Sempre più ricchi, sempre più poveri: se ne parla al Jobless Society Forum

Nel 2023, il tasso di disoccupazione giovanile in Italia si attestava al 13,4%, con punte del 23,9% nel Mezzogiorno. Le conquiste tecnologiche e sociali degli ultimi decenni convivono con dinamiche di sfruttamento vecchie e nuove: la produttività non cresce, i redditi rimangono fermi, e a risentirne sono soprattutto i settori a più bassa intensità di conoscenza. Ma la tecnologia può diventare uno strumento potente per riequilibrare le opportunità tra aree geografiche e gruppi sociali, offrendo nuove possibilità di riscatto.
L’edizione 2025 del Jobless Society Forum, intitolata Strade del lavoro, sarà un’occasione di confronto aperto tra ricerca, istituzioni, imprese e parti sociali, per riflettere sul ruolo della tecnologia nel ripensare la formazione, l’occupazione e lo sviluppo economico. Se ne parlerà alla Fondazione Feltrinelli di Milano, in Viale Pasubio 5, il 18 e 19 giugno. Tra gli ospiti, Paolo Ainio, Francesca Bria, Valentina Cardinali, Adele Del Bello, Darya Majidi, Nathalie Moncel, Andrea Prencipe, Vincent Puig, Stefano Quintarelli, Dario Salvetti e molti altri.
Il 18 giugno alle 21 il Forum si apre con Ricchi ricchi e poveri poveri. Anatomia di una caduta, monologo in tre atti a cura di e con Riccardo Staglianò (prenotazioni su dice.fm). Qui lo illustra l’autore stesso.
Quando nasce lo scandalo? Etimologicamente quando incespichi in qualcosa (skándalon, un inciampo, appunto) che disturba il tuo cammino e non ti permette di procedere spedito e tranquillo come prima. Per me questo intralcio si è presentato sotto forma di diagramma, durante la lettura del giornale, qualche anno fa. Il grafico prevedeva ventidue barre orizzontali che rappresentavano l'andamento dei salari medi reali in altrettanti Paesi europei Ocse, il club dei più industrializzati al mondo. Tutti erano andati avanti, alcuni anche di moltissimo (+276 per cento la Lituania, +85 l'Irlanda, +63 la Svezia, ma anche +30 la Grecia, il Paese che ci piaceva citare quando non volevamo fare la figura degli ultimi della classe. Uno solo invece di andare avanti era andato indietro. Del 3 per cento negli ultimi trent'anni. L'Italia.
Mi ero dunque aspettato che sia i giornali che, soprattutto, i partiti tematizzassero la notizia. Ci saltassero sopra con tutti i piedi. Convocassero i migliori esperti per spiegare com'era stato possibile. Capire, prima. Risolvere, poi. Non esiste un tema più bipartisan del benessere materiale dei propri cittadini. Dovrebbe stare a cuore, allo stesso modo, alla sinistra quanto alla destra. Eppure nessuno dei due schieramenti aveva fatto granché. Così ho deciso di provarci io con un libro, Hanno vinto i ricchi, che mette in fila gli addendi che fanno il catastrofico totale di cui parliamo. Da cui è germinato lo spettacolo che andrà in scena il 18 giugno, alla Fondazione Feltrinelli, all'interno del Jobless Society Forum.
Di che si tratta? Ora ve lo spiego. Con una drammaturgia piuttosto classica, tre atti inframezzati da due intermezzi, tento di descrivere come i ricchi sono diventati più ricchi, i poveri più poveri e infine come sarebbe possibile far sì che i ricchi diventino un po' meno ricchi e i poveri un po' meno poveri. Il primo intermezzo racconta le vite da ricchi (e fa ridere). Il secondo quelle da poveri (e fa piangere). Questo lo schema. Più nel dettaglio si parlerà di produttività, la bestia nera del lavoro italiano. Che è cresciuta lentamente ma è cresciuta ma purtroppo la ricchezza supplementare che ha creato non è andata a finire nelle tasche dei lavoratori ma nei profitti degli imprenditori. Di dimensioni mignon delle nostre aziende. Del calo di ore lavorate, giacché un altro modo per restare poveri (oltre a lavorare tante ore pagati poco all'ora) è lavorare meno ore di quelle di cui si avrebbe bisogno. Per non dire del grande capitolo del sistematico assalto ai diritti dei lavoratori, di cui faccio una breve cronologia con tanto di nomi e cognomi di chi ha fatto cosa (perché un'altra tendenza molto diffusa e altrettanto diseducativa è lasciar credere che tutti sono colpevoli allo stesso modo, e quindi nessuno lo è).
Il secondo atto apre sulla guerra che i ricchi hanno vittoriosamente dichiarato ai lavoratori. Scegliendo come principali nemici pubblici i sindacati e le tasse. Ovvero i due principali bersagli del neoliberismo, su entrambi i lati dell'oceano. La cosa che salta più all'occhio è la maggior consapevolezza della loro condizione che i milionari statunitensi dimostrano rispetto a quelli nostrani, che ancora si nascondono dietro alla foglia di fico di essere "tartassati dalle tasse". Racconto quindi la seconda giovinezza che le union stanno vivendo, con la sindacalizzazione di Amazon in America, con lo sciopero contro Tesla in Svezia a fronte delle lotte intestine cui si assiste nel piacentino, epicentro della logistica italiana. E infine la distanza crescente tra il nostro dettato costituzionale che prevede un fisco progressivo e una realtà, per i multimilionari, francamente regressiva.
Nel terzo e ultimo atto tento un'ardita sintesi hegeliana. Come si può fare a togliere un po' a chi ha molto per dare a chi ha molto di meno? Per esempio ridistribuendo meglio e ricominciando a pronunciare parole che la politica, anche a sinistra, ha troppo a lungo considerato radioattive. Ma soprattutto cambiando le leggi come un crescente consenso internazionale, almeno dall'ultimo G20 in poi, chiede di fare. Non sarà facile, ma il prezzo della nostra inattività potrebbe essere la tenuta stessa della democrazia così come l'abbiamo conosciuta.
Nel mezzo, come accennato, la storia di una coppia di facoltosi ucraini che, al bagno di Bocelli a Forte dei Marmi, si rendono colpevoli di un'imperdonabile caduta di stile. O quella volta che, inviato a Cortina, mi sono imbattuto nella più urgente delle urgenze cittadine: il riciclaggio di pellicce. Oppure quel servizio a Gstaad, in Svizzera, dove al convegno sulla longevità di entrava solo dimostrando di… non voglio spoilerare troppo. Né anticiperò le storie drammatiche di quattro poveri che, da Nord a Sud, si sono prestati a raccontarle. Perché denunciare la povertà in astratto lo fanno tutti, e non serve a niente. L'unica cosa che, forse, serve è parlare dei poveri in concreto. Sperando che, familiarizzando con le loro vite, tutti ne capiscano l'ingiustizia e si attivino per cambiare le cose. Che, alla fine, è il senso ultimo sia del libro che del monologo.
Ricchi ricchi e poveri poveri. Anatomia di una caduta
di e con Riccardo Staglianò.
Fondazione Feltrinelli, Viale Pasubio, 5, Milano
Il 18 giugno alle ore 21.
La Repubblica