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L'argento raggiunge i massimi degli ultimi 14 anni grazie all'oro

L'argento raggiunge i massimi degli ultimi 14 anni grazie all'oro

L'impennata dei prezzi dell'oro sta spingendo gli investitori a cercare argento a prezzi più accessibili.

L'argento ha raggiunto i massimi degli ultimi 14 anni, apprezzandosi più dell'oro dall'inizio dell'anno, con un rialzo del 35% rispetto al 28% dell'oro. Solo da giugno, l'argento è balzato del 18%, trainato da diversi fattori che hanno aumentato la forte domanda sul London Metals Exchange. Secondo XTB, "i massimi storici dell'oro e la crescente incertezza sul commercio internazionale stanno spingendo i flussi di capitali verso beni rifugio".

Sebbene l'oro rimanga il principale bene rifugio, il suo apprezzamento (circa 3.350 dollari l'oncia) sta spingendo gli investitori a migrare verso l'argento, che "rimane sostanzialmente sottovalutato in termini storici relativi". Il rapporto oro/argento si attesta su livelli non tipici dei cicli rialzisti e, storicamente, in periodi di maggiore stress economico e geopolitico, l'argento tende a rimanere indietro rispetto all'oro, ma spesso subisce movimenti impulsivi alla fine di questi cicli, come dimostrato negli episodi del 1979-1980 e del 2010-2011. L'attuale ripresa dell'argento è stata ampiamente sostenuta dagli investitori istituzionali.

Oltre a essere un bene rifugio, l'argento ha una "forte utilità industriale", soprattutto nel settore del solare fotovoltaico. La crescita dell'industria solare cinese è un fattore strutturale a sostegno della domanda di argento a lungo termine.

XTB evidenzia anche i rischi associati, come la possibilità di un "aumento generalizzato della propensione al rischio", che potrebbe penalizzare i metalli preziosi. Tuttavia, le attuali tensioni commerciali, in particolare legate ai dazi statunitensi, e il volatile contesto geopolitico continuano ad alimentare la domanda di asset non correlati ai mercati azionari.

Nello scenario attuale, le prospettive per l’argento “restano costruttive” e il recente apprezzamento potrebbe non rappresentare un punto di esaurimento, ma piuttosto una fase intermedia di un ciclo più ampio, supportato da solidi fondamentali sia sul fronte finanziario che industriale.

Inoltre, l'attuale quadro di politica monetaria limita significativamente la capacità di risposta delle autorità. A differenza dei primi anni '80, quando la Federal Reserve, sotto la guida di Paul Volcker, aumentò i tassi di interesse al 20% per frenare l'inflazione, uno scenario del genere è attualmente irrealizzabile, dato l'elevato debito pubblico statunitense (34.000 miliardi di dollari). Una mossa di questa portata potrebbe compromettere la sostenibilità fiscale degli Stati Uniti, rendendo più probabile il proseguimento di politiche accomodanti o di finanziamenti monetari indiretti, con un impatto deprezzante sul dollaro, conclude XTB.

jornaleconomico

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