Nato, a L’Aia il vertice per portare la spesa militare al 5% del Pil: l’Italia si accoda a Trump, scontro Spagna-Rutte

Un vertice preceduto da tensioni e veri e propri scontri politici. Quello che si aprirà martedì 25 giugno a L’Aia è un summit chiave per il futuro della Nato, l’Alleanza Atlantica: l’obiettivo del suo segretario, il padrone di casa Mark Rutte, è infatti di sancire l’impegno formale dei 32 Paesi membri a portare la spesa militare al 5% del Pil, come richiesto dagli Stai Uniti di Donald Trump.
Obiettivo controverso per molte economie europee, già in difficoltà a raggiungere il precedente obiettivo del due per cento. In prima fila su questo punto c’è la Spagna del primo ministro socialista Pedro Sanchez, che nei giorni scorsi aveva chiarito come il suo governo non avesse intenzione di esaudire la richiesta della Nato e di Trump per non sottrarre risorse pubbliche destinate a welfare, sanità e scuola.
Il ministro degli Esteri spagnolo José Manuel Albares ha infatti ribadito che il contributo spagnolo non si misurerà in percentuali, ma in capacità operative. “Pensiamo che il dibattito non debba concentrarsi sulle percentuali, ma sulle capacità. Riteniamo di poter raggiungere gli obiettivi fissati dalla Nato con il 2,1% del Pil”, ha detto Albares, sottolineando come questo approccio sia stato riconosciuto dall’Alleanza stessa.
Lo stesso premier Sanchez ha pubblicato su X una lettera inviata dal segretario generale della Nato Mark Rutte confermando alla Spagna “la flessibilità per determinare il proprio percorso sovrano per raggiungere gli obiettivi di capacità”.
España ha logrado un acuerdo histórico con la OTAN que le permitirá seguir siendo un miembro clave de la Alianza y contribuir de forma proporcional a sus capacidades, sin tener que aumentar su gasto en defensa, ni alcanzar el 5% del PIB.
Tenemos que proteger Europa. Pero también… pic.twitter.com/jYc2Ilneaw
— Pedro Sánchez (@sanchezcastejon) June 22, 2025
Eppure alla vigilia del vertice è sempre Rutte dall’Aia a negare sostanzialmente che Madrid sia esentata dal raggiungimento del 5% del Pil. “Anche la Spagna ha concordato sugli obiettivi. Il fatto è che la Spagna pensa di poter raggiungere tali obiettivi con una percentuale del 2,1%. La Nato è assolutamente convinta. La Nato è assolutamente convinta che la Spagna dovrà spendere il 3,5% insieme“, le parole del numero uno dell’Alleanza Atlantica.
“Ogni paese ora riferirà regolarmente su ciò che sta facendo in termini di spesa e raggiungimento degli obiettivi, quindi vedremo. E comunque, ci sarà una revisione nel 2029“, ha precisato ancora Rutte. “La Nato non ha un opt-out e non conosce accordi collaterali o accordi collaterali. Tutto ciò che faranno gli alleati è, ovviamente, il diritto sovrano e la flessibilità di determinare il percorso da seguire per rispettare gli impegni Nato”, le parole del segretario della Nato.
Linea dura sul tema degli investimenti che viene ribadita dall’ambasciatore statunitense alla Nato, Matt Whitaker in un briefing con la stampa alla vigilia del summit dell’Aia. “Dobbiamo raggiungere il 5% il prima possibile, i nostri avversari non aspetteranno che siamo pronti”, ha aggiunto precisando che ci saranno “rapporti regolari” sulla crescita della spesa e che gli alleati “si controlleranno l’un l’altro”.
E l’Italia? Per il ministro degli Esteri Antonio Tajani il nostro Paese procederà come richiesto dalla Nato. “Avendo ottenuto sia un prolungamento dei termini, sia una flessibilità, credo che potremmo entro il 2035 raggiungere l’obiettivo”, le parole del vicepremier. Quanto agli investimenti miliardari nel settore della difesa, Tajani li giustifica così: “Non è soltanto spesa per la difesa, deve essere una spesa per la sicurezza, che è qualcosa di più ampio. Anche la sicurezza è una garanzia per i cittadini: non è soltanto una scelta di tipo esclusivamente militare. Questa è la nostra linea”.
Piano di spesa confermato parlando alla Camera dalla premier Giorgia Meloni, che parla di un impegno di spesa del 3,5% del Pil per la difesa e dell’1,5% per la sicurezza. Per la presidente del Consiglio si tratterebbe di un aumento di spesa che non distrae risorse dalle altre priorità, anche se sul punto da tempo il ministro dell’Economo Giorgetti di dimostra a dir poco scettico.
“In sostanza, tenuto conto che già siamo al 2% del pil” di spese “nella difesa, un aumento dell’1,5% in 10 anni non è distante dall’impegno preso dal governo nel 2014. Riguardo l’1,5% di spese, abbiamo ottenuto che siano gli stati membri a decidere quali siano le minacce che ritengono di dover affrontare e quali strumenti usare. Un percorso compatibile con le priorità del governo, non distrarremo risorse dalle priorità individuate dal governo per gli italiani”, le parole di Meloni in Aula.
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