Le misure di ritorsione del Brasile potrebbero includere royalties, brevetti e medicinali

Una possibile ritorsione del governo brasiliano all’aumento del 50% dei dazi annunciato mercoledì (9) dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, a partire dal 1° agosto, potrebbe includere la tassazione delle rimesse dei dividendi delle multinazionali americane con sede in Brasile e la sospensione dei diritti di proprietà intellettuale, come royalties, brevetti su medicinali e sementi agricole.
Possibili alternative di ritorsione erano già state delineate dal Ministero dello Sviluppo, dell'Industria, del Commercio e dei Servizi (MDIC), guidato dal vicepresidente Geraldo Alckmin, ad aprile, in occasione del “Giorno della Liberazione”, quando Donald Trump aveva proposto tariffe reciproche per diversi Paesi.
Il ministero è stato colto di sorpresaIl Ministero dello Sviluppo non si aspettava questa reazione da parte di Trump. Pochi giorni prima dell'annuncio del dazio del 50% sui prodotti brasiliani, i funzionari del Ministero stavano negoziando con il governo statunitense. Sono stati colti di sorpresa perché stavano ancora lavorando a una proposta di dazio del 10% rivolta ai paesi BRICS: il 50% non era nei pensieri di nessuno.
I dati del MDIC indicano che gli Stati Uniti hanno accumulato un surplus commerciale con il Brasile dal 2009, equivalente a un ammontare accumulato di 484 miliardi di R$ al tasso di cambio attuale.
Uno studio di Nexus Pesquisa e Inteligência de Dados (Data Research and Intelligence) indica che gli Stati Uniti sono il Paese da cui il Brasile dipende maggiormente per le importazioni di beni. Sono stati una delle principali fonti di sei dei 10 articoli più acquistati sia nel 2021 che nel 2022.
"L'indagine evidenzia l'elevata concentrazione delle importazioni brasiliane tra pochi fornitori, soprattutto negli Stati Uniti, il che suggerisce uno scenario in cui qualsiasi modifica delle tariffe di importazione avrebbe un impatto significativo sulla bilancia commerciale", afferma Marcelo Tokarski, CEO di Nexus.
Le azioni di ritorsione saranno intraprese ai sensi della Legge di Reciprocità Economica, come già annunciato dal Presidente Luiz Inácio Lula da Silva (Partito dei Lavoratori). La legge consente al Brasile di intraprendere ritorsioni commerciali senza la previa autorizzazione dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC). Tuttavia, la legge deve prima essere regolamentata da un decreto presidenziale, un'azione che richiederebbe diversi giorni.
Tre segmenti potrebbero subire ritorsioniSulla stampa circolano speculazioni sul fatto che, qualora il governo dovesse intensificare la crisi con ritorsioni reciproche, la risposta dovrebbe concentrarsi su tre punti: sospensione dei diritti di proprietà intellettuale, royalties audiovisive e tassazione delle multinazionali americane.
Il primo punto è la sospensione dei brevetti in settori strategici per gli americani, come quello farmaceutico e agroalimentare. Il secondo è la sospensione dei pagamenti delle royalty per le produzioni cinematografiche e musicali. E, infine, la tassazione dei dividendi distribuiti dalle multinazionali americane che operano in Brasile.
Le possibilità non indicano che il governo reagirà; indicano semplicemente le possibilità se il presidente Lula opta per la reciprocità anziché per la diplomazia. Poiché Lula comprende che l'aumento dei dazi era motivato da ragioni politiche, la risposta non arriverebbe, per ora, sul fronte economico.
L'industria chiede calma e trattative con gli Stati UnitiPer la Confederazione Nazionale dell'Industria (CNI), "non esiste alcun dato economico che giustifichi dazi del 50% ed è necessario preservare le relazioni commerciali con gli Stati Uniti". Pertanto, la confederazione sostiene in una dichiarazione che "la priorità deve essere quella di intensificare i negoziati con l'amministrazione di Donald Trump per preservare le storiche e complementari relazioni commerciali tra i due Paesi".
"Pertanto, per il settore produttivo, la cosa più importante ora è intensificare i negoziati e il dialogo per ribaltare questa decisione", afferma Ricardo Alban, presidente del CNI. L'aumento della tariffa al 50% avrà un impatto significativo sulla competitività di circa 10.000 aziende che esportano negli Stati Uniti, secondo il CNI.
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