Daniele Sciaudone: Bari hai un limite, manchi di carisma

Ha seguito la partita dalla tribuna, con l’occhio esperto di chi conosce bene entrambe le maglie e sa riconoscere le sfumature di una prestazione, anche dietro le apparenze. Daniele Sciaudone, ex centrocampista di Bari e Reggiana, sabato scorso era al «Città del Tricolore» per assistere a una sfida che ha raccontato molto più del punteggio finale. Il 3-1 per la Reggiana di Dionigi fotografa la superiorità tecnica e mentale degli emiliani e, al tempo stesso, la crisi profonda del Bari.
Biancorossi confusi, fragili nella costruzione e privi di quella compattezza che in serie B fa spesso la differenza. Il gol di Moncini illude per pochi minuti, prima che la squadra si sciolga sotto i colpi della Reggiana, più organizzata, più convinta, più “squadra”. Sul banco degli imputati ci finisce inevitabilmente mister Caserta, la cui posizione resta in bilico nonostante la fiducia ribadita dalla società. Uomo di equilibrio e di campo, Sciaudone prova a leggere questo momento complicato cercando di capire cosa non sta funzionando nel Bari e da dove ripartire.
Sciaudone, era sugli spalti del “Mapei Stadium” sabato scorso. Che impressione generale le ha fatto la partita tra Reggiana e Bari?
«Ho visto due squadre che nel primo tempo hanno cercato di alzare l’intensità, ma con poche idee per andare a fare gol. Si giocava nell’uno contro uno, la linea su cui si va tanto oggi. Almeno un minimo di idea mi sarebbe piaciuto vederla. A livello tecnico, il Bari aveva qualcosa in più. Prendere un gol all’ultimo secondo del primo tempo non aiuta. Bisognava chiudere in vantaggio. Rientrati, l’espulsione di Nikolaou ha peggiorato le cose».
Si aspettava un risultato così netto a favore della Reggiana o il Bari l’ha deluso più di quanto pensasse?
«Con la squadra in inferiorità numerica è difficile giudicare. Il gol del 3-1 nasce col Bari che cerca di pareggiarla e subisce una ripartenza con delle disattenzioni che hanno portato l’attaccante reggiano a puntare il difensore e a fare gol. Dopo situazioni del genere, bisogna ritrovare la fiducia».
Da ex centrocampista, come spiega le difficoltà attuali del Bari sul piano del gioco e dell’identità tattica?
«Non so come lavori la squadra in settimana. Ho visto tanto impegno e occasioni. Vedi quella di Partipilo nel primo tempo. Come filosofia, preferisco sempre avere almeno tre situazioni provate per mettere in difficoltà gli avversari. Noto tanta inesperienza e gioventù in campo. I calciatori del Bari però sono bravi ed esperti, molti li vorrebbero come titolari nelle proprie squadre».
Cosa ha notato nel linguaggio del corpo dei giocatori biancorossi durante la gara? È un problema tecnico, mentale o di motivazioni?
«Chi entra dalla panchina devo farlo a tremila, dare una scossa ed entusiasmo. Servirebbe lavorare più su un discorso mentale e motivazionale. A volte, basta mettere in campo poco, tirare fuori quel qualcosa in più. Come fanno le altre quando giocano contro il Bari. Altrimenti si fa fatica e gli episodi finiscono col prevalere su tutto».
Secondo lei, Caserta ha ancora margini per invertire la rotta o la situazione sembra ormai compromessa?
«Non conosco le dinamiche dello spogliatoio. Immagino ci sia dispiacere perché il mister credo stia lavorando tanto. Purtroppo, però, è sfortunato e non raccoglie per quello che semina. Se la società ha fiducia in lui, mister capace, è giusto continuare e lasciare ancora delle partite anche per responsabilizzare i giocatori. Al contrario, inevitabilmente bisognerà cambiare idea di calcio da proporre. Facendo attenzione. Fare un cambio insensato ti porta a farlo spesso, rischiando».
La società ha deciso di confermare l’allenatore e portare la squadra in ritiro a Castel di Sangro. Le sembra una scelta efficace o solo un tentativo per guadagnare tempo?
«È un modo per dire ai ragazzi che la società crede in Caserta chiedendo loro di tirare fuori qualcosa in più, di essere in grado di poter risolvere i problemi. Resta da capire come viene recepita questa piccola fiammella. I ritiri, a volte, possono servire. Ci si concentra e si lavora».
Il Bari ha subito troppo, soprattutto dietro. Da giocatore esperto, dove individua i principali limiti difensivi della squadra?
«Sono dell’idea che un giocatore esperto in difesa serva per dettare i tempi, leggere le giocate, le uscite e far salire la squadra. Quando giocavo a Reggio Emilia, eravamo tutti esperti. Ognuno era super attento e dava il suo contributo in maniera preventiva. A livello personale, eri sicuro che c’era chi recuperava quando si sbagliava. Se non si riesce, occorre lavorare pesantemente di reparto. Rivedere i filmati dove si studiano le letture sbagliate della fase difensiva. Mi chiedo ancora come abbia fatto ad essere solo l’autore del terzo gol della Reggina nell’azione di contropiede».
Quanto può pesare, in una piazza esigente come Bari, la mancanza di figure carismatiche in campo o nello spogliatoio?
«Serve uno alla Di Cesare. Penso a Bellomo. Forse Castrovilli. Nel Bari attuale, di quelli visti a Reggio Emilia, non ho visto giocatori di carisma».
Se dovesse dare un consiglio ai biancorossi per ripartire dopo questa batosta, da dove comincerebbe?
«Direi solo di stare tranquilli, mettersi a disposizione uno dell’altro. Fare silenzio e pedalare. Correre, correre e correre. Giocare semplice, rimanere compatti in guardia e colpire al momento giusto. Dire che di qui non si passa. Il resto viene da sé. Domenica arriva il Mantova. Servirà una grande lettura del match».
La Gazzetta del Mezzogiorno