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Cure primarie e di comunità, la ricetta: superare i confini e costruire alleanze

Cure primarie e di comunità, la ricetta:  superare i confini e costruire alleanze

Occuparsi oggi di cure primarie e di cure di comunità non è una scelta neutra. È una presa di posizione, un atto politico e culturale. In un tempo in cui molte professioni si chiudono in difesa dei propri confini identitari, promuovere l’ascolto e il confronto significa andare in controtendenza e affermare un principio diverso: il Servizio sanitario nazionale non si salva coltivando divisioni, difendendo confini, ma costruendo alleanze per superarli.

Nei giorni scorsi un gruppo di sedici Ordini di fisioterapisti ha lavorato insieme proprio per creare un ambito di reale di incontro tra fisioterapisti, infermieri, medici, assistenti sociali, rappresentanti dell’area tecnica, amministratori e cittadini, esperti di urbanistica e di territorio, di edilizia di comunità e di relazioni sociali. E’ stato un laboratorio aperto in cui ognuno ha portato il proprio sguardo, lasciando fuori la brama di protagonismo.

Ne conseguono alcune considerazioni. La prima è ormai chiara ed evidente: il lavoro nelle comunità, per essere davvero efficace richiede un cambio culturale, semplice, ma radicale. Il messaggio in questo ambito è netto: è giunto il momento di abbandonare definitivamente – come ha sottolineato Mary Tinetti, docente della Yale School of Medicine in un autorevole articolo pubblicato sull’American Journal of Medicine - l’era della cura basata sulla diagnosi di malattia, perché la salute di comunità si fa sempre con gli individui e non con protocolli standardizzati o risposte automatiche.

Lavoro in rete

In questa riflessione emerge così il secondo aspetto chiave: nessun bisogno di salute è “monoprofessionale”. Da Nord a Sud, dalle metropoli alle situazioni rurali o montane, le comunità curano quando lavorano in rete, sanno raccordare sanità, servizi sociali, territorio, cittadinanza, soprattutto amalgamando i saperi. Emerge così con chiarezza la consapevolezza che nessun bisogno di salute è mai affrontabile da una sola professione, perché nessuno ce la fa da solo. Le soluzioni nascono dalla collaborazione, dalla costruzione di équipe, dal lavoro multidisciplinare. Dove le comunità riescono a curare – e cioè a prevenire, sostenere, prendersi carico – è perché si sono attivati legami tra attori diversi, pubblici e civici, istituzionali e locali.

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