Vaccinazioni, cresce la fiducia degli italiani

E’ una delle poche eredità positive del Covid: la crescente fiducia degli italiani nelle vaccinazioni e in generale alla propensione alla prevenzione. Rispetto al 2014, aumenta infatti la quota di italiani che esprime piena fiducia nei confronti della vaccinazione (43% rispetto al 22%), soprattutto cresce nel tempo quella che dichiara di fidarsi delle vaccinazioni garantite dal Ssn (dal 30,7% al 50,6% dei genitori). Non solo: quasi il 60% delle persone pensa che sia più rischioso non vaccinarsi rischiando di ammalarsi . È quanto emerge dall'indagine del Censis 'I nuovi tratti della vaccinazione in Italia', realizzata grazie alla sponsorizzazione non condizionante di Pfizer, su un campione di 1.462 italiani dai 18 anni in su. Il 36,9% del campione afferma di ricorrere alla vaccinazione, ed è una quota decisamente in crescita rispetto alla precedente indagine (2014), in cui la percentuale si fermava al 16,9%.
L’esperienza del CovidÈ evidente l'influsso dell’esperienza di adesione di massa alla vaccinazione per il superamento del Covid. Il fatto che il 54,6% delle persone si sia dichiarato disponibile a fare una dose in più a fronte di un aumento della copertura e dell'efficacia è una dimostrazione della fiducia nei confronti della vaccinazione. La conoscenza delle vaccinazioni appare collegata all'esperienza diretta che se ne è fatta. Si tratta di una conoscenza diffusa - in quanto il 71,5% degli intervistati si ritiene molto (7,5%) o abbastanza informato (64%) -, che raggiunge il picco con la vaccinazione anti-Covid, conosciuta dalla quasi totalità della popolazione (98,7%). Decisamente basse le percentuali di chi ha effettuato delle vaccinazioni negli ultimi 3 anni, però: se si esclude la vaccinazione anti Covid (84,8%) e quella antinfluenzale (50%), il ricorso ad esse non è ampio, anche nel caso di categorie che potrebbero essere più a rischio come i malati cronici.
Tante vaccinazioni nei bambini, poche fra le donne incinteDiversa è la situazione dell’adesione alle vaccinazioni in età pediatrica: la stragrande maggioranza degli italiani ha sottoposto a vaccinazione i propri figli (97%). Molto più ridotto, invece, è il ricorso alla vaccinazione in gravidanza: tra le donne intervistate solo il 36,7% ha effettuato almeno una vaccinazione e la quota diventa maggioritaria solo per le donne che hanno figli da 0 a 5 anni. Nel complesso, la maggioranza (53,1%) delle donne con figli intervistate riferisce che nessuno ha consigliato loro di vaccinarsi in gravidanza.
Chi è a rischio?Secondo gli italiani la vaccinazione è uno strumento per proteggere prima di tutto chi è professionalmente, socialmente o fisicamente più esposto, e meno come semplice strategia per evitare di ammalarsi. In prima fila tra i soggetti per i quali la vaccinazione è considerata consigliabile troviamo il personale sanitario (89,3%), le persone affette da malattie croniche (86,8%) e le persone che lavorano o vivono in ambienti dove è più facile il contagio come insegnanti, persone ricoverate (86,7%). Il tema della percezione del rischio è peraltro fondamentale nell’orientare la scelta a vaccinarsi oppure no: anche se il 90% degli intervistati si è vaccinato contro il Covid, solo un terzo pensa di farlo in futuro e poco più della metà lo farà contro l'influenza. Nonostante il riconoscimento quasi unanime del ruolo delle vaccinazioni nel debellare malattie importanti come la poliomielite (95,3%) e nella difesa della collettività dalla diffusione delle malattie (84,4%), insieme a quello del suo valore individuale come strumento per evitare la diffusione di malattie e complicanze (85,2%), queste considerazioni non sono sufficienti a superare un atteggiamento culturale che la maggioranza percepisce ancora come più negativo rispetto al passato (85,9%), e non appaiono del tutto risolti i dubbi sull'efficacia e la sicurezza delle vaccinazioni.
Le strategie per migliorare l'adesioneNon è un caso che tra le azioni proposte dagli italiani per migliorare l'adesione alle vaccinazioni siano indicate due strategie principali: si tratta prima di tutto di potenziare la funzione di informazione e consulenza dei professionisti sanitari (56,3%), anche migliorando la loro formazione in materia di vaccinazioni (27%) e in secondo luogo di intervenire sulla dimensione organizzativa e logistica, dalle vaccinazioni a domicilio per i più fragili (25,5%) al miglioramento della funzionalità dei servizi vaccinali delle Asl (23%) fino all'allargamento dei luoghi dove effettuare le vaccinazioni, prima di tutto in altri presidi sanitari, tra cui gli studi del medici di famiglia e le farmacie e poi anche in luoghi della quotidianità come le scuole.
La Repubblica