Integratori alimentari, le vendite superano 4 miliardi di euro: gettito annuo di 1.099 milioni

Vitamine e sali minerali, probiotici e integratori per favorire la funzione immunitaria. Sono questi gli integratori alimentari più proposti e venduti dalle aziende che nel nostro Paese generano oltre 4 miliardi di euro di vendite in valore e occupano più di 51mila persone, quasi metà delle quali sono donne. Germano Scarpa, presidente di Integratori & Salute, l’associazione di settore di Unionfood, ne parla come di «un mercato solido e maturo dove il consumatore mostra sempre più fiducia verso l’utilizzo di questi prodotti, li prende con frequenza e anche con metodo perché è convinto che attraverso il consumo possa mantenere con maggior facilità il proprio stato di salute». Tra i canali di acquisto preferiti ci sono la farmacia e la parafarmacia dove vengono acquistati oltre l’80% dei prodotti, perché si tratta «di un consumo consapevole, guidato dai professionisti della salute», spiega Scarpa.
I numeri del settore sono racchiusi in una ricerca che è stata realizzata con il supporto tecnico e metodologico di PwC Italia con cui l’associazione ha realizzato un’inedita analisi sull’impatto economico che il settore è in grado di generare. Ebbene è emerso che nel nostro mercato le aziende italiane sono un punto di riferimento con il 60% che sono appunto nazionali, il 24% a capitale estero mentre il 16% sono multinazionali a capitale italiano. La ricerca è stata realizzata con i dati del 2023, rielaborando i bilanci delle oltre 15.000 società di capitali italiane attive nei canali farmacia, parafarmacia e GDO e quelli delle aziende italiane associate ad Unionfood che producono e distribuiscono integratori in Italia e all’estero.
Al di là delle sue dimensioni, il settore ha una sua capacità di generare ricchezza e lavoro. Considerando i numeri, il report di Integratori & salute e PwC calcola che per 1 milione di euro di valore del mercato retail nazionale degli integratori, in media si generano 1,13 milioni di euro di Pil, si contribuisce per 0,27 milioni di euro al gettito fiscale e si creano 12,7 posti di lavvro per un anno. Del resto si tratta di un settore dove c’è una forte attitudine all’innovazione e agli investimenti. L’86% delle aziende ha un’unità di R&D, 8 aziende su 10 hanno collaborazioni di ricerca attive, principalmente con università o istituti di ricerca accademici. In prospettiva, secondo quanto dicono le aziende, gli investimenti saranno sempre più orientati a individuare nuove formulazioni (84%), digitalizzare i processi aziendali (68%), formare il personale (62%) ed espandere la distribuzione (48%).
I dati dell’analisi raccontano un settore in salute da un punto di vista economico, sociale ed occupazionale. A partire dalle vendite in valore che, nel 2023, nei tre canali analizzati sono state di 4.091 milioni di euro esclusa l’Iva. Considerando anche l’Iva il settore ha generato 4.626 milioni di euro di Pil. Su questo risultato hanno inciso le filiere di approvvigionamento e l’economia generata dal consumo di reddito da lavoro distribuito dal settore. A livello diretto, le farmacie, le parafarmacie e la GDO hanno generato 911 milioni di euro di valore aggiunto, attraverso le vendite di integratori la cui domanda interna è stata prevalentemente soddisfatta dalle aziende associate a Integratori & Salute. Le business unit di produzione o vendita hanno infatti registrato 2.754 milioni di euro di fatturato in integratori, incluso l’export, e 781 milioni di euro di valore aggiunto. Infine, da un punto di vista fiscale, il settore degli integratori, nel suo complesso, ha generato nel 2023 un gettito annuo pari a 1.099 milioni di euro.
Dall’analisi realizzata da integratori e salute e da PwC emerge che i lavoratori della filiera, tra diretti e indiretti sono 51.719 occupati: questi circa la metà, 25.805, sono donne. Entrando nel dettaglio dell’occupazione femminile, in farmacie, parafarmacie e imprese della Gdo il 77% degli occupati (8.696 Ula) che si occupano di integratori sono donne. Nella produzione e distribuzione intermedia il dato cambia e la quota scende al 53% di donne (3mila). Infine, nelle aree che riguardano ulteriori fornitori della filiera e operatori coinvolti, le donne impiegate sono il 41% della forza lavoro (circa 14.109 Ula).
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