, con il regime di Damasco pronto a capitalizzare ogni cedimento delle SDF.
vietatoparlare