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Da Florence Nightingale all'apprendimento automatico

Da Florence Nightingale all'apprendimento automatico

Se Florence Nightingale fosse viva oggi, cosa penserebbe vedendo un algoritmo di apprendimento automatico al posto di un'assistente sanitaria? Avrebbe acceso la sua famosa lanterna o spento il server?

Questa domanda, che sembra uscita da un romanzo di Jules Verne e che a prima vista sembra collegare la "Signora con la lampada" a un algoritmo con un server cloud, è più attuale che mai. Ma non c'è dubbio: ci sono più punti di contatto tra i due che tra uno stetoscopio e un fonendoscopio, e qualsiasi somiglianza con il nome della band indie rock londinese (Florence and the Machine) è pura finzione.

L'assistenza infermieristica, un tempo incentrata sul contatto umano, ora prospera anche grazie al clic digitale. Ed è in questa intersezione dialettica tra tradizione e innovazione che si sta plasmando il futuro della professione.

Nightingale ha rivoluzionato l'assistenza infermieristica, aprendo la strada all'applicazione di statistiche e rigorose osservazioni cliniche per promuovere riforme sanitarie e migliorare l'assistenza sanitaria. Prima dei dashboard interattivi e dei big data , utilizzava già grafici per trasformare e influenzare le riorganizzazioni ospedaliere e le politiche pubbliche incentrate sulla salute preventiva (dimostrando che le malattie prevenibili causavano più morti che feriti in tempo di guerra).

Non solo ha illuminato reparti bui, ma ha anche illuminato le menti politiche con i dati. Se osservasse oggi i modelli di intelligenza artificiale (IA) che analizzano grandi volumi di dati clinici per prevedere i rischi, suggerire interventi e supportare il processo decisionale, potrebbe pretendere che siano trasparenti come i suoi diagrammi, e forse etici come la luce della sua lanterna.

L'intelligenza artificiale nell'assistenza sanitaria in generale, e in quella infermieristica in particolare, ha effettivamente sfruttato strumenti avanzati e vantaggi innegabili: assistenza personalizzata, efficienza operativa, supporto al processo decisionale clinico e formazione/istruzione adattiva.

Oggi parliamo di Machine Learning come se si trattasse di un nuovo collega di turno. Uno che non è mai in ritardo, non chiede una pausa caffè, ma non sa distinguere uno sguardo di dolore da uno di desiderio. Ma, come ogni nuovo collega, ha bisogno di supervisione. Perché prendersi cura oggigiorno è molto più che elaborare dati; significa interpretare i silenzi, riconoscere gli sguardi, tenersi per mano con compassione, dignità e valori umani, nell'epicentro dell'innovazione.

La cura umana è insuperabile!

In questo contesto, l'integrazione dell'IA solleva questioni etiche complesse e inevitabili. La responsabilità clinica diventa confusa: se un algoritmo suggerisce un intervento, chi ne è responsabile? L'operatore sanitario, in questo caso l'infermiere? Il programmatore? L'ospedale o la struttura sanitaria? E che dire della "scatola nera" dei modelli di Machine Learning ? Una scatola che, a differenza del vaso di Pandora, invece di speranza, libera ambiguità interpretativa?

C'è anche il rischio di disumanizzare l'assistenza. Quando il progresso tecnologico detta il passo, gli esseri umani devono investire nella propria "umanizzazione". Nessun algoritmo sa quando è il momento di tacere accanto a una persona malata. La privacy e la sicurezza dei dati richiedono vigilanza e controllo costanti, e i pregiudizi algoritmici possono perpetuare disuguaglianze storiche, trasformando l'assistenza in calcoli e l'equità in statistiche.

Pertanto, è necessario proporre principi etici chiari: trasparenza, giustizia, rispetto dell'autonomia, beneficenza e non maleficenza. E, soprattutto, alfabetizzazione digitale in senso lato e alfabetizzazione algoritmica critica in particolare, perché un infermiere che comprende un algoritmo è un professionista che non può essere sostituito da esso.

L'assistenza infermieristica deve guidare questa trasformazione e integrazione tecnologica. Non come operatore passivo e indifferente, ma come utente critico, etico e umano. È necessario un impegno etico e una collaborazione con ingegneri, avvocati e filosofi... sì, anche con i filosofi, per garantire che la tecnologia amplifichi, e non sostituisca, i valori della professione.

Se Florence Nightingale avesse avuto accesso a ChatGPT o Copilot, avrebbe potuto usarli per scrivere report più velocemente. Ma anche, certamente, per mettere in discussione i fondamenti etici della sua programmazione.

Perché prendersi cura è, soprattutto, pensare... e pensare in modo critico e basato sulle migliori prove scientifiche disponibili. E questo pensiero, fondato su principi etici... è ciò che ci distingue, anche nell'era degli algoritmi.

Che la luce di Firenze, che ha illuminato il cammino, non si spenga mai.

Che gli algoritmi possano moltiplicarlo con scienza, responsabilità e umanità!

observador

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